CAPITOLO SETTE

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Mi guardai allo specchio e passai le dita sotto agli occhi, così da togliere le scolature del mascara; tolsi il tubino e optai per un paio di jeans e una felpa, in linea con l'andamento che aveva, ormai, preso la mia giornata; indossai le all stars e andai verso Ivy.

<Sono pronta> dissi, priva del ben che minimo entusiasmo.

<Su con la vita amica! Non sarà né la prima né l'ultima volta che ti capita>

Alzai gli occhi al cielo sbuffando < Grazie tante per l'incoraggiamento.>

<A buon rendere> disse, strizzandomi l'occhio per poi trascinarmi fuori dal mio alloggio.

Quando arrivammo la mensa era quasi deserta; ci avvicinammo al bancone, racimolando gli ultimi rimasugli.

<Hai lezioni?> chiese Ivy, quando ci sedemmo ad uno dei tavoli.

Scossi il capo, con in bocca un pezzo di sandwich < Tu?>

<Ho ancora cinque ore di lezioni!> disse piagnucolando < e poi mi tocca andare a Londra per la cena settimanale con tutta la famiglia>

<Oh> sospirai, delusa dall'idea di dover stare sola.

<Sì, sai che palle> disse, agguantando l'ultimo pezzo del mio sandwich, infilandolo in bocca.

La inchiodai con lo sguardo <Dai! Era la parte più buona!> protestai.

<Così impari a mangiarla per prima> disse alzandosi e schioccandomi un bacio in fronte, salutandomi.

Fin da bambina avevo questa insolita abitudine di lasciare per ultimi quei cibi che, a mio parere, erano più buoni.

Avvilita, per l'impossibilità di poter gustare il pezzo più buono del mio sandwich, mi alzai andando alla ricerca della biblioteca del campus, così da ordinare i libri che mi sarebbero serviti per le lezioni.

Dopo dieci minuti di camminata mi pentii, quanti capelli avevo in testa, di aver indossato la felpa; ero sì nel Regno Uniti ma erano comunque, anche se insolitamente caldi, i primi di settembre.

Quando arrivai alla biblioteca ero sudaticcia così, dopo aver alzato le maniche della felpa fino ai gomiti e aver legato i capelli in una coda, andai in bagno per darmi una veloce rinfrescata al viso.
Passando tra i vari scaffali della biblioteca mi accorsi di un comparto interamente dedicato a Shakespear, i titoli, ovviamente erano sempre i soliti, ma le edizioni erano differenti, e ognuna più vecchia dell'altra: un'assoluta meraviglia.

<Salve, professoressa> disse, seducente, una voce alle mie spalle che mi fece immediatamente  raggelare <ci si rivede, a quanto pare!>

Chiusi gli occhi, quasi del tutto preda del panico, e posai la copia di "SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZ'ESTATE" che avevo tra le mani; poi cercai una via di fuga.

<Ehi, dove vai?> mi prese da un polso facendomi girare; mi strattonai, cercando di fargli perdere la salda presa dal mio polso e, animata da uno strano coraggio lo guardai infuriata. 

<Forse non sono stata abbastanza chiara, quindi te lo ripeterò solo questa volta: non parlarmi come se ci conoscessimo, anzi non parlarmi completamente. Limitati a seguire le lezioni in assoluto silenzio e con educazione, altrimenti sei fuori.> ringhiai.

<Mi piacciono le donne che cercano di prendere il potere> mi disse con un ghigno <sai, potremmo risolvere la cosa immediatamente, ti lascio in pace se mi fai sprofondare in te, così che io possa aggiungere la voce "PROFESSORESSA SEXY, IN BIBLIOTECA" alla mia lista. Fammi entrare nelle tue mutandine> ghignò beffardo.

Lo guardai esterrefatta incapace, per un secondo, di rispondere poi una delle mie solite perle mi uscì dalla bocca <Nelle mie mutandine può entrarci chiunque, tranne tu!>

Il sorriso che gli si allargò sul viso, non poteva essere qualcosa di naturale e umano, visto che le mie gambe quasi cedettero <Invece io dico che, da come respiri e da come il tuo corpo è proteso  verso il mio, ti piacerebbe se ci entrassi> poi, avvicinandosi al mio corpo infame, sussurrò <e prima o poi, puoi starne certa, che ci entrerò>

E io non potei fare altro che scappare alla conquista della porta della biblioteca, la mia unica ancora di salvezza.

<Comunque, io mi chiamo...>prima che potessi sentire il suo nome mi chiusi la porta alle spalle, guadagnando l'uscita.

Arrivata all'alloggio, dopo essermi torturata da sola per essermi definita, in pratica, una poco di buono, indossai il pigiama e chiamai su facetime i miei; parlammo un po' di tutto quello che era accaduto negli ultimi giorni in cui non ci eravamo sentiti, aggiornandoci su tutti i pettegolezzi e le frivolezze; dopo diverse ore chiudemmo la conversazione e mi addormentai.

Quella notte sognai un ragazzo, dagli occhi blu ghiaccio, che otteneva ciò che voleva.














Spazio autrice

Eccoci di nuovo qua con un nuovo capitolo!! Spero vi piaccia e fatevi sentireeeee!!! 😘😘

Nati sotto la pioggiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora