6 - LIMBO

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C'è  chi pensa che salvare il mondo sia un'idea ignorante poiché il mondo –  inteso come pianeta Terra – si salverà da sé; non ha certo bisogno della  mano umana per risanarsi

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C'è chi pensa che salvare il mondo sia un'idea ignorante poiché il mondo – inteso come pianeta Terra – si salverà da sé; non ha certo bisogno della mano umana per risanarsi. Quella è la mano che lo ha ammalato, depredato, ferito al cuore e, senza di essa, il pianeta ritroverebbe da sé la sua energia.

Arianna si era trovata spesso a fare i conti con questa domanda: se per aiutare la gente si deve distruggere il pianeta che la ospita, ha senso intraprendere questa battaglia? Come si fa a salvare qualcuno sacrificando la terra in cui abita? Alla fine resti vivo ma sospeso nel limbo?

Lo pensava e intanto accelerava, terza, quarta, ingranata la quinta si lanciò come un proiettile sul letto di ratti per evitare che la bloccassero prima di raggiungere quelle persone in difficoltà.

Frenò e per poco non si schiantò contro un'auto in sosta. Spalancò la portiera lato passeggero e urlò: «Salite!».

Sebastian le riservò uno sguardo commosso che pareva dire sei il miracolo che non mi aspettavo.

Montarono in cinque: Seb, due donne, un uomo anziano ferito a una gamba e una bambina in lacrime.

Subito Arianna girò il volante e si rimise in carreggiata, guadagnò terreno e si lanciò a tutto gas verso il palo su cui Giancarlo stava scivolando. Lo vide urlare ma non riusciva a sentirlo.

Frenò col cofano a un centimetro dal palo e Giancarlo atterrò sul tetto dell'auto. Le passò la telecamera attraverso il finestrino. Urlò: «Prendila!»

Arianna era incredula: Giancarlo avrebbe salvato la notizia prima che la vita.

In lei tornò ad affacciarsi prepotente il dilemma: che te ne fai della verità se non resta nessuno a cui raccontarla?

I ratti arrivarono in folla, doveva allontanarli con una sterzata pericolosa ma per farlo avrebbe fatto precipitare Giancarlo. Non seppe decidersi e in pochi secondi l'auto fu invasa. Montarono e oscurarono la visuale. Erano ovunque: fecero vibrare la carrozzeria. D'istinto Arianna serrò i vetri, azionò persino le sicure. I passeggeri urlavano.

Giancarlo poteva essere morto proprio sopra di loro e lei lo aveva condannato.

Strinse istintivamente la mano di Sebastian che le sedeva accanto.

«Ho fatto lo stesso sbaglio dei miei genitori» mormorò.

Sebastian strinse più forte. «Sono giornalisti anche loro?»

Sepolti tra le lamiere, Arianna pensò di morire.

«No, peggio.» Chiuse gli occhi, «Non li ho mai perdonati per aver abbandonato me e mio fratello. Ma io non sono stata da meno».

«Cosa dici? Secondo te è uno sbaglio aiutare le persone?» rispose con un filo di voce, «Perché è questo che hai appena fatto».

Una fiammata riempì l'orizzonte.

Un suono unisono e straziante si levò tutt'intorno: i ratti stavano urlando.

«Cos'è?» gridò Arianna. E dietro di lei il pianto disperato della bambina aumentò.

Udirono l'eco di una sirena e i ratti cominciarono a cadere uno dopo l'altro arrostiti.

«Sono lanciafiamme!» disse Sebastian.

Fiamme che avvolsero ogni cosa. Le stesse che avevano raso al suolo l'accampamento che i suoi genitori non erano riusciti a evacuare.

Il destino a volte è proprio beffardo, pensò Arianna, oggi morirò come loro.

«Erano ricercatori. Medici senza frontiere» disse piano. «Senza frontiere. Non è paradossale? Finché i separatisti non hanno bombardato il campo, sono stati convinti che nessun limite fosse invalicabile».

Sebastian la tirò a sé. «La vie et l'amour ne meurt jamais».

Lei non lo capì ma adesso morire con lui accanto le sembrò naturale.

Sebastian aggiunse : «Se questa è la fine, voglio che tu sappia una cosa di me, Arianna».

«Cosa?»

Vennero interrotti da un boato.

Davanti a loro comparve un blindato armato che sparava lingue di fuoco sulla strada. Un capannello di militari correva da un lato all'altro urlando Al riparo, mettevi al riparo!

Quando il flusso migratorio dei roditori fu contenuto sgombrando la visuale, lo spettro della morte si allontanò dalla mente di Arianna. Persino il pianto della piccola si arrestò.

Arianna aveva una priorità, ora. Spalancò lo sportello e scese con un balzo. Il getto di fuoco la sfiorò, c'era fumo denso tutt'intorno, le carcasse dei ratti emanavano un odore stordente ma lei montò sul fianco dell'auto e si affacciò a cercare Giancarlo sul tetto. Lacrimava e tossiva distrutta dall'idea di trovarne il cadavere carbonizzato.

Urlò: «Capo!».

E lui era lì, supino, gli occhi spalancati dal terrore e la voce appena udibile: «Anselmi, dovevi fartela a piedi, mi hai quasi distrutto la macchina. Lo sai quanto mi è costata?».

Il cuore di Arianna sussultò di gioia.

I militari fecero scendere dall'auto i passeggeri e li condussero verso il corazzato.

Ordinavano ai residenti di evacuare, di prendere solo il necessario e di seguirli.

Giancarlo saltò giù. Era chiazzato di ecchimosi, gli abiti logori ma disse: «Guido io».

Arianna capì che il caporedattore non avrebbe rinunciato alla sua crociata per farsi mettere in quarantena.

Ma perché andare in cerca di una verità se il mondo si salva anche senza?

Cercò la risposta negli occhi di Sebastian. E vi lesse chiaramente che nessuno di loro si sarebbe arreso.

LIMITE INVALICABILEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora