Ero sempre stata affascinata dalle persone misteriose, quelle che avevano così tanti segreti da diventare segrete loro stesse.
Non lo facevano apposta, era una loro dote innata. Sapevano rendere interessanti le cose più normali e sapevano incuriosirti anche e soprattutto, senza aprir bocca. Io poi, ero proprio una ragazza curiosa. Nessuno doveva provare a tenermi nascosto qualcosa, altrimenti sarei diventata insopportabile sul serio. Volevo e dovevo sapere tutto subito. Ne avevo davvero l'esigenza, perché se nessuno mi dava risposte nella realtà, allora ero costretta a crearmele da sola con la fantasia. Iniziavo a fare ipotesi e congetture, ovviamente tutte cose che inventavo a seconda dei miei punti di vista.
Il risultato? Montavo versioni di storie inesistenti e finivo pure per crederci. Ci credevo così tanto, da arrivare a confondere le informazioni reali con quelle immaginate, a tal punto che nasceva dentro di me una realtà distorta, in cui mi perdevo completamente.
Quindi ero affascinata dalle persone misteriose, ma allo stesso tempo non le capivo. Che peso doveva essere tenersi sempre tutto dentro? Come facevano a sopportare quella fatica?
Il fatto è che, a forza di riempirti di cose, dopo un po' diventi pesante. Ogni volta che cerchi di avanzare devi trascinarti dietro la mole dei tuoi segreti e questi si fanno sempre più grandi, continuano ad aumentare fin quando, esausto, sei costretto a fermarti. A quel punto devi fare una scelta: esplodere o affondare? La prima via ferirà le persone care, la seconda ti isolerà da tutti, schiacciato dal peso dei tuoi mostri nell'armadio. Entrambe le strade fanno male e mi sono sempre chiesta perché certa gente si spinga fino a questo punto.
Non è meglio parlare subito? Confrontarsi? Condividere?
In due, le cose sono più facili.
Quindi Thomas, perché non mi parli?
Quella sera mio padre tornò dal suo viaggio d'affari: aveva un'aria stanca, ma contenta di essere a casa. Per l'occasione, la mamma aveva preparato una deliziosa cenetta a base di pesce, che consumammo tutti insieme intorno al tavolo in salone.
Durante la cena loro parlavano, ma io non li sentivo. Continuavo a molestare il gamberetto che avevo nel piatto con la forchetta, mentre la mia testa era da tutt'altra parte.
«Iole, fra poco diventi maggiorenne, cosa vuoi fare per il tuo compleanno?» chiese papà, tentando di farmi partecipare al discorso. «Vorrei organizzare una festa con tutti i miei amici. Anzi... ora che ci penso, dovrei iniziare ad organizzarla, se no verrà un disastro!» Entrambi i miei genitori sorrisero, erano d'accordo e quando succedeva mi sentivo improvvisamente serena.
«Ah, è di nuovo caduta la catena alla bici di Iole, dovremmo prendergliene una nuova» ricordò mia madre.
«Sciocchezze! Fra poco inizierà scuola guida e una volta che avrà la patente non userà più la bici, vedrai» replicò papà.
Proprio così, fra qualche mese mi sarei trovata al volante di una bella macchinina e avrei dovuto guidarla tutta da sola. Era una cosa che mi faceva abbastanza paura ed ero certa che avrei combinato solo guai. Insomma, condurre un veicolo, uno qualsiasi, è troppo complicato. Devi ricordarti i comandi, le regole della strada, prestare attenzione ai cartelli, ai segnali e a alle persone che hai intorno. Eppure, tutta la gente guida come se fosse la cosa più semplice del mondo e davvero non capisco come sia possibile. Forse diventerà facile anche per me, forse è solo questione di abitudine.
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A 9 passi da te
General FictionIole è una classica studentessa al quarto anno di liceo. Tutto nella sua vita è normale, forse troppo. Annoiata dalla routine quotidiana, passa il tempo nella costante attesa che qualcosa la cambi. Un pomeriggio, uscendo con le amiche, incontra una...