Fiducia e salvezza

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[DA CORREGGERE]

Gellert non sapeva che fare quella mattina, ma era sicuro che qualcosa gli sarebbe venuto in mente.

Cominciò a pensare a ciò che avrebbe potuto fare.
Niente da dire, si apriva un mondo.
Tralasciando l'annoiarsi, avrebbe tranquillamente potuto leggere un libro, o ascoltare la radio.

Pensando a queste prospettive, si diresse in soggiorno. Sua zia era fuori per compere: aveva quindi campo libero.
Si buttò sul divano, cosa che non avrebbe mai osato fare in presenza di sua zia. Non sembrava, ma la vecchia Bathilda Bagshot, se arrabbiata, poteva tranquillamente farti a pezzi, con la bacchetta o costringendoti ad ascoltarla parlare per ore ed ore di concetti storico-magici dei quali non importava niente a nessuno. Avendo già provato l'esperienza, l'ultima cosa che Gellert voleva fare era ripeterla.

Si diresse verso gli scaffali pieni di libri presenti nella stanza. Osservando i titoli, Gellert pensò che lui e sua zia avessero dei gusti totalmente differenti. In tanti libri, ce n'erano forse cinque o sei che Gellert avrebbe letto volentieri. Doveva anche stare attento a non farsi fregare, perché sua zia era fedele alla regola "se inizi un libro devi anche finirlo". Esattamente per quel motivo, Gellert era restio ad iniziare libri troppo lunghi o facenti parte di una saga, per timore di arrivare al punto di non avere più voglia di leggerli, e quindi di incorrere nelle ire della zia.

Optò per il libro più corto che c'era nella libreria, pensando che dopo averlo finito sarebbe potuto passare a volumi più "spessi".

Sentì suonare il campanello. Non aveva letto neanche la prima pagina che già qualcuno veniva a disturbarlo. Sospirò e si incamminò verso la porta.
Guardò l'orologio. 11:30.
Sollevò un sopracciglio.
Possibile che sua zia fosse tornata dopo neanche 30 minuti? Forse aveva trovato pioggia. Passando, guardò fuori dalla finestra.
Il cielo era grigio, ma non pioveva. Sarebbe stato un problema per i Babbani, ma a sua zia sarebbe bastato mezzo secondo per tornare a casa se anche avesse piovuto.
Che avesse dimenticato qualcosa?
Di solito sua zia non dimenticava mai niente a casa, piuttosto usciva con più cose del necessario, ma non si poteva mai dire.
D'altra parte, non capiva chi altri sarebbe dovuto venire a trovarlo.
Che Albus avesse scoperto qualcosa sui Doni? Dopo appena mezza giornata? Se era così, Albus si sarebbe sicuamente guadagnato il titolo di persona più veloce del secolo.
Era difficile pensare che avesse già scoperto qualcosa, ma dopotutto era sua sorella quella che ne aveva bisogno.

Doveva davvero smetterla con tutte queste congetture. Possibile che non riuscisse a far riposare il suo cervello per una attimo?

Arrivò alla porta, poggiò la mano sulla maniglia e spinse.
Se avesse puntato un galeone su ognuna delle ipotesi che aveva fatto in precedenza, avrebbe perso due galeoni.
Chi gli si parava davanti, era nientemeno che Aberforth Silente, non certo Albus o Bathilda.
Il viso di Gellert assunse un aria divertita.
«Buongiorno, Aberforth. A che si deve la visita del fratello del mio compagno di bevute?»
Aberforth non sorrise.
«Non sono qui per scherzare, Grindelwald. È un'emergenza»
«Sì? Cos'è, hai finito le scorte di Whisky e temi che Albus possa entrare in crisi d'astinenza?»
«Non credo che da morti si entri in crisi di astinenza»
L'espressione di Gellert si fece dura.
«I tuoi scherzi non mi fanno ridere, moccioso»
«Sarebbe bello se facessero ridere me»
Silenzio.
«Vorresti dirmi che Albus è morto?»
«No, ma morirà se tu non vieni a dargli una mano»
«Dov'è adesso?»
«A casa»
«Che gli è successo?»
Aberforth si morse il labbro.
«Parla, ragazzo. Non mi serve a niente sapere che sta male senza saperne il motivo. Se c'entra tua sorella, sappi che so cos'ha»
Aberforth spalancò gli occhi.
Gellert alzò gli occhi al cielo.
«Lo so da quando è morta tua madre. Albus mi ha dato i dettagli qualche tempo fa. Lui si fida di me»
Aberforth si morse di nuovo il labbro.
«Ricambia la sua fiducia, allora. Salvalo»
Gellert lo guardò negli occhi. Si chiese se il fatto che fossero dello stesso azzurro di quelli di Albus fosse un caso.
«Verrò»
Aberforth si rilassò visibilmente.
«Grazie»
«Aspetta a ringraziarmi. Non ho ancora fatto niente. Andiamo, e sbrighiamoci»
Si misero a correre verso la casa dei Silente.

Appena arrivati davanti alla porta, Aberforth si mise davanti. Imboccarono le scale, girarono nel corridoio e arrivarono nella camera di Ariana.
Vista la scena, Aberforth deglutì. Gellert imprecò.
Oltrepassò Ariana e si diresse verso Albus. La prima non era neanche lontanamente nelle condizioni del secondo. Immerso in una pozza di sangue, Albus era steso per terra, con la schiena rivolta al soffitto. Aveva la pelle pallida e i vestiti zuppi di sangue, che sembrava sgorgare da una ferita sulla schiena, infertagli per orizzontale. Era palesemente privo di sensi. Gellert si chiese se non fosse persino privo di vita. Gli mise due dita sul collo, per sentire il battito cardiaco. Per quanto ne sapeva Gellert, sarebbe potuto anche essere morto dissanguato.
Passò un secondo lungo un'eternità.

Tu-tum.

C'era ancora battito, debolissimo, ma c'era. Non era ancora morto.
«Grazie al Cielo» mormorò Gellert.
Si rivolse ad Aberforth, senza nemmeno girare il capo.
«Portami delle bende, un panno pulito, del disinfettante, un ago e del filo da sutura. Pensi di averceli?»
«Sì... Sì, credo di sì. Ma non potresti chiudergli la ferita con la magia? Invece di ricucirgliela, intendo»
«Non so bene cosa gli abbia fatto tua sorella, quindi non sono sicuro che sia saggio chiudergli totalmente la ferita. Se non possiamo portarlo al San Mungo, dovremmo essere pronti ad operarlo in casa, se necessario»
«D'accordo. Vado a prendere le cose che ti servono»
Uscì dalla stanza.
Gellert pensò che alla fine quel ragazzo non fosse tanto male. Ne aveva passate tante, e di certo la cosa non gli aveva fatto bene, a quell'età. Probabilmente non lo vedeva di buon occhio perché pensava che se non fosse stato con lui, suo fratello avrebbe cercato una cura per Ariana, e forse l'avrebbe persino trovata.

Stacca il cervello, Grindelwald. A poco ti servirà decretare se quel ragazzo ti odia o meno.

Aberforth tornò nella stanza e adagiò le cose che aveva preso vicino ad Albus.
«Occupati di tua sorella»
Il ragazzo annuì, andando da Ariana.
Gellert sfilò delicatamente la camicia ad Albus, scoprendo la schiena e l'enorme taglio su di essa.
Prese il panno pulito, ci versò del disinfettante e pulì la ferita.
Poi prese in mano l'ago e il filo.
«A noi due, Silente»

A Dangerous Friendship - Albus Silente e Gellert Grindelwald [DA RIVEDERE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora