Bea aprì pian piano gli occhi, accecata dalla luce della stanza che sua nonna aveva accesso.
"Bea, sono le 17, vuoi alzarti?" le urlava.
Bea si coprì il volto con il lenzuolo e farfugliò qualcosa che nella sua testa doveva essere "lasciami dormire altri 5 minuti, nonna". Gli effetti dell'alcol della sera prima dovevano essere ancora presenti, nonostante più di 12 ore di sonno. All'improvviso, pensò alla sera prima e spalancò gli occhi toccando velocemente il letto con le mani da sotto le coperte. Ieri sera era tornata a casa con Luca! Si tolse il lenzuolo di dosso e si alzò di scatto, ma di Luca e dei suoi vestiti non v'era neppure l'ombra. Tirò un sospiro di sollievo: doveva essersi svegliato prima di lei e doveva essersene andato di nascosto. D'altronde, il balcone della stanza di Bea dava sulla campagna, ed era parecchio facile scendere da lì senza essere visti. Perché, se qualcuno avesse visto tutti i ragazzi che uscivano da lì quasi tutte le mattine, per Bea sarebbe stato un grosso problema: qualcuno avrebbe iniziato a spargere la voce che "accoglieva" ragazzi a casa sua, e la voce si sarebbe arrivata alle orecchie di sua nonna, e tutto sarebbe andato a puttane. Bea scosse la testa violentemente mentre pensava a quello che ciò avrebbe comportato, e sua nonna, vedendola risvegliarsi, le disse: "Bea, a che ora sei tornata ieri? Non puoi continuare a tornare così tardi tutte le sere, tra te e tuo fratello, io sto in pensiero". Bea guardò sua nonna visibilmente preoccupata sorridendo dolcemente, e le rispose: "Nonna, per favore, ne abbiamo già parlato. Tra poco ricominciano le lezioni e dovrò ricominciare a fare la vita di prima, e non potrò fare più questi orari. Resisti un altro po'". Sua nonna sospirò pesantemente ed uscì dalla stanza, lasciandola sola. Bea si sedette sul letto, ed appoggiò la schiena sul muro; prese il cellulare e vide che Luca gli aveva mandato due messaggi, e suo fratello l'aveva chiamata varie volte. Aprì i messaggi di Luca controvoglia, sapeva perfettamente quello che le aveva scritto.
"Che c'è, Bea, stai cominciando a perdere colpi? Non mi hai mai fatto un pompino così brutto come quello di stanotte! E io che volevo consigliarti a un mio collega! Mi sa che mi faccio i cazzi miei" diceva il primo.
Il secondo messaggio era una foto del suo inguine in cui era rimasto il segnale di un morso, ed era accompagnato da un vocale in cui Luca gli urlava contro che era solo una sporca puttana incapace di fare il suo lavoro. Bea non ricordava di quel morso, ma sapeva perché Luca si era incazzato con lei: se la sua ragazza l'avesse visto, sarebbe stata la fine per entrambi. Bea ignorò deliberatamente i messaggi di Luca, posò il cellulare sul comodino ed iniziò a fissare il muro di fronte a lei.
Era iniziato tutto come un gioco, ed ora, era addirittura un lavoro? Quando aveva iniziato a degenerare tutto questo?
Ogni tanto pensava ai suoi genitori, pensava a quello che avrebbero pensato di lei. Pensava che li aveva delusi, diventando quello che loro le avevano sempre imposto di non diventare. Pensava che, se fossero stati ancora in vita, l'avrebbero cacciata di casa, avrebbero smesso di volerle bene. Perché non avrebbero capito. Non avrebbero capito che è difficile essere accettata dagli altri quando non sei come loro. Non avrebbero capito che a volte si è costretti a stare alle loro regole, per non restare al margine della società, per poter vivere in pace, senza che nessuno ti guardi male quando cammini per strada, senza che nessuno ti faccia notare quello che non va in te, che non vai bene. E Bea era stata costretta a sottomettersi a quelle regole, perché se non lo avesse fatto, le conseguenze sarebbero state anche peggiori.
Bea non vedeva l'ora di andare via da qui, non vedeva l'ora di lasciare il suo paese e la sua gente per scappare, il più lontano possibile. Bea sognava l'America: sognava le immense distese di grano del Kansas, sognava il Lago Michigan, gli immensi boschi del Minnesota, e le grandi metropoli. Sognava di andare a vivere a New York, o a Chicago, per trovare un appartamento modesto e un impiego discreto, per poter vivere il resto dei suoi anni il più lontano possibile da quella realtà che l'aveva trasformata nella persona deplorevole che era diventata.
Bea si scoprì a piangere quando sentì una goccia calda sulla sua pancia: cominciò a piangere come ad una bambina a cui è stata rubata la bambola. A lei, invece, era stato rubato ben altro: la sua dignità.
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Road to somewhere.
General FictionUn paesino di provincia, dove tutti condividono una mentalità chiusa e sono sempre pronti a giudicare e a puntare il dito contro gli altri. Una comitiva di ragazzi, stanchi dei panni troppo stretti che indossano dalla nascita, con la voglia di emerg...