Capitolo 2. And the mysterious place

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Ci sei? digitai istintivamente.
Sì.
Cosa fai?
Ti penso. Mi rispose ed io non sapevo cosa dire, e così tacqui.
Va tutto bene India?
Mi sentivo sola.
Vuoi che venga lì?
No.
Non avrebbe potuto vedermi debole, mi sarei tagliata un braccio piuttosto.
C'è ancora il tuo odore sul mio cuscino
Lavalo.
No, mi piace, è come se tu fossi qui con me.

Era di due anni più grande di me, Audrey, disinvolta e sicura mentre attraversava quei corridoi affollati, ed in quel momento desiderai di essere anche io così: semplice
Avrei voluto saper camminare senza star attenta a quante volte le persone mi guardavano, senza dover organizzare ogni mio passo, ogni mio respiro, ogni mio battito di ciglia, di cuore.
Era un po' come se dentro e attorno a me fosse esploso un vulcano, con la paura intensa e costante che divenne la mia alleata numero uno. Io non avevo paura della vita, o delle persone, o del mondo. Non avevo paura di niente tranne che di me. Era una battaglia persa.

"Mi dispiace per prima, di solito non fa così" mi disse Audrey, che mi raggiunse dopo poco pranzo con una sigaretta spenta tra le labbra, me ne accesi una anche io.
Il pranzo era fortunatamente finito, e a me mancava solo due lezioni,le più semplici di tutta la giornata.

"Chi? Beatrice o l'altro?"
Il nervosismo di qualche minuto prima era calato.
Mi giustificai ancora una volta, mi dissi no, non mi ero alzata scortesemente per la paura degli sguardi, sapevo che questa volta non era colpa loro, questa volta il mio comportamento non era altro che la voglia repressa di tenere testa a qualcuno, era solo mancanza. Mi spiego, era all'ordine del giorno per me, per l'unica ragazza in un gruppo di uomini (quello a cui appartenevo prima di trasferirmi a San Diego) dover tenere testa a tutti loro ogni secondo della giornata, tanto che ad un certo punto per me era come un divertimento, sfidarli, fissarli intensamente e farli sentire deboli. E sì, mi mancava tutto quello, ma dovevo lasciarmi il passato alle spalle, ero una nuova persona ora, una con i capelli ordinati, i vestiti stirati e le unghie curate.

"L'altro è Luke, ed è il ragazzo più tenero del mondo credimi. Per quanto riguarda Bea, alcune volte è un po' stronza, ma le parlerò, non preoccuparti tesoro..."
"Non si sembrava così tenero..."
"Devi ancora imparare a conoscerlo, ma di solito non si comporta così credimi"
Mi accarezzò la guancia e chiusi gli occhi, mi persi tra i ricordi che avevo con lei, che lentamente stavano svanendo per il troppo tempo ormai passato dall'ultima volta che ci eravamo incontrare a Chicago, ma comunque qualcosa nel calore della sua mano, nel profumo della sua pelle, mi ricordò terribilmente casa mia.

"... Nessuno ti farà del male qui, ok? Devi fidarti di me. Sei al sicuro, abbassa un po' la tua corazza"

Mi spettinò i capelli e io le sorrisi lieta che avesse pronunciato quelle parole, ne avevo bisogno io, di sentirmi rassicurata, di sapere che viaggiare fino all'altra parte del paese non era stata la peggiore idea della mia vita.

"Quindi... come mai non mi hai detto di essere amica di questa Bea" cambiai argomento oramai più sollevata
"E' una lunga storia"
"Beh, ho quindici minuti prima della prossima lezione"

Da aggiungere alla lista delle mie priorità: comprare una macchina.
Passare un pomeriggio intero tra le calde e affollate strade di San Diego non era il meglio che potessi desiderare, ma il mio bisogno disperato di trovare un lavoro metteva a tacere quella costante voce nella mia testa che mi incitava a tornare a casa.
Dopo l'ultima ora di lezioni ero passata all'ufficio informazioni per un lavoro all'interno del college, ma era chiuso. Quindi avevo deciso di rimboccarmi le maniche e scendere in città.
Era una di quelle giornate calde, senza una nuvola in cielo, una di quelle dove la gente ne approfittava per fare gli ultimi bagni nelle spiagge di periferia, una di quelle mattina che io odiavo tanto, che come quelle ce n'erano poche a Chicago, ma con le quali sapevo che avrei dovuto imparare a conviverci.
Il mio istinto di sopravvivenza continuava a ripetermi che, se non avessi trovato lavoro subito, avrei passato l'intero anno a mangiare in mensa. La cosa mi fece rabbrividire.
Lottai ripetutamente contro i miei capelli che, scompigliati dal vento, non facevano altro che poggiarsi sui miei occhi e mi sentii troppo impacciata tra tutte quelle californiane abbronzate e di quasi due metri.
Però camminare da sola mi fece bene, mi godei il paesaggio, non ero mai stata fuori dall'Illinois, e per me quella era una realtà che solo nei film poteva esistere, vedere le persone camminare tranquille in riva al mare, i turisti scattare foto senza paura che qualcuno si potesse rubare le loro macchinette fotografiche, negozi e brands enormi che neanche sapevo esistessero.
Ce l'avevo fatta, finalmente, ci ero riuscita, ad andare via, a voltare pagina ed iniziare un nuovo capitolo. Nessuno ci avrebbe mai scommesso, neanche la mia famiglia. Se c'eri dentro non ne uscivi mai più, ma io ce l'avevo fatta. Almeno credevo.
Pensai che sarebbe stato carino trovare un lavoro lì, pensai che quella mattina avrei dovuto indossare abiti più leggeri, pensai che forse avrei dovuto fare richiesta di un alloggio all'università e risparmiare di più.
Pensai che ero un casino. Un pesce fuor d'acqua, tra tutta quella gente che mi circondava, le biciclette che di tanto in tanto mi intralciavano la strada, i turisti, i venditori ambulanti, i miei pensieri.
Avevo lasciato il mio curriculum in due discoteche, un ristorante messicano, un negozio di scarpe e in un piccolo chioschetto su una spiaggia solitaria. Pensai tante cose quel pomeriggio, che non mi accorsi di aver trascorso più di quattro intere ore a vagare tra le calde strade affollate a cercare anche un misero impiego, senza però trovare qualcosa realmente.
Diventerai una senzatetto.
Smettila, ti prego. Quella voce era asfissiante, fastidiosa, inopportuna, assillante, oppressiva. Ero io.
Eccolo, un altro particolare che non faceva che rendermi le cose più semplici, la parte migliore di me, quella cosciente, matura, adulta, diligente, ponderata. Avevo imparato negli ultimi anni, sempre grazie a quei famosi tutorial su internet, a riflettere bene prima di fare qualsiasi azione, a considerare ogni punto di vista, a starmene in silenzio e considerare dettagliatamente il da farsi. E negli affari questo modo di agire era il mio tallone d'Achille, ma nella vita privata la mia parte razionale entrava in stand-by, e la Indiana irrazionale e intollerante prendeva il sopravvento, come quella mattina.
Mangiai un hot-dog e mi riposai su una panchina fredda, di fronte alla spiaggia.
Quando ripresi (in parte) il controllo sulle gambe camminai per altri venti minuti sbandando tra il marciapiede e l'asfalto, intraprendendo alcuni vicoli isolati, alla disperata ricerca di qualche bar e, trascinandomi faticosamente dietro i miei passi, mi ritrovai in un piccolo vicolo.
Erano le undici e venti minuti, la luna che brillava in cielo era oscurata dalle palazzine poste troppo vicine per far passare la sua chiara luce, e non c'era illuminazione se non che per le tiepide luci che provenivano dalle case di quei palazzi vecchi, e anche se fin troppo novecenteschi, non facevano altro che dare un'aria ancora più elegante al luogo.
Vidi una piccola luce in fondo alla strada, però. Come se non bastasse perdere il controllo sulla mia mente, perdere il controllo sulle mie gambe sembrava proprio all'ordine del giorno.
Ero stanca e avvilita e rimpiangevo di aver lasciato a casa l'ultimo pacchetto delle mie sigarette.
Nonostante le mie ginocchia fossero sul punto di piegarsi definitivamente e lasciarmi sdraiata lì terra,le gambe mi condussero più avanti, e prima che me ne potessi rendere conto ero vicino ad una grande insegna rossa, fin troppo illuminata. Mi fermai a qualche metro di distanza, lontana dalla piccola fila che si stava creando ad una decina di metri più in là. Era un locale.
Sarebbe scontato dire che non avevo idea del luogo in cui mi trovavo ma, stanca e col fiatone, tornare indietro sui miei passi mi sembrava l'idea peggiore del mondo.
Aveva una grande insegna luminosa sopra l'entrata e costatai molti uomini e donne, vestiti elegantemente, pagare un biglietto.
La mia voglia di mettermi in fila come gli altri era pari alla mia voglia di restare lì, cioè inesistente.
Ma vi era qualcosa lì, in quel posto, forse il leggero chiacchierio di quelle persone o la discreta musica che proveniva dal fondo di quella porta, che mi incitavano a scoprire cosa ci fosse oltre quella fila.
Mi legai i capelli ed ebbi una sorta di illuminazione.
Tutti i locali hanno un'entrata secondaria.
Non mi sembrava difficile come idea, e non avevo neanche il timore di dover scassinare serrature. Ero brava in quello, io.
Dopo un paio di giri attorno al locale senza alcun risultato, le mie gambe doloranti mi imposero di entrare da una finestra piccola e rotta.
Mi legai i capelli meglio i capelli in una coda e mi tolsi le scarpe cercando di fare attenzione a non farmi male con il vetro, mi arrampicai sul bordo della finestra pieno di polvere, poi poggiai i piedi su due scatoloni lì terra e con una strana agilità mi avventai oltre.
La stanza in cui caddi era fredda e buia, mi guardai attorno cercando di capire dove mi trovassi ma il mio tatto constatava solo mobili vecchi e pieni di polvere e scatoloni.
In quel momento non mi soffermai molto sulla finestra rotta. O sullo scarsissimo sistema di sicurezza.
Il mio vecchio cellulare era scarico e imprecai quando non ebbi idea di dove andare.
Saresti dovuta tornare a casa, stupida incosciente.
Allungai le braccia in avanti e iniziai a camminare alla cieca, inciampai su qualcosa, sbattei il gomito contro qualcos'altro, e la mia fronte si schiantò contro una porta.
Una porta!
Lasciai che i miei sensi venissero trasportati dalla musica che proveniva da qualche parte a quella stanza. Quando uscii da lì una sfilza di porte socchiuse mi circondavano formando un lungo corridoio ridotto davvero male, quasi fosse un vecchio hotel ormai dimenticato dal mondo.
Dopo aver attraversato il lungo corridoio, mi ritrovai nel midollo di quel locale.
Passò poco tempo prima di capire bene dove mi trovassi.
Tutto attorno a me luccicava, intense luci rosse illuminavano ammalianti ballerine concentrate nel loro lavoro.
Ero affascinata da quei costumi e da quelle coreografie, quel rosso intenso che mi circondava e ogni cosa mi dava una forte scarica di adrenalina, mi sentivo come fossi finita in qualche strana stanza all'inferno.
Nonostante le mie gambe mi implorassero di sedermi e riposarmi per qualche secondo, la presenza di guardie in ogni angolo di quel enorme locale mi spingeva a nascondermi tra tutte quelle persone che stavano appena entrando.
Vi era un grande palco, chiuso da tende rosse, che dava di fronte a tanti divanetti anch'essi rossi, un piano bar pieno di luci e drink colorati, delle piccole zone private e, in fondo a tutto, riuscivo anche ad intravedere delle piccole sale slot.
Un enorme lampadario di cristallo dalla luce calda illuminava di poco la grande sala, il resto era invece illuminato da luci provenienti dal palco.
Urtai contro qualche cameriere impegnato già ad un indaffarato lavoro.
Tutta quell'eleganze mi confondeva. In genere nei night club non ci si vestiva eleganti, e almeno in quelli dove ero cresciuta io, di donne c'è n'erano davvero poche.
Quando una luce illuminò il palco, pochi istanti dopo, una donna vestita come una Majorette presentò delle ballerine e annunciò l'inizio di alcuni spettacoli di cui non capii il nome.
Mi affascinò il modo in cui quelle ragazze intrattenevano tutti quegli spettatori.
Si muovevano in quel modo, come se tutto dipendesse da loro, come se avessero potuto comandare sull'intero pianeta con uno schiocco di dita.
Le invidiai, un poco. Ma solo per un attimo. Perché io la sapevo la verità. Dove vivevo io, per riuscire a lavorare in un night club dovevi intraprendere una vita difficile, dovevi vedertela con la droga, e la prostituzione. Riuscivi a guadagnare, certo, ma non ci saresti mai più uscita da quella vita.
Mi facevo spazio tra la folla che aumentava ad ogni mio passo, cercavo di guardare sempre oltre, ma le luci,la stanchezza,le gambe tremanti, il mio misero metro e sessantasette di altezza non mi concedeva una lucida visuale di ciò che vi era dinanzi a me.
Un petto già sudato e freddo fermò i miei passi, mentre ero più intenta a guardare lo spettacolo piuttosto che chi c'era avanti a me, mi bloccai all'improvviso.
"Scusami." Dissi al ragazzo che urtai, uno con la maglia bianca e i capelli impregnati dal sudore.
Il suo volto pallido era leggermente illuminato di rosso e poi blu e poi dei vari colori che, trasmessi dalle luci sul palco, coloravano la sala.
Serrò la mascella in maniera rude guardandomi per un istante sfuggente e poi, qualche battito di cuore dopo, senza rispondermi mi spinse brutalmente a quasi tre passi più in là.
"Vaffanculo" Gli urlai tra la folla che si accalcava man mano
Mi avvicinai poi al bar sedendomi su uno sgabello di pelle rossa.
Tutti i camerieri andavano avanti e indietro con ordinazioni su ordinazioni, senza fermarsi.
"Ti sei persa?"
La barista sembrava esperta nel suo lavoro
"In effetti, sì."
Sorrise e continuò a versare drink.
"Ce l'hai il pass?"
La guardai confusa e il mio sguardo rispose alla sua domanda
"Non puoi stare qui senza pass."
Parlava come se la cosa non le interessasse minimamente.
"E' solo che... E' tutto così bello qui"
Sorrise.
Mi passò un bicchierino con una qualche strana e alcolica sostanza gialla.
"Te lo offro io, ma dopo è meglio che tu vada via."
Le sorrisi amichevolmente ma non assaggiai neanche un po' di quella sostanza.
"Come mai qui sono tutti vestiti eleganti?"
"È la notte dei ritrovi, non lo sai?"
No.
"Ora credo che dovresti andare, altrimenti... "
"Qualcuno potrebbe chiamare la sorveglianza." Una voce maschile interruppe la nostra conversazione.
Mi girai di scatto e pregai mentalmente di non finire nei guai.

AYAYAY! Ecco il nuovo capitolo, un po' corto, ma tra l'altro è un pilot! Cos'è questo locale in cui si è imbattuta la nostra Indiana? È davvero un night club? O è solo il frutto di questa sua insistente paranoia?
Se vi va, e se il capitolo vi è piaciuto, please please please, lasciatemi un messaggino. All prossima

Ps all'inizio di ogni capitolo pubblicherò un piccolo spoiler dei prossimi capitoli❤️

Scars - Sotto la mia pelle Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora