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Le 14. Stavolta aveva davvero superato ogni suo record precedente, non era mai tornato a casa così tardi. Sperava solo che non lo vedesse nessuno. Sapeva benissimo che, se sua nonna l'avesse visto, avrebbe iniziato la solita predica. Fortunatamente, aveva ispezionato la casa dalla finestra, e sembrava non esserci nessuno. Chiuse piano la porta di casa, sgattaiolò su per le scale, e scappò nella sua stanza. Giacomo si spogliò, si infilò sotto le coperte e si girò, cercando di addormentarsi. Proprio quando stava per addormentarsi, squillò il cellulare sul comodino. Era un numero sconosciuto, che continuò a chiamarlo finché Giacomo non rispose.

"Pronto?"

"Ehi Giacomo, buongiorno!"

No, lui no. Chiunque, ma non lui. Si maledisse in tutte le lingue che conosceva per aver risposto.

"Ehi, Antonio, stavo andando a dormire adesso, sono rincasato 10 minuti fa."

Dall'altro capo del telefono, una risata stridula, fastidiosissima.

"Sei sempre il solito! Io sono ancora fuori, è successo un casino."

Ah, ecco perché l'aveva chiamato. Sicuramente avevano avuto problemi con qualche pattuglia e l'aveva chiamato perché li raggiungesse a risolvere la situazione.

"Che avete combinato stavolta?"

"Ma niente, le solite cose, lo sai. Ci hanno fermato e Giuseppe aveva un po' bevuto al solito suo..."

"Non mi dire che guidava lui..."

"Ha insistito così tanto, non ce l'abbiamo fatta a non farlo guidare. Dai, siamo in centrale, vieni."

Giacomo chiuse il telefono, e, rassegnato, si alzò dal letto e scese giù.

Mentre scendeva, gli venne in mente sua sorella. Come mai stava ancora dormendo? Risalì qualche gradino e raggiunse la sua stanza. Aprì piano la porta, e la trovò ancora a letto. Ma non era sola... Un corpo maschile, avvolto nel lenzuolo ed avvinghiato a sua sorella, era disteso al suo fianco. Conosceva bene quella persona, quel corpo lo aveva visto molte volte, e nelle occasioni più disparate. Era il suo migliore amico, che conosceva dalle elementari, con cui aveva condiviso tutto durante tutta l'adolescenza. Il suo migliore amico, che amava da così tanto tempo da non ricordare neanche quando avesse iniziato a farlo. Non aveva mai amato nessun altro come amava Luca, e anche per Luca era certo fosse lo stesso. Giacomo ne era sicuro, era certo che il suo non fosse un amore unilaterale, ma che fosse invece ugualmente ricambiato.

"Wow, questo dj è bravissimo, saremmo dovuti venire qua molto tempo fa!" si avvicinò al suo orecchio destro perché la musica assordante non permetteva nessun tipo di comunicazione, se non urlando.

Stava benedicendo il momento in cui si era convinto ad andare a ballare: lui gli si era gettato addosso per parlargli, e il suo collo era piuttosto vicino al suo viso, così da sentire il profumo dolce della sua pelle. Era tentato a baciarglielo, ma fu costretto ad abbandonare quella posizione per rispondergli.

"Sì, sono d'accordo con te. Ma mi si è tappato un orecchio, che dici se usciamo per una sigaretta?"

Lui abbassò e rialzò la testa più volte, e si incamminarono verso l'uscita. Appena fuori, ancora storditi dalla musica, cercarono un posto dove sedersi, e ne trovarono uno in una stradina a pochi passi dall'ingresso del locale. Erano due scalini di fronte ad una piccola porta in legno, quindi Giacomo si sedette in quello in alto, e divaricò leggermente le gambe per farlo sedere. Luca le divaricò con prepotenza, dicendogli: "Come credi che possa riuscire a sedermi se non allarghi le gambe?". Si sedette, e tirò fuori un pacchetto di Merit Bay dalla tasca del giubbotto, mentre Giacomo aveva già tirato fuori un pacco di tabacco Marlboro, con cartine e filtri, e stava iniziando a prendere l'occorrente per rollare una sigaretta. Appena lo vide, questi prontamente lo fermò e gli disse: "Te la offro io". Giacomo, allora posò tutto nella tasca interna del giubbotto, e tese la mano per prendere una delle sue sigarette. Luca, invece, gliela posò direttamente sulle labbra, e, tirando fuori l'accendino, gliel'accese. Accese la sua e fecero entrambi un lungo tiro. Rimasero in silenzio per un poco. Giacomo aveva paura che gli potesse chiedere perché non c'era nessuna ragazza nel locale, quindi fece per aprire bocca. Quasi a prevedere che stesse per dirgli qualcosa, però, Luca si girò verso di lui e gli chiese: "Tu ricordi dove abbiamo messo la macchina, vero?". Giacomo annuì con la testa e disse: "Non preoccuparti, tanto è scontato che guiderò io". Luca fece finta allora di essere ubriaco, alzandosi piano piano e barcollando, ed iniziò ad intonare una vecchia canzone, come un vecchio barbone ubriaco. Giacomo allora si alzò e fece finta di sorreggerlo, ma Luca si divincolò dalla sua presa ed iniziò a correre in direzione opposta al locale, e Giacomo lo rincorse. Quando riuscì a raggiungerlo, Luca tornò indietro, gli girò intorno, lo afferrò dalle spalle e lo sbatté contro il muro. Giacomo cercò di fargli mollare la presa, ma il suo corpo esile nulla poteva contro la presa forte e potente delle braccia di Luca. In un attimo, le loro labbra si toccarono, le loro lingue si cercavano l'un l'altra, i loro corpi si fusero in uno solo, le braccia dell'uno che percorrevano il corpo dell'altro. Scapparono verso la macchina, e Giacomo, alla guida, accese la macchina e partì spedito, per casa sua. Durante il viaggio, Luca lo guardava fissamente, e teneva la sua mano sinistra sulla coscia destra di Giacomo, esattamente a metà tra il ginocchio e l'inguine. Giacomo teneva la sua mano destra sopra la mano sinistra che era appoggiata sulla sua coscia, e,ogni tanto, la stringeva e la portava alle labbra, baciandola candidamente. Arrivati a casa, scesero in fretta dalla macchina, Giacomo aprì la porta e scapparono subito verso la sua stanza. Si spogliarono in fretta, Luca iniziò a baciare il corpo magro e poco scolpito di Giacomo, la cui pelle bruciava ogni volta che quelle labbra così grandi la toccavano. Luca tirò fuori un preservativo, ma Giacomo lo fermò, facendolo distendere a letto, e baciando il suo corpo fino ad arrivare all'inguine. Alzò dunque la testa per guardarlo in faccia, e gli disse: "È ancora troppo presto.".

Giacomo si morse ferocemente il labbro inferiore pensando alla loro prima volta. Nel giro di settimane, episodi come quello si ripeterono costantemente a casa di Giacomo, o a casa di Luca. Più di una volta, addirittura, Luca aveva addirittura prenotato una suite d'albergo per interi weekend. Ogni volta che si baciavano, Luca gli accarezzava le tempie, gli dava leggeri baci sulle palpebre e gli mordicchiava leggermente i lobi delle orecchie. Ogni volta che Giacomo si risvegliava dopo aver fatto l'amore (o almeno, quello che lui credeva fosse amore), lui gli portava la colazione a letto, con tanto di rosa. Appena aveva finito, lo faceva appoggiare sul suo petto e gli accarezzava dolcemente i capelli, appoggiava il suo viso tra i suoi capelli, e stavano ore ed ore a parlare di tutto quello che passava loro per la testa. No, Luca non poteva non amarlo, non poteva rinnegare quello che era veramente solo per paura di non essere accettato. Avrebbe dovuto smettere di avere paura, smettere di nascondersi, smettere di essere se stesso solo per paura di essere giudicato, per paura di essere allontanato da tutti. Giacomo non era mai riuscito a convincerlo, perché lui stesso non accettava di essere innamorato di un altro uomo, e preferiva nasconderlo, fargli credere che fosse davvero un giocattolo sessuale, così da autoconvincere anche se stesso che fosse realmente così, e per questo motivo andava a letto con qualsiasi ragazza respirasse, sorella di Giacomo inclusa.

Non era vero che non lo amava, Luca lo amava eccome, e prima o poi l'avrebbe ammesso. Lo avrebbe fatto, e sarebbero stati felici insieme, finalmente.

D'un tratto, si ricordò il motivo per cui si era alzato dal letto. Entrò piano nella stanza di sua sorella, diede prima un bacio sulla fronte a lei, e un piccolo, innocente bacio sulle labbra di lui. Luca aprì leggermente gli occhi, e li richiuse, e, quando li riaprì del tutto, Giacomo era già uscito dalla stanza di corsa e aveva già raggiunto la macchina.

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