6. Children, wake up, hold your mistake up

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Quando mi sveglio è mattina e sono rannicchiato sul divano. Ancora una volta da solo.

Il tavolo è apparecchiato per la colazione e c’è un biglietto di Dawson: “Sono andato a trovare i miei fuori città. Mi dispiace, ma glie l’avevo promesso. Rientro sabato sera. D.”

Spilluzzico svogliatamente qualcosa, stufo del silenzio che regna nella casa, ma sentendomi decisamente meglio rispetto ai giorni scorsi.

Mi torna in mente l’assurda confessione di Debbie. Debbie e Eddie. Assonanza stupida e ridicola.

Ecco perché il mio caro chitarrista ce l’aveva così con me. Chissà per quanto si sono visti.

Oggi l’idea mi risulta un po’ più accettabile. Eravamo giovani, dei ragazzini, quando io e Debbie ci siamo sposati. Vent’anni appena compiuti. Io ero confuso e spaesato. Lei invece era già pronta ad incantare il mondo_ non poteva reggere a lungo con qualcuno come me, indeciso, impreciso, inadeguato insomma.

E Eddie, come mi pare di aver già detto, aveva il suo discreto fascino. Di quelli classici, gli evergreen che fanno impazzire sempre le donne: il rocker un po’ oscuro, un po’ guasto dentro, poeta maledetto. Come non cedere a un uomo così? Per un po’ me ne ero invaghito anche io, da adolescente.

Suona il campanello e mi riscuoto dalle mie riflessioni. Nereide è già qui, precisa e puntuale come io non sono mai stato, placidamente appoggiata alla custodia della sua chitarra, la sigaretta che pende a un angolo della bocca morbida. Adorabile, piccola pornobimba sovversiva. Su di lei sono belli perfino questi clichés visti miliardi di volte.

Quando le apro la porta, sembra sollevata nel vedermi con un aspetto un po’ più decente. Poi squadra la mia maglietta sogghignando - Non sapevo avessi certe preferenze - dice, sarcastica.

E’ una maglietta di Dawson. La osservo. C’è il disegno di un uomo nudo e legato come un salame stagionato. Una scritta nera dice “Bondage Homo League”.

Ridacchio - Beh, mi sembra che tu non abbia mai voluto approfondire la conoscenza sotto quel punto di vista, no? -

- Infatti - replica la ninfetta dei collant di pizzo, aggiustandosi la spallina del vestitino che scivola maliziosamente, - E non ho intenzione di approfondirla neanche adesso. Cominciamo?-

E cominciamo davvero.

Le mostro tutto. Testi, accordi, spartiti.

Lei studia tutto in silenzio per un po’, poi prende la chitarra e inizia a sfiorare le corde, provando l’intro per la prima canzone. In un istante ritrovo le vibrazioni pulsanti e seriche di quando l’avevo sentita suonare il basso.

Ne ha di talento, la ragazzina. E’ la chitarrista che ho sempre sognato di avere. Segue la mia traccia e contemporaneamente crea. E’ quel tipo di musicista che non cerca di spiccare rispetto alla voce, ma che sa che se solo smettesse di suonare un istante, se sbagliasse una sola, piccola nota, tutta la canzone farebbe schifo.

E non sbaglia. Mai. Piuttosto si ferma e mi chiede indicazioni su dei passaggi. Poi riprende. Segue la mia voce, e al tempo stesso segue la sua voce interiore, calda, sensuale, pregna di un erotismo adolescenziale pronto ad esplodere. E la traduce in musica.

Le note galleggiano nell’aria. Dawson aveva ragione. Sono le cose migliori che abbia mai scritto.

Mentre canto sorrido. Finalmente qualcosa di bello che viene fuori da tutto questo schifo. Nereide ascolta e osserva. La percepisco animarsi di una tensione latente che è quasi elettricità. Il suo respiro si fa affannoso, i muscoli si tendono sotto al vestito e ai collant, ha gli occhi lucidi. Finisce la quinta canzone con uno stacco brusco.

We Love Thighs! Una storia di rock, di losers e di cosceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora