11-é un Greene

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Arrivati a casa dovetti preparare la merenda a Charlotte e Jack.
<Ma voi non vi stufate mai di mangiare?> chiesi. Ok anche io ero stata umana e mangiavo, ma non così. Jack mangiava sempre un sacco perché diceva che era un lupo; mentre Charlotte aveva deciso di ridurre la sua dieta a solo cibo umano che la saziava molto meno. E poi c'ero io che andavo a caccia ogni settimana e mezza circa.
<No, mai> rispose Jack con il boccone in bocca.
<Com'è andato il primo giorno di scuola?> chiese sempre Jack.
<Male> dissi io e nello stesso istante Charlotte diceva "bene". La fulminai con lo sguardo.
<Dai non puoi dire che andato male solo se hai perso un po' il controllo> disse scocciata dal mio atteggiamento.
<Nel mentre che arrivavi e avevo sentito il suo odore, avevo già trovato 5 maniere per farlo uscire e ucciderlo. Quindi non ho perso un po' il controllo!> dissi urlando l'ultima frase. Mi dava un fastidio quando mi contraddivano per cose di cui sapevo aver ragione.
<Ok hai perso il controllo> disse abbassando lo sguardo. Sorrisi.
<Qui é pronto se volete. Io vado in camera mia> odiavo stare lì a guardare a mangiarli. Mi disgustava l'odore e le smancerie che facevano sotto i miei occhi dimenticandosi di me, e odiavo essere lì a non far niente e guardare e basta.
In camera mia mi misi comoda sul divano aprì il primo libro che mi capitò a mano e iniziò a suonare il cellulare. Sospirai e risposi.
<Pronto> dissi non avevo visto chi era ,ma comunque lo dicevo sempre.
<Ciao Anne sono il signor Greene avrei bisogno di te per una commissione riguardante la biblioteca. Puoi venire?> mi chiese. Lavoravo ancora nella biblioteca del signor Greene, ne ero quasi la proprietaria e quindi quando doveva compilare le scartoffie mi chiamava. Non sapevo se sapesse di me. Mi aveva visto da quando aveva conosciuto Martha e fino al compimento dei 4 anni di Thomas e ora.
<Certo mi preparo e arrivo. Ha bisogno di qualche documento?> dissi.
<No mi basti solo te. A fra poco ok?> disse infine.
<Certo> e conclusi la telefonata. Di solito con le persone ero molto arrogante, ma sapevo essere gentile. Tranne con la mia famiglia, si intende i Cullen Charlotte e Jack, ero distaccata.
Mi vestii elegante, anche se mi dava del tu era il mio capo. Gonna nera al ginocchio con il piccolo spacco, giusto per camminare, camicia bianca a maniche corte con i volant lungo la linea dei bottoni, giacca abbinata alla gonna e scarpe con tacco 12 chiuse lucide nere. Cappelli ovviamente sciolti con la riga in parte. Non indossavo molti accessori. Solo un bracciale pandora con gli charm sulla destra, una collana doppio giro corta-lunga con lo stemma dei Cullen e infine sempre sull'anulare destro un anello a forma di tiara. Presi la borsa ci misi il cellulare e il portafogli e scesi giù a prendere l'auto.
<Dove vai così elegante?> mi chiese Jack malizioso. Nonostante avessi i tacchi alti riuscivo a camminare bene e velocemente, ovviamente.
<Prendo la Ferrari. E togliti via quel sorrisetto da ebete, vado solo dal signor Greene> dissi alquanto incavolata dai suoi tiri da stupido.
<Beh, tecnicamente il signor Greene non ha moglie> disse più malizioso di prima. Sapevamo tutti che nonostante Martha fosse morta da anni il signor Greene gli era sempre rimasto fedele.
<Ma stai zitto va> gli dissi scocciata e sbattei la porta del garage. Presi le chiavi della Ferrari e partii per la villa dei Greene.
Arrivai presto alla villa sebbene fosse dall'altra parte della città.
Mi fermai davanti al cancello chiuso e suonai il campanello.
<Chi é?> chiese una voce poco nitida.
<Anne Cullen> risposi.
<Certo ti apro subito cara> disse la persona.
Il cancello si aprì é parcheggai nello spiazzo sterrato davanti alla casa.
Scesi dall'auto. Come sempre c'erano 3-4 uomini a guardare la mia auto e io che scendevo, istintivamente scossi la testa, quei poveretti speravano di vedere sempre oltre alla gonna. La porta di casa Greene era aperta io entrai, la richiusi dietro di me e andai nello studio del mio capo. La porta dello studio era chiusa così bussai.
<É aperta> rispose la persona che era al di là.
<Buongiorno> dissi educata e carina.
<Buongiorno cara, come stai?> mi chiese. Era felice che una persona così giovane lavorasse nella sua biblioteca. Giovane, apparentemente.
<Bene grazie> gli risposi.
<Ho saputo che oggi é stato il tuo primo giorno di scuola qui. Come é andato?> mi chiese. Già, per tutti eravamo arrivati nell'estate di quell'anno e io avevo gestito la biblioteca per quel periodo e anche durante la scuola.
<La scuola é carina, anche i professori e il programma mi sembra buono. Ma i ragazzi hanno gli ormoni a mille quando io e mia sorella passiamo> gli dissi ridendo leggermente sull'ultima parte. Anche lui inizia a ridere.
<Spero che non ci sia mio figlio tra questi> dice tra le risate. Una parte di me mi dice di preoccuparmi.
<Va bene. Va bene. Riprendiamoci. Allora guarda ci sarebbe questo da firmare...> e inizia a parlare di scartoffie e cose varie che devo firmare. Dopo un'ora finimmo di fare tutto, erano le 5:30 di sera. Il signor Greene mi fece una richiesta che mi faceva spesso dopo queste cose.
<Anne cara, potresti suonare per me. Le tue melodie mi rilassano tanto> mi chiese quasi implorante. Infatti lui di notte non dormiva molto e nelle prime ore del pomeriggio non ne aveva modo, ma si addormentava facilmente quando io suonavo.
<Certo> risposi come sempre. Ci spostammo nel grande salone dove aveva un pianoforte a coda nero. Si sedette sulla vecchia poltrona e si mise comodo e io iniziai a far scivolare le mie dita sui tasti di ebano e avorio. Suonai una delle tante melodie di Edward. Stavo finendo la mia composizione quando dei passi umani arrivarono al mio orecchio.
<Buongiorno> disse una voce dolce e un po' familiare. Alzati lo sguardo era Thomas, il ragazzo che mi era venuto addosso.
<Ciao> dissi sorridendo. Perchè lui era lì?
<Che fai mi segui?> mi chiese sorridendo anche lui a sua volta. Il mio cervello aveva messo insieme i prezzi, ma io non riuscivo ad accettarlo come.
<Io. Tu segui me al limite> dissi ridendo.
<Beh io ci vivo qui> disse scoppiando a ridere. Eccolo là. Ma niente io sembravo deviare la logica.
<Figlio del maggiordomo?> chiesi sorridendo cattiva. Lui rispose con tono acido.
<No. Figlio del capo> eccola. La batosta che spazzò via il mio piccolo mondo di certezze. Ecco colui che mi avrebbe rovinato la vita lì. La mano che era delicatamente appoggiata a uno dei tasti affondò e il piano emise un suono strano e stonato che svegliò il signor Greene.
<Certo. Figlio del capo. Thomas Greene> era un sibillio sprezzante.
La rabbia, la delusione e non so cosa mi accecarono. Presi la mia borsa e mi avviai verso la porta. Aprii la porta e stavo uscendo quando Thomas si appoggiò alla porta e la richiuse.
<Che ti prende?> mi chiese confuso.
<Lasciami stare!> dissi nel mio pianto interiore.
<Perchè hai reagito così? Hai qualcosa contro di me? Perchè sono un Greene?> mi chiese. Voleva sapere, ma non potevo e quindi scegliei la strada più sbagliata.
<Sì. Non ti posso sopportare. Noi non siamo nati per essere amici, e mai potremmo esserlo. Ora devo andare>
<Certo> sussurrò. Vidi la tristezza nel suo volto, ma perchè??
<Grazie> dissi sprezzante. Sbattei la porta dietro di me e salii in auto.
Partii velocissima e senza guardarmi dietro.
Mentre ero in macchina scoppiai e le lacrime silenziose si trasformarono in singhiozzi. La mia mente era offuscata dalle cose appena scoperte e dal pianto straziante.
"È un Greene" il mio pensiero era fisso su questo punto, ma perchè avevo questi problemi? Perchè mi importava tanto di quel Thomas? Perchè ero terribilmente in colpa per avergli detto di non sopportarlo? La mia mente era solo un perchè.
Non sapevo dove andare. Se fossi andata a casa avrei distrutto tutto perchè cose dei Greene, e la mia seconda famiglia mi avrebbe cercato di consolare, cosa che non volevo. Se fossi stata sola avrei perso la calma e la lucidità e di sicuro avrei fatto qualche cazzata. Dove andare?
Un lampo di genio mi attraversò. I Cullen! Edward aveva passato di tutto con la sua compagna conosciuta quando era umana, e poi sarebbe stata l'occasione di conoscere anche i nuovi arrivati.
Schiacciai sull'acceleratore pronta per andare a Forks mentre chiamavo Charlotte per avvertirla.

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