Aiuto

39 1 0
                                    

                    *Avviso*
Non so cosa sia successo, sta di fatto che nell'altro capitolo mi si sono eliminate mezze frasi😐

Come ho detto in precedenza, il silenzio uccide. Uccide qualsiasi cosa: te stesso, chi ti sta intorno, il rapporto con un tuo amico.
E non sperate che qualcuno cerchi di sentirvi nel vostro nucleo di silenzio, perché nessuno vi ascolterà o vi capirà, è sempre stato così e così rimarrà.

Dopo l'accaduto con Luca, Giorgio e Tommaso non riuscivo più a rialzarmi, però non potevo far preoccupare mia madre ancora, così ho deciso di indossare una maschera e iniziare a fare la scema facendo ridere tutti e col tempo ho capito che l'umorismo era l'unco modo per sopprimere il dolore che sentivo.

Buio, il buio mi avvolgeva, i miei genitori erano convinti che stessi bene e che non mi facessero più niente. Stronzate.

*Flashback*

Come puoi fare star così tanto male una persona? Da dove ti viene il coraggio di far soffrire?
Adesso sono accucciata nell'angolo tra il muro e la porta, la testa fra le ginocchia e le mani fra i capelli. Piango, tutto quello che ho dentro ha bisogno di uscire, devo distrarmi: vado in cucina, mi avvicino al mobile delle bottiglie, i miei genitori non ci sono, e se ne prendessi appena un goccio?

*Fine Flashback*

State pensando che abbia bevuto vero? E invece no, ho subito messo la bottiglia al suo posto ritornando a piangere con la testa fra le mani e ogni tanto mi stritolavo le braccia.
Quei giorni erano terribili, avevo bisogno di aiuto, ma la paura di parlare era troppa. Ho preferito rimanere in silenzio e non fare un cazzo.

I giorni dopo l'uscita con Luca a cui poi si sono uniti anche Giorgio e Tommaso sono stati gli stessi, si erano aggiunte nuove offese: delle voci false che poi si sono espanse per tutta la scuola. Quando camminavo nei corridoi trovavo sempre qualcuno che mi dicesse "lesbica di merda" oppure "sembri un uomo" o ancora "ma te la fai la barba?", era troppo per me quella situazione, volevo parlare con qualcuno che non fosse stato mia madre, ma non avevo amici, fino a quando sei arrivata tu, Anastasia, o Ania: ti devo davvero molto, mi hai salvato in molte situazioni, certo in questo non hai potuto fare niente, ma allo stesso tempo hai fatto tanto.

Ero sulla panchina in giardino durante l'ora di ginnastica, naturalmente mi isolavo, i miei compagni stavano giocando a calcio, non mi stavano dando alcun fastidio e questo era strano, fino a quando, sbam, pallonata in faccia: non pensare che sia stupida Giorgio, o meglio, so che lo pensavi, ma si vede benissimo quando tiri una pallonata apposta e quando no. Mi faceva male il naso, ho cercato di non piangere, ma la lacrima è scesa. Tutti ridevano  mentre mi tenevo il naso e piangevo dal dolore, tutti tranne Ania che mi ha chiesto
<< Hai bisogno di aiuto? >>
<< sì >> ho risposto abbracciandola e piangendo. Ero crollata.

Ciò che non sapeteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora