5 - La provenienza del segnale

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Le  voci e i rumori sovrapposti aumentavano: voci, rumori, boati, voci,  rumori, boati

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Le voci e i rumori sovrapposti aumentavano: voci, rumori, boati, voci, rumori, boati. E quando furono insopportabili, l'attenzione di Arianna si concentrò in un punto oltre la spalla di Sebastian ancora chino su di lei.

Lentamente mise a fuoco due oggetti sopra una cassapanca.

Scattò in piedi.

Li afferrò e li mostrò al francese. «Walkie-talkie!».

Un minuto ed ebbe l'attenzione dei presenti.

«Comunicheremo con questi», spiegò di getto Arianna, e si rese conto d'aver quasi gridato. «Io vi seguirò da un punto d'osservazione in alto e vi indicherò la strada. Forse scopriremo da dove arrivano i ratti.»

Giancarlo la scrutò un istante, «Bella trovata per restare col culo al coperto, stagista».

«La signorina non ha torto» intervenne l'entomologo. «Può tornare utile capire se i ratti hanno una direzione. Ho tracciato un algoritmo per i ditteri, se i muridi seguono lo stesso percorso forse posso localizzare la provenienza del segnale».

«Quale segnale?» chiese Sebastian.

La voce di Arianna si alzò ancora: «Il segnale che sta facendo impazzire insetti e roditori: gli ultrasuoni. Da qualche parte qualcuno trasmette».

Sebastian indirizzò su Arianna uno sguardo ammirato.

Al contrario Giancarlo mostrò il solito sarcasmo: «Sei cospiratoria quanto quelli di Anonymous, Anselmi».

«Dovrete fare in fretta» disse Vespucci, «quei walkie-talkie non sono affidabili, li usavo vent'anni fa per non perdermi nelle grotte quando con i colleghi andavamo a caccia di feci di chirotteri.»

«Certo» disse Giancarlo, «a caccia di feci». Mise a tracolla la telecamera e impugnò la ricetrasmittente, «Muoviamoci, francese».

L'entomologo rovistò in un cassettone e tirò fuori un binocolo. Si rivolse ad Arianna: «Venga con me».

*

Arianna seguì Vespucci su per le scale del palazzo con i brividi addosso: un piano dopo l'altro aumentava l'eco della marcia sincrona dei ratti che sembrava salire lungo le pareti, nelle tubature interne, dentro la colonna portante. Arrivati in cima, tre giri di chiave e la porta di ferro che concedeva l'accesso al terrazzo condominiale si aprì.

Lo scienziato tirò fuori un Taser dalla tasca della vestaglia. Disse: «Nessuno le coprirà le spalle, perciò prenda questo».

Arianna lo agguantò ma non spiegò che piuttosto che dare la scossa a un enorme ratto e assistere all'arrosto, l'avrebbe puntata su di sé per svenire prima di essere rosicchiata.

Vespucci le passò anche un cronometro: «Mi ascolti, deve dirmi quanto impiegano a fare un metro. Non ci interessa da dove arrivano» la guardò con tenerezza, «deve osservare dove sono diretti. Il flusso è costante e segue un solo verso, ha capito?».

Lei annuì stordita: la stava davvero aiutando, non l'aveva neanche contraddetta col caporedattore.

«Prelevo qualche campione dal pianerottolo, vedo se riesco ad analizzarli», così dicendo il professore si allontanò.

Sola. Un binocolo e un cronometro al collo, un'arma e una radio in pugno. Sola. Pazza e sola. Incosciente e sola.

Anselmi!

La radio gracchiò provocandole un sussulto.

Che cazzo, dove stai?

Arianna si trattenne dal rispondere a tono.

Uscì sul terrazzo, era sgombro. Nessun ratto. Non le parve vero.

Corse al parapetto.

Per un momento, un solo momento, si dimenticò dell'incarico: aveva davanti Roma.

Da lassù aveva l'impressione di planare sul Colosseo, poteva spiarlo in ogni anfratto segreto, poteva vederlo muoversi e sovrastarla.

Muoversi? Portò il binocolo agli occhi. L'arena ospitava una corsa forsennata di ratti.

Anselmi, rispondi!

Arianna puntò alla strada e individuò Giancarlo. Stava arrampicato su un palo della luce a riprendere il fiume in piena di roditori che gravitava su via di San Giovanni in Laterano.

Cosa vedi?

Da quel palo al successivo correvano tre metri di distanza: azionò il cronometro, scelse un ratto e lo tenne nel binocolo fino a che non lo vide superare il secondo palo, poi bloccò il conteggio.

«Il flusso è diretto a nord!» gridò nella radio. «Dov'è Sebastian?»

L'ho perso!

«Cosa?»

Arianna si sforzò di tenere lucido lo sguardo nel binocolo e spostò frenetica l'inquadratura finché non intercettò un gruppo di persone accerchiate: Sebastian cercava di aiutare quella gente a scappare.

Un tremore le scosse il ventre.

Chiamò Giancarlo: «Sebastian è in pericolo, devi aiutarlo!».

Sei impazzita? Non lo vedi come sto?

Arianna scattò sulla porta, saltò le scale e quasi volò sul corrimano e si affacciò trafelata all'ingresso dello studio: «Professore! Il suo conteggio su un raggio di tre metri!». Mollò il cronometro e corse via.

Dalla tromba delle scale, l'entomologo le urlò: «Dove va? Vuole morire?».

Per un attimo Arianna arrestò la discesa e alzò lo sguardo. «Sebastian ha bisogno d'aiuto!»

Vespucci le apparve colpevole, forse sentiva di non aver fatto abbastanza per loro, meno ancora per il nipote del suo collega.

«Dica a Seb che sono maschi. Sono tutti maschi!»

La notizia accelerò il flusso di adrenalina nel sangue di Arianna.

Mostrò a Vespucci il walkie-talkie. «Lo tenga lei e restiamo in contatto!» e lo lasciò sul gradino.

Poi, terrorizzata, riprese la discesa.

LIMITE INVALICABILEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora