Scusami

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[DA CORREGGERE]

Albus si sedette sulla sedia cautamente, aiutato da Gellert, che sosteneva il suo peso.

«Sta' attento. Non appoggiare la schiena» gli disse Gellert.
«Pensa, non avevo la minima intenzione di farlo» rispose Albus, sarcastico.
Gellert rise.
«Strano, non credevo che tu avessi buon senso»
Albus stava per ridere, ma si fermò non appena vide la porta aprirsi.

Entrò solo una persona, e quella persona era Aberforth. Teneva lo sguardo basso, e Albus pensò che, probabilmente, avrebbe voluto essere in qualsiasi altro posto.

Il ragazzo si avvicinò al tavolo, poi si sedette nella sedia messa di fronte a quella di Albus.

Il ragazzo guardò Gellert. Era ovvio che volesse rimanere da solo con suo fratello, che volesse parlare con lui senza nessun'altro lì presente.
Gellert non sembrava della stessa opinione.
«Albus...»
«Gellert» gli disse «puoi stare tranquillo»
Gellert lanciò un'occhiata abbastanza torva ad Aberforth.
«D'accordo» disse.
Poi uscì.

Per un po' i due fratelli rimasero in silenzio, Aberforth con lo sguardo basso, Albus cercando di trovare le parole per iniziare. Alla fine sospirò, dopodiché iniziò.
«Guardami, Aberforth»

Il ragazzo non alzò lo sguardo. Continuava a tenere gli occhi bassi, senza voler guardare Albus negli occhi.

«Aberforth, ti prego, guardami»

Finalmente, il ragazzo lo guardò.
«Albus... Io... Mi dispiace»
Albus non si aspettava quelle parole, ma per Aberforth sembrarono una liberazione.
Cominciò a parlare, molto velocemente.
«Non pensavo che a te importasse di noi, Albus. Credevo che per te fossimo solo una seccatura, un ostacolo per il tuo successo! Non ho mai preso neanche in considerazione l'idea che tu potessi essere preoccupato per noi, che tu volessi aiutarci... Che tu ci volessi bene»

Si mise una mano davanti agli occhi e continuò.

«Il modo in cui sei corso su non appena  ci hai sentiti gridare... Come ti sei lanciato su di me non appena hai visto Ariana in quelle condizioni e come l'hai calmata dopo il colpo... Io non posso credere che tutto questo ti sia venuto d'istinto»

Era tutto così strano per Albus.
Aveva pensato di parlare con Aberforth, di scusarsi, di chiedergli di perdonarlo...
E adesso stava accadendo l'esatto contrario: era Aberforth che stava parlando, era lui che si stava scusando, che stava ripensando a ciò che aveva fatto e che stava ammettendo quanto stupido fosse stato.

«Quando mi hai detto che dovevo andare ad Hogwarts... Perché l'hai fatto?»
«Volevo che tu fossi al sicuro. Volevo essere certo che almeno uno dei miei fratelli sarebbe sopravvissuto»

Albus lo guardò, occhi azzurri dentro occhi azzurri, sguardo fermo contro sguardo fermo.

«Non sono mai stato sicuro di riuscire a controllare Ariana, né tantomeno di riuscire a guarirla, ma ti giuro che ci ho provato in tutti i modi. Quando mi hai sentito lanciare quel libro contro la parete, era per uno scatto d'ira. Avevo cercato invano, in decine di libri, una soluzione a questo enigma. Non ho trovato niente. Nulla, il vuoto più assoluto. Sto ancora tentando, ma non so se ci riuscirò, mi dispiace. E non solo per quello, ma anche per tutto il resto. Avrei dovuto spiegarti le mie motivazioni, che in ogni caso, avresti dovuto conoscere» sospirò «Mi dispiace. Tu... Puoi ancora fidarti di me?»
«Certo. Sei mio fratello, Al»

Albus si alzò in piedi, ignorando il dolore della ferita.
Aberforth fece lo stesso, poi si abbracciarono.

Non fu un abbraccio lungo, piuttosto, si potrebbe dire che fu un abbraccio goffo.
Aberforth dovette stare attento a non mettere le mani troppo vicine alla ferita di Albus, e lo stesso Albus dovette fare attenzione a non far male ad Aberforth, ancora dolorante dal giorno prima.

Ma non tutti gli abbracci sono da ricordare per la loro bellezza.

Quando Albus e Aberforth smisero di abbracciarsi, il fratello più piccolo annunciò che sarebbe andato da Ariana. Albus non poté far altro che acconsentire, sebbene la cosa non gli ispirasse particolare sicurezza.

Andò verso le scale, le salì e si diresse in camera sua.

Non si ricordò minimamente di Gellert finché non notò il foglietto appoggiato sul copriletto.
Sulla fogli c'erano le seguenti parole:

Caro Albus,
Incontriamoci stanotte, all'una meno un quarto, in camera tua. Non far venire nessuno e chiudi la porta. Devo assolutamente parlarti, la cosa è di vitale importanza. Cerca di riposarti e prendi le pozioni che ti ho lasciato.
Gellert Grindelwald

Verdammt, Gellert! All'una meno un quarto sarà già tanto se sarò sveglio! Se fai un solo rumore mio fratello si presenterà bacchetta in una mano e mazza da baseball nell'altra! Non potevi proprio dirmelo di giorno, eh?

Immerso nei suoi pensieri, Albus si risvegliò solo quando Aberforth gridò: «La cena!!»

Scese di sotto, piano e dolorosamente, come era salito prima.

Entrato in cucina, la prima cosa che colpì Albus fu l'odore di pollo che era presente nell'aria.
Le cose potevano essere sostanzialmente due: o suo fratello aveva ordinato il pollo arrosto in un ristorante sconosciuto ad Albus, oppure suo fratello sapeva cucinare benissimo e non gliel'aveva mai detto.
Albus propendeva per la seconda ipotesi, ma pensava che anche la prima non fosse da scartare.

Arrivò alle spalle di Aberforth, che era concentrato sulla preparazione del pollo, e gridò:
«Bu!»

Com'era prevedibile, Aberforth fece un salto di due metri, e dopo lo maledisse in tre lingue diverse.

In tutto questo, Albus continuò a ridere.

Si misero a tavola e mangiarono.

Parlarono, di cose serie e di cose buffe, di pettegolezzi e di verità assodate, di luoghi e persone.
Albus non si era mai sentito così felice dalla morte di sua madre.

Finita la cena, Albus si offrì di sparecchiare, ma Aberforth rifiutò con decisione: in quel momento, l'unica cosa che Albus doveva fare era andare a riposarsi, questo, naturalmente, dopo aver bevuto la quindicina di pozioni dalla dubbia natura e maleodoranti, che Gellert gli aveva lasciato.
Rischiò di vomitare circa quattro volte, ma alla fine riuscì a berle tutte.

Aberforth prese un vassoio e si diresse verso la camera di Ariana, per farla mangiare.
Albus avrebbe voluto andare con lui, ma Aberforth gli rispose che avrebbero dovuto fare le cose con calma: un po' per volta, Aberforth avrebbe abituato sempre di più Ariana alla presenza di suo fratello maggiore, poi Albus avrebbe potuto andare a fare insieme a lui tutte le cose che già faceva Aberforth.

Albus si diresse verso la sua camera. Guardò l'orologio: le 10:30.
Sospirò.
Mancavano ancora più di due ore all'appuntamento, e Albus avrebbe dovuto trascorrerle sveglio.

Prese un libro dalla pila accanto al suo letto e lo aprì.
Doveva aspettare, ma nessuno gli aveva detto come farlo.

Albus si mise a leggere.

A Dangerous Friendship - Albus Silente e Gellert Grindelwald [DA RIVEDERE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora