Capitolo 9

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Uscimmo dalla mensa accompagnati dal doppio dei soliti brusii, sempre più concitati, mi aprì gentilmente la porta e lo ringraziai con un cenno, mentre uscivo guardai nella direzione dei miei amici e vidi come Athen mi faceva cenni d'intesa con i pollici alzati, mi scrollai di testa gli ipotetici pensieri che poteva avere e mi incamminai senza voltarmi per controllare se il mio quasi-non-voluto accompagnatore mi stesse davvero seguendo.
Con mia sorpresa camminava proprio accanto a me con le mani in tasca e con una disinvoltura disarmante, non riuscivo a capirlo, quindi mi voltai in modo da essere faccia a faccia, o quasi, visto che era più alto di me:
"Perché fai così? Neanche mi conosci!"
"Faccio come? E poi a tutto c'è rimedio no?" Rispose prendendo una delle mie ciocche bianche tra le mani, per poi lasciarla ricadere sulla mia spalla: "voglio conoscerti, Arya Demvire, non penso che sia ne un reato ne un peccato, ma ti devo avvertire, io non ho cuore" disse le ultime parole avvicinandosi pericolosamente al mio viso, restammo in quel modo per un tempo quasi interminabile e quando si rimise dritto ci rimasi quasi delusa. Mi aveva colpito la sua fermezza, ma le sue parole ancor di più, non aveva un cuore, ma sotto sotto sapevo che tutto quello che faceva, i suoi atteggiamenti, erano solo una copertura, mi accorsi troppo tardi che non stavo più parlando con la voce della mia testa:
"Tutti hanno un cuore, in troppi hanno delle maschere con cui lo nascondono e dei muri con cui lo proteggono" ci guardammo ancora per qualche secondo, fino a quando non mi prese per le spalle e non mi voltò:
"Andiamo piccola poetessa, o faremo tardi dalla preside" lasciò cadere il discorso e mi chiese degli allenamenti
"Sta andando, bene, direi"
"Diresti? Il coach Boom ti sta facendo faticare?"
"Beh, per una ragazza che non faceva sport, abbastanza si" sembrava incuriosito e mi tempestò di domande, l'unica mia salvezza, se così si può definire, fu l'arrivare alla porta dell'ufficio della preside; Kal mi salutò con un bacio sulla mano e girò per un corridoio, io me ne stetti li, cercando di capire quel misterioso ragazzo, cosa evidentemente più che inutile, bussai alla porta e un leggero avanti mi accompagnò mentre aprivo la porta.
"Salve Arya, sei leggermente in ritardo, ma credo che ti perdonerò. Allora come ti trovi per adesso?"
"Bene, credo"
"Perfetto, ti ho convocata per dirti che non ho novità rilevanti, ma che ho trovato un trattato che gradirei tu leggessi" mi porse un libro antico: le scritte all'interno erano fatte a mano con un inchiostro nero, il titolo era scritto sulla prima pagina a lettere dorate, si chiamava L'ARTE DELL'INNONDARE, la preside mi disse che parlava soprattutto di quelle persone che hanno avuto difficoltà nel controllare le proprie specialità e che sono diventate in qualche modo un pericolo, pensava mi sarebbe stato utile per completare al meglio i miei studi. Me ne stavo per andare quando mi fermò:
"Non so se te l'hanno già detto, ma si terrà una festa a breve, nel libro ti ho lasciato anche l'inno della scuola, è consuetudine che gli alunni lo sappiano" la ringraziai e le augurai una buona giornata prima di uscire; avevo ormai la giornata libera e visto che ad attendermi fuori dallo studio non c'era nessuno, mi incamminai verso la mia stanza.
Feci confusione con i corridoi e mi ritrovai davanti a una serie di laboratori, spiavo all'interno disinteressata fino a quando non vidi un' immensa sala piena di cavalletti e tele. Mi guardai in giro e una volta appurato che non ci fosse nessuno sgusciai all'interno, la sala era ben illuminata e c'era una parete di finestre che davano proprio sul giardino, era una vista meravigliosa e molto stimolante, mi sedetti su di uno sgabello e tirai fuori le mie matite, cominciai a tracciare qualche linea che ben presto prese forma in un viso femminile non del tutto famigliare. Per un momento mi sentii osservata e mi voltai, un uomo sulla mezza età con i capelli e barba grigi mi guardava appoggiato sullo stipite della porta, non era entrato come per non spezzare la magia che dalle mia dita si diffondeva sulla tela, ma non si era nemmeno allontanato, era incuriosito e io spaventata. Mi alzai di scatto facendo cadere sia il cavalletto con la tela che le matite, subito l'individuo accorse in mio aiuto e raccolse da terra il disegno; senza staccare gli occhi dal disegno aveva iniziato a parlare:
"Sei molto brava, signorina..?"
"Oh, ehm, mi chiamo Arya...Demvire...mi dispiace di aver usato la sua aula senza chiedere"
"A me affatto, quando l'ispirazione arriva bisogna sempre coglierla" non aveva ancora tolto gli occhi da ciò che avevo fatto.
"Sarei molto felice, signorina Demvire, di averla nel mio corso, se fa piacere a lei ovviamente. Deve solo capire che questo è un corso di arte, in tutte le sue forme."
"Accetto molto volentieri, signor?"
"Dwane, Mycroft Dwane"
Gli diedi la mano e presi le mie cose andandomene dall'aula.
Dopo una mezz'ora buona riuscii a trovare il corridoio della mia stanza ed entrai, lasciai cadere per terra lo zaino a tracolla e mi sedetti alla scrivania per mandare un messaggio a Stephan
" Hey, tutto ok? Passi da me più tardi?" Passai dalla casella postale al sito del campus e mi iscrissi al corso d'arte, pochi minuti dopo sentii un dlin, era la risposta di Stephan,
"Ttt bn, solo annoiato e arrabbiato con te signorina"
" ma come scrivi!? Avanti mi farò perdonare"
"scrv come mi pare, okay? Ti ripeto, stai attenta a quel ragazzo, vuoi frequentarlo, bene! Fai pure! Ma poi nn ti lamentr che non ti avevo avvertito! Come hai intenzione di frt perdonare?"
"Prima di tutto capendo quale malattia ti colpisce mentre scrivi, come seconda cosa, film e Giappo??"
"Niente può convincermi più dei nigiri! Tu ordina, io porto i film e le altre due" si mise offline e capii che si stava preparando, nel frattempo ordinai un sacco di schifezze dal ristorante giapponese e scrissi a Athen e Life, che arrivarono prima di Steph con altro cibo cinese e Thai. Cominciammo a sistemare lo spazio che ormai avevamo adibito a cinema posizionando i cuscini e un piccolo tavolino sul quale ci doveva stare il computer, poco dopo arrivò Stephan con in mano decine di dvd, una coperta e il computer. Ci sistemammo in modo da restare tutti e quattro comodi e cominciammo a mangiare mentre le due mi facevano il terzo grado su cosa era successo tra me e Kal, risposi a tutte le loro domande senza tralasciare nessun dettaglio, non menzionai però della sua affermazione riguardo al non avere un cuore, sentivo che era una cosa troppo privata per spifferarlo in giro, e sentivo anche che lui aveva voluto dirlo a me, a me soltanto perché sapeva che in qualche modo si sarebbe potuto fidare. Una volta finito l'interrogatorio, Steph fece partire un film thriller che ormai conoscevo quasi a memoria, It. Lo guardammo senza interruzioni, senza contare i nostri commenti sulle azioni dei protagonisti, e una volta finito avevamo mangiato tutto il cibo, Athen si stiracchiò e si mise in piedi mentre parlava: "certo che però, se solo ci avessero ascoltato, si insomma, se mi trovassi io in quelle situazioni sarei già in Antartide. O in Alaska. Dove i pagliacci non ci sono!" "Fidati Athen" disse Steph prendendola in giro: " nessuno proverebbe a farti del male o a rapirti, sai che noia starti a sentire tutto quel tempo" scoppiammo a ridere mentre lei farfugliava qualche parola di dissenso, i tre mi salutarono e io diedi loro la buonanotte, aprii la porta e li seguii con lo sguardo, rimasi li ferma sulla soglia della porta per un pochi secondi, fino a quando la porta di fronte alla mia non si spalancò, uscirono Hunted e Ethan e salutarono Kal con delle pacche, un po' troppo forti per i miei gusti, sulle spalle; vedendomi il primo mi fece cenno con la testa come saluto e il secondo si sbracciava con un sorriso ebete stampato sulla faccia, mi misi a ridere e guardai Kal ridere anche lui di gusto, mi fece un sorriso e rientrò nella sua stanza.
Rimasi immobile sul davanzale a sentire la fresca brezza della notte per qualche altro minuto, quando però la stanchezza prese il sopravvento mi infilai sotto le coperte e mi addormentai, sognando pagliacci, sorrisi e i pinguini dell'Antartide.

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