Rinunciare non è un'opzione

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Con indosso un vestitino molto leggero e dei sandali presi l' auto e, con l'aria condizionata al massimo, andai in Università.
Posteggiai, notando con disappunto come i posti fossero ormai del tutto vuoti,  dopo che per anni avevo fatto le corse per assicurarmi un posteggio, e mi diressi, mentre legavo i capelli in una crocchia disordinata, verso l'aula congressi dove solamente il giorno prima, avevo realizzato uno dei miei sogni più grandi e, come se fossero passati già anni un sorriso spontaneo si allargò sul mio viso.
Buttai lo sguardo intorno all' aula e vidi la mia tesi su quello che era stato il tavolo della commissione; quasi arrancai verso il tavolo, umidiccia e appiccicosa com'ero.

<Signorina Foschi!>

Mi portai una mano al petto, spaventata dall'udire quella voce inaspettata, che mi chiamava.

Mi girai.

<Salve, professor Moschetti!> salutai allegra alla vista del mio professore preferito.

<Stavo proprio parlando di lei. L' avrei chiamata a breve> lo guardai, aspettando che mi dicesse ciò che doveva dirmi < si starà chiedendo il perché> continuò ridendo, e cercai di calmarmi.

Detesto quando la gente parla a gettoni, o tutto o niente.
Che somiglianza, poi, che ha con Richard Griffiths, chissà se è anche stronzo come lo zio Vernon!
Dai Ludo, riprenditi!
Battei gli occhi, così da tornare ad ascoltare il monologo di Moschetti.

<Il rettore di un'università inglese, la Oxford mi pare di aver capito> disse incerto <ha assistito alla sua discussione ed è rimasto così piacevolmente colpito che la vorrebbe lì, nella sua università per studiare e lavorare.>

Aveva appena sganciato una bomba e non se n'era neanche accorto, lui.

Spalancai gli occhi a causa dell'incredulità <C-come?>

<Su Foschi, non mi faccia ripetere. Ho una certa età io, sa?>

Lo guardai, incapace di proferire parola.

Tre anni di lettere buttati al vento in meno di due minuti,Dio mio!

<Guardi> proseguì lui, inconsapevole degli ingranaggi della mia mente, che pian piano, con i loro comodi, si stavano azionando < sa che fa?> scossi il capo, mimando un "no" <è in quella stanza lì; vada e gli parli, lui sicuramente sarà più esaustivo di me!>

Annui e lo salutai facendo dondolare la mano da destra a sinistra, come se fosse mio cugino.

<Ah, signorina> si girò per guardarmi <complimenti per l'ottimo percorso e per l'eccellente tesi. Se lo merita il successo, lei!> poi uscì dalla sala e io andai verso la stanza che mi aveva indicato.

Bussai e aprii, senza aspettare neanche il permesso.
Cavolo bussi a fare se poi non aspetti, mi dissi.

<Prego?>

<Salve, sono Ludovica Foschi> accennai, ma le parole mi morirono subito in gola.

<Ludovica, ciao!>

<Salve signor Smith> abbassai lo sguardo, rossa dalla vergogna <mi scusi, cercavo un'altra persona. Mi dispiace averla interrotta>

<Chi cercavi?>

<Nessuno> dissi mentre lui sollevò un sopracciglio < cioè, in realtà mi hanno detto che qui avrei potuto trovare il rettore di Oxford..> sussurrai.

<Oh...> disse aggiustandosi la cravatta e allungandomi una mano <John Smith, rettore della Oxford University.>

<Oh..> fu l'unica cosa che riuscii a dire. Brava Ludovica, veramente brava.

Nati sotto la pioggiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora