CAPITOLO DIECI

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Quando arrivammo nei pressi di Londra Ivy riprese il posto di conducente dell'auto; anche se da lontano, potevo già ammirare le migliaia di luci che incorniciavano la città.

Londra,che per me era la città dei sogni, delle mille possibilità, la città in cui ogni cosa, a parer mio, andava bene e poteva essere realizzata, in quel preciso momento era sotto al mio naso, ad un palmo dalle mie mani; e l'afferrai, mi ci aggrappai, più forte che potei, perché quello era il primo dei miei sogni che si realizzava e dovevo godermelo, senza farmi scappare nulla.

Potevo quasi sentire, come se non cofosse l'auto di Ivy a separarci, l'asfalto sotto ai miei piedi.
Mi attaccai, desiderosa di aggrappare tutto ciò che potevo e di intrappolarlo in me, al finestrino della mini cooper.

<Ehi> mi richiamò alla realtà la mia amica, la guardai  sorridendole <abbiamo alcuni giorni per poterla vistare, sta' tranquilla!>

<È solo che è così bella!> dissi trasognante.

<Lo so> sorrise.

Continuai ad osservare ogni cosa, mentre l'auto sfrecciava tra le molteplici strade di Londra: attraversammo il London Bridge, che nella sua maestosità, illuminata dalle luci rosse e blu, sovrastava il Tamigi, le cui acque rispecchiavano i colori del tramonto, in un'atmosfera magica.

Alla mia sinistra potei ammirare anche il Tower Bridge mentre, pian piano, ci allontanavamo per recarci a Kensington, il quartiere in cui abitavano Ivy e la sua famiglia.

<Sai con quale quartiere confina il mio?> chiese, così da riportarmi alla realtà.

Scossi la tesa incapace di rispondere,quasi fossi inebetita.

<Ludovica Foschi, vuoi dirmi davvero che non lo sai?! Terra chiama Ludovica! Torna tra noi!>
La guardai ridendo, cercando di nascondere la mia ignoranza nell'ambito geografico < Non mi è mai piaciuta la geografia>

<Ma qui non si tratta di geografia!> sbuffo <Notting Hill, hai presente?>

Rimasi senza fiato <L'ho sempre detto che hai avuto 'na botta di...>

<E perché mai?> mi interruppe e rise, conoscendo quella che sarebbe stata la mia risposta.

<Già, di per se, solo il fatto che sei nata a Londra la dice lunga; aggiungici anche che stai vicino a Notting Hill, il celeberrimo quartiere che ha dato il nome ad uno dei migliori film d'amore di tutti i secoli, con quel porcone di Hugh Grant e quella stra figa della Roberts>

Mi guardò sgomentata, priva di qualsiasi parola, poi una grassa risata si impossessò del suo corpo per parecchi secondi; la mia attenzione venne però attratta dal cartello con su scritto "WELCOME TO KENSINGTON" che ci dava il benvenuto.

Meravigliose abitazioni, in stile vittoriano, si stagliavano su entrambi i lati della strada, numerose vetrine, delle migliori griffe, erano abbondantemente illuminate, tipici taxi inglesi erano in attesa sui cigli delle strade.

La guardai sbigottita < Tu sei ricca!>

Rise <Non mi definirei ricca, forse benestante >

<Io- io non ci credo. Cos'altro mi nascondi, a parte due fratelli e il fatto che sei ricca?>

<Ti giuro> si baciò le dita <nient'altro!>


Alcuni minuti dopo accostò la sua auto davanti al cancello di un'enorme villa, anch'essa in stile vittoriano, digitò un codice di sicurezza su di un aggeggio e il cancello spalancò le sue porte per permetterci di entrare all'interno di quella regia; percorremmo un piccolo viale acciottolato che ci condusse davanti alla scalinata d'ingresso di casa di Ivy e vidi, immediatamente, Lara e John,che ci aspettavano sul patio appena dopo le scale, venirci incontro.

<Ben arrivate!> disse Lara abbracciando la figlia e poi me.

<Com'è andato il viaggio?> chiese John.

<Avete cenato?> disse Lara.

<Sì abbiamo già cenato, d'altronde sono le due di notte passate, mamma! E il viaggio è andato benissimo, papà!>

<E tu Ludovica, tutto bene?>

<Sì signor Smith, tutto davvero straordinario!> risposi incapace di contenere l'entusiasmo.
Lara e John sorrisero <Chiamami John per favore!>

Annuii <D'accordo signor Sm... John!>

<E allora, sarà meglio portare dentro i bagagli!> disse John prendendo due dei borsoni e cominciando a salire i gradini.

<Liam e Cole?> chiese Ivy alla madre, la quale alzò gli occhi al cielo prima di darle una risposta.

<Sono a circa un'ora da Londra, ormai credo li vedrò domattina: sono troppo stanca per aspettarli> e uno sbadiglio, a voler confermare la sua stanchezza, le affiorò sul viso.

Ivy annuì e si avviò verso l'entrata, io la seguii ancora sbalordita da tutta quella magnificenza.

<Ehi, pss...> mi chiamò < hai della bava proprio qui> mi disse indicandosi un angolo della bocca, per tutta risposta le rifilai una bella alzata di dito medio, che le provocò una sonora risata.
<Muovi il culo e conserva un po' di bava per quando vedrai la tua camera, tesoro!> le feci una linguaccia e la seguii all' interno della casa.


Solamente l'ingresso era della grandezza della mia cucina e del soggiorno di casa mia messi insieme; i muri erano totalmente bianchi, con del gesso che ne tracciava il perimetro a mo' di decorazione, ed in contrasto con il pavimento in legno molto scuro, tendente al nero.
Al centro dell'enorme ingresso vi era una scala, interamente in marmo, sormontata da una cupola in vetro colorato che lasciava filtrare i raggi del sole; girai su me stessa e potei osservare un grande open space, raggiungibile attraverso un'arcata, dov'era posizionata un'enorme isola.

<Ludo! Andiamo, da questa parte, seguimi!> mi richiamò Ivy.

La seguii su per le scale e lungo un corridoio, sul quale affacciavano diverse porte.

<Allora> disse aprendo una delle porte <questa è camera tua> entrò e io con lei.

Anche la camera era splendida, richiamava i toni dei muri e dei pavimenti dell'ingresso; due grandi vetrate oscurate si affacciavano su quello che pensai fosse il giardino della casa; un enorme letto, a due piazze, si stagliava imponente al centro della camera, dietro al quale c'era una parete, che non arrivava neanche fino al soffitto, e che celava la cabina armadio.

I miei occhi si posarono su un camino che attraversava una seconda parete.

<E qui> disse Ivy dirigendosi proprio verso quella parete < c'è il bagno privato. Hai tutto quello di cui hai bisogno con te?>

Annuii <S-sì tutto!>

<Bene, allora se non ti dispiace io andrei in camera mia. Sono veramente distrutta!> disse andando verso la porta e fermandosi sul uscio continuò<la mia camera è la prima a destra, uscendo da qui. Non spaventarti se dovessi sentire dei rumori durante la notte, saranno quegli idioti dei miei fratelli. Buonanotte,patata!> mi mandò un bacio e poi uscì.

<'Notte a te, gnoma.> ricambia il bacio.

Non appena Ivy si chiuse la porta alle spalle io mi guardai intorno rimbambita: ero davvero disorientata da tutto quel lusso.

Non avrei mai immaginato che la mia amica fosse così ricca; non aveva quell'aria da snob che, inevitabilmente, contraddistingue un certo ceto sociale; non si era mai vantata ed era una anche un po' spilorcia: stava attenta ad ogni minima spesa.

Andai verso la cabina armadio, quasi più grande della mia camera a Palermo, e tirai fuori dal borsone il pigiama e l'intimo e andai verso il bagno dove mi tolsi di dosso tutta la stanchezza del viaggio, grazie ad una calda e purificante doccia.

Pochi minuti dopo mi accoccolai tra le coperte morbidissime del letto e, nel giro di pochi secondi, arrivai al confine tra la veglia e il sonno profondo.

Udii delle voci provenire dal corridoio: delle frasi sconnesse e biascicate; riconobbi la voce di Liam che si era sicuramente dato all'alcool con il fratello, poi sentii un'altra voce che mi sembrò familiare ma che non riuscii ad associare ad un volto.

Stanca dal viaggio, mi girai su di un fianco e mi addormentai.

Nati sotto la pioggiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora