Capitolo 25 " Tu sei...?"

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Jannah's Pov

Durante il nostro abbraccio, mi sono avvicinata al suo orecchio destro e le ho sussurrato: "Io ti capisco più di quanto tu creda. Io e te, siamo simili"

Al sentire quelle parole si é staccata leggermente da me per guardarmi negli occhi e capire se fossi sincera o meno e soltanto dopo che io ho abbassato il mio capo, come a darle la conferma che cercava, è ritornata a piangere.

L'ho accompagnata in ospedale insieme a Marco e ai pompieri per farle fare un controllo.

Quando il medico è venuto a prenderla, lei non ha voluto saperne di farsi visitare da lui o da qualunque infermiera presente.

Mi teneva la mano e continuava a ripetere che non voleva nessuno apparte me, così Franco mi ha permesso di rimanere con lei fino all'arrivo dell'assistente sociale.

<<Ascoltami, devi fidarti di loro proprio come hai fatto con me>>

<<No! Non voglio avere i loro occhi puntati su di me. Non fanno altro che giudicarmi per quello che ho fatto>>

<<Nessuno lo pensa. Vogliono solo assicurarsi che tu stia bene>>

<<Non sto bene e non voglio nemmeno la loro compassione. E adesso andiamocene di qua!>>

<<Non possiamo farlo. Dobbiamo aspettare l'assistente sociale>>

<<Ah così mi butterà di nuovo in quel collegio! Io non voglio ritornare a quella vita. Dovevate lasciarmi morire. Non vi sareste dovuti intromettere!>> dice urlando ad alta voce, attirando l'attenzione delle persone sedute in sala d'attesa.

Visto che la sua situazione non era poi così tanto grave, ci hanno fatto aspettare, nonostante fossimo arrivati con l'ambulanza.

<<Perché non vuoi capire che la tua vita è preziosa? Tu vali, eccome se vali… é solo che sei così tanto confusa che non vedi nessun potenziale in te. Devi lottare fino a quando avrai una vita felice. Ci volessero giorni, mesi, addirittura anni, ti assicuro che alla fine troverai una famiglia tutta per te>>

<<Tutte balle! Le famiglie adottano i bambini piccoli non quelli problematici come me che sono stati costretti a crescere in fretta!>> dice con un tono davvero arrabbiato.

Lo so che non è realmente arrabbiata con me, visto che mi conosce a malapena. Si sta semplicemente aprendo dopo che ha soppresso per anni i suoi sentimenti e se questo vuol dire che alla fine si sentirà più leggera, sono pronta a sopportare tutte le urla di questo mondo.

<<Signorina, dovete abbassare la voce. State disturbando i pazienti…e comunque il dottore mi ha detto di dirle che vi sta aspettando e che se non volete entrare andrà avanti con le altre persone>> mi rimprovera un' infermiera.

<<Su, andiamo>> dico ad Emma, alzandomi dalla sedia.

Facendo quel gesto sento qualcosa cadere per terra. Guardando in basso mi accorgo che si tratta di una giacca da pompiere. Solo dopo mi ricordo di quando Liam mel'ha data e mi perdo a ripensare a come si é preoccupato per me.

Mi abbasso, la raccolgo e me la porto all'altezza del petto.

É molto pesante e nonostante sia leggermente brucciacchiata in alcuni punti e abbia un sottile strato di polvere, ai miei occhi appare bellissima.

Una cosa attira particolarmente la mia attenzione. Sulla striscia su cui dovrebbe essere ricamato il suo cognome c'è scritto in caratteri cubitali  "Ricaboni" .

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