CAPITOLO 7🛁

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«Senti Alice...»-inizio la frase con una mano dietro che gratta la nuca,imbarazzata.
«Si,so cosa vuoi dirmi,ma non ti devi scusare,non ti preoccupare! Io stavo scherzando quando ho detto che te l'avrei fatta pagare,stai tranquilla!»-mi rassicura.
«Mi perdoni allora?»-chiedo con gli occhi dolci.
«Solo se non mi convincerai mai più ad accettare un invito da parte di qualcuno che non mi interessa!»-mi dice ponendomi questa condizione che accetto subito stringendole la mano,come si faceva all'asilo.
Mi chiedo che ore siano,girandomi a destra e a sinistra per cercare un orologio in casa.
«OH MIO DIO,MA È TARDISSIMO,HO SOLO DUE ORE PER PREPARARMI PER L'APPUNTAMENTO CON JOHN!»-urlo per la casa di Alice facendole prendere uno spavento.
«Beh?! Che ci fai ancora qui?! MUOVITI!»-Alice mi spinge fuori dalla porta e la saluto promettendole che ci saremmo sentite per telefono.

Se mai aveste visto una pazza che correva per le vie di San Francisco,beh è inutile dirvi che quella ero io.
Mentre corro all'impazzata mi faccio mille paranoie del tipo "Ma come mi vesto? Elegante o casual? Tacchi o scarpe da ginnastica? Mi trucco o resto al naturale? Capelli sciolti o legati?" e altre robe del genere che mi fanno salire l'ansia,così decido di continuare a correre sempre più veloce,senza pensarci,come un ghepardo che rincorre la sua povera preda,la gazzella.
Al contrario,io non dovevo inseguire nessuno,ma era solo per rendere la mia corsa un tantino più avvincente ed emozionante.
Durante il tragitto dalla casa della mia migliore amica fino alla mia immagino come possa andare il mio "appuntamento" se si può chiamare così.
Mi immagino il mio cavaliere vestito con uno smoking nero e un papillon blu elettrico che mi passa a prendere con una Lamborghini nera e io vestita come una principess...ehm no,scusate,film mentale sbagliato. Ops,ricominciamo da capo.
Allora,stavo dicendo:mi immagino JOHN vestito con un paio di jeans neri e una camicia elegante bianca e con le Adidas che vanno di moda in questo periodo ai piedi.
Non faccio in tempo a tornare alla realtà che la mia fronte ha un incontro molto ravvicinato con un palo della luce:barcollo,quando mi mancano un po' le forze e poi...boom per terra.
Fortunatamente un vecchietto che passava di lì mi ha soccorsa,proponendomi di portarmi all'ospedale,ma io ho rifiutato,rassicurandolo e dicendogli che è solo una botta.
Quando mi sento di nuovo abbastanza in forze,chiamo John per chiedergli di posticipare di almeno una mezz'oretta il nostro incontro,così ho tutto il tempo necessario per riprendermi al meglio e per prepararmi con tutta calma.

Torno a casa,ora tranquillamente e senza correre.
Entro nella mia "dimora" che trovo aperta,dato che c'è mia madre che legge una rivista di moda seduta sulla poltrona accanto al camino spento,la saluto senza raccontarle del mio "svenimento" (l'avrei fatta preoccupare per niente) e salgo le scale che portano al piano di sopra.
Vado nel bagno affianco alla mia camera e apro il rubinetto della vasca lasciandola riempire quasi fino all'orlo di acqua calda,quasi bollente.
Mi tolgo i vestiti e mi immergo in quella vasca piena di bolle e di schiuma,fino alla testa.
Finalmente un po' di tempo per me stessa:mi rilasso al caldo,leggo un libro o ascolto della buona musica,semplicemente il tempo di prendermi cura di me stessa,per scacciare via i problemi e ciò che mi turba.
Quando ero piccola non mi piaceva molto lavarmi:non che io volessi puzzare per tutta la mia giovane vita,ma il fatto è che avrei voluto continuare a giocare con le mie bambole,facendole sedere ad un tavolo con me e prendere del the astratto da minuscole tazzine ornate da pois colorati.
Quando sapevo che giungeva l'ora di andare a "profumarmi" un po',mi nascondevo sotto al mio letto o dentro all'armadio cosicché mia madre non mi potesse trovare.
Lei però mi vedeva attraverso lo specchio e in seguito,senza dire niente,andava a chiamare mio padre,che di soppiatto,veniva a farmi il solletico e prendermi in braccio con la forza per portarmi nella vasca.
Lui la riempiva sempre con un bagnoschiuma al profumo di lavanda e ci lanciava dentro i miei giocattoli,quali delle paperelle a cui avevo anche assegnato dei nomi,la mia barchetta blu e rossa e una spugna per lavarmi,che consideravo un mostro marino.
Ma una volta nell'acqua,mi divertivo un mondo con i miei compagni di avventura,immaginando situazioni tragiche come la distruzione e l'affondo della mia barchetta e l'assalto (sempre alla mia barca) da parte di quello che consideravo un mosto marino.
Poi quando il mio papà mi chiamava per farmi uscire dal bagno,io protestavo perché avrei voluto continuare a vivere quella mia avventura,che ogni giorno sarebbe stata diversa.

Un'estate indimenticabile.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora