Allenamento

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A casa l' aveva accompagnata Geniel con la sua moto. Zio Benedetto le aveva fatto una dura e severa paternale, ma alla fine l' aveva stretta e si era anche messo a piangere. Zia Dalia si era limitata a rapide scuse per lo schiaffo e poi era salita in camera sua, lanciando un' occhiata torva alle lacrime di suo marito. Sole aveva raccontato che era rimasta lì vicino, nascosta nei campi e che all' alba si era sentita sola, impaurita e terribilmente fragile, così aveva scelto di tornare da loro.
Quella domenica mattina si svegliò molto presto, nonostante avesse dormito un paio di ore, controllò i messaggi e ne trovò uno di Leon: sarebbero passati a prenderla per iniziare i primi allenamenti.
Sole uscì di casa che erano appena le 9 e non fece neppure colazione, congedandosi dai suoi zii con la scusa che i suoi nuovi amici avevano organizzato una scampagnata per farle visitare i Sassi e la Murgia.
Nell' auto parcheggiata a spina di pesce davanti al cancello di zio Benedetto, vi erano Geniel, Leon e un ragazzino molto magro e dall' aspetto esile. Sembrava poco più di un bambino. Si chiamava Rodolfo, in realtà aveva 20 anni e parlava molto di rado.
L' ingresso dell' abitazione di Geniel e Leon era stato sgomberato da ogni divano, mobile e oggetto di arredo. Ora era davvero molto grande e spazioso, inoltre a ridosso pareti erano state appoggiate diverse armi: balestre, bastoni, archi con frecce, spade, mazze, picche, scimitarre e altre, che Sole non conosceva neppure.
Fu imbarazzante quando Rodolfo, Geniel e Leon si spogliarono davanti a lei, senza nessun pudore. Restarono praticamente nudi e quasi con pigrizia indossarono delle tute.
<<Tranquilla>> Sorrise Leon, che doveva sicuramente aver letto l' imbarazzo nella sua mente <<Prima o poi ti abituerai ai nostri corpi nudi. C' è una tuta anche per te>>.
Si incamminò verso una cassapanca, la aprì e tirò fuori una sorta di muta, completamente blu notte, eccetto un enorme sole di un giallo riflugente, che splendeva sul petto, irradiando lunghi e appuntiti raggi rossi.
<<Puoi andare di là, se vuoi...>>.
Geniel lo bloccò subito <<Se vuoi far parte di noi, devi sapere che noi siamo un unico corpo, perciò devi spogliarti davanti a noi e non aver paura. Se temi di farti vedere nuda da noi, o sei troppo pusillanime per combattere al nostro fianco o non ti fidi di noi. In ogni caso, non possiamo accoglierti tra di noi>>.
Gli occhi di Geniel non ammettevano repliche. Con uno sguardo che gli lanciava una sfida, Sole afferrò al volo la sua tuta. Si spogliò in fretta e quando restò nuda, lasciò appositamente che gli sguardi dei presenti scivolassero sul suo corpo, scoprendolo. Indossò quella tuta con sicurezza e alla fine Geniel mimò anche una sorta di inchino.
Inizialmente, l' avversario di Sole fu Leon. Non avevano regole, era solo un corpo a corpo, perché per ora erano troppo inesperti per le armi. Leon parava tutti i colpi goffi di Sole con estrema facilità, contrattaccava facendo molta attenzione a farle del male. Inoltre, spesso la fermava, suggerendole possibili colpi o indicandole dove sbagliava. Accanto a loro Geniel e Rodolfo lottavano molto accanitamente. Rodolfo era un furetto e la sua velocità era impressionante, infatti spesso riusciva a saltare sulle spalle di Geniel e a stringere le sue piccole mani da bambino in una morsa letale vicino al collo. Geniel, però, era molto più forte di lui, infatti riusciva sempre a capovolgere la situazione in suo vantaggio e Rodolfo si ritrovava sempre respinto contro il muro da un pugno o da un calcio di Geniel.
Le coppie si scambiarono per volere di Geniel e questa volta lui volle sfidarsi con Sole. Non era assolutamente attento come Leon, la colpiva con violenza, sogghignava ogni volta che mandava Sole al tappeto e non le dava tregua. Quando finirono, concesse a Sole di cambiarsi in bagno e di fare anche una doccia.
Spognarsi fu una tortura per Sole, perché le faceva molto male muoversi. Era tappezzata di lividi ovunque e il getto dell' acqua la fece urlare dal dolore. Pianse a lungo, con il getto dell' acqua che nascondeva i suoi singhiozzi e soprattutto le sue lacrime. Si chiedeva perché la sua famiglia​ fosse morta, perché​ fosse toccato a lei vivere questa tragedia, perché doveva sopportare tutto questo e perché non poteva tornare​ alla vita di prima, quando era una ragazza come tutte, fissate con i ragazzi, i suoi amati libri, lo shopping e le sue amiche frivole e chiacchierine, quando aveva un fratello che le faceva i dispetti e che l' abbracciava sempre all' improvviso; un padre premuroso, nei cui occhi brillava la felicità, quando parlava di stelle e pianeti; una madre un po' pasticciona, con cui spesso litigava e con cui faceva pace preparando ciambelle con la marmellata e andando al cinema a vedere qualche commedia americana d' amore.
L' assenza di risposte era una lama, che scavava nella sua pelle.

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