19. Dolore

2.6K 242 59
                                    

N.a Nuovo capitolo a pochi minuti dalla mezzanotte, ma posso già considerarlo mercoledì. Spero che vi piaccia, fatemi sapere cosa ne pensate. A presto

-Marti

*


La mia guancia preme contro il pavimento freddo. Sento solo il rumore del vento che spiffera sotto le finestre del pianerottolo. E' come se fosse un piccolo sussurro, che mi smuove qualche ciocca di capelli. Non ho neanche la forza di percorrere le scale e tornare a casa. E' come se il mio corpo fosse costretto dalla stessa gravità a rimanere inerme, ancorato al pavimento. Non piango neanche. Me ne sto lì, steso su un pavimento impolverato, avvolto dal mio disgustoso dolore.

Ma non faccio nulla.

C'è un lieve odore di pioggia, deve aver piovuto. Amo quest'odore.

Sono le sei del mattino.

Due ore fa casa di Mattia si è blindata.

E lo rivedrò più Mattia? Forse no.

Se chiudo gli occhi vedo di nuovo la linea morbida delle sue braccia. La carne bianca e delicata dei polsi che spunta dalle maniche del suo maglione grigio e slargato. Quel maglione più grande di lui che nascondeva tutte le sue paure. Come se fosse una corazza.

E neanche io potevo vederle, erano nascoste sotto il cotone.

Ma la sua paura più grande, l'avevo conosciuta poche ore fa. Suo padre.

Ricordo che poche ore prima la porta della sua stanza si era spalancata ed era entrato un odore acuto, pungente che si mescolava a quello di chiuso e di umidità della sua stanza.

Suo padre era entrato barcollando. Era pallido, i capelli gli ricadevano sulla fronte in ciocche unte e aveva due occhiaie che sembravano ustioni.

Mattia si era raggomitolato su sé stesso e aveva balbettato «Papà...»

Io stavo lì premuto contro il muro, con gli occhi spalancati. Avevo più paura di lui.

«Che ci fai con questa checca a letto?» sbottò, urlando per la rabbia. Aveva la canottiera bianca macchiata di vino scadente, e i jeans bucati e logori.

Mattia si alzò in piedi e si parò davanti a me. Voleva proteggermi.

«Stavo dormendo» sussurrò, ma la sua voce era così bassa che sembrava un sibilo.

Vidi l'uomo stringere gli occhi e grugnire per la rabbia.

«Con un MASCHIO!» gridò, buttando a terra la lampada che stava sul comodino.

Mattia sussultò. Stava per scatenarsi l'ennesima lite. Suo padre gli arrivò ad un palmo dal viso ed io riuscivo a sentire la puzza di alchool del suo alito da pochi metri di distanza.

«Papà, hai bevuto, torna a letto» mormorò toccandogli il braccio.

«Ho bevuto? Che cazzo dici, ho bevuto io?» si rigirò come un serpente, ma Mattia riuscì a spostarsi prima che la mano aperta di suo padre si abbattesse sulla sua faccia.

Quello perse l'equilibrio e dovette aggrapparsi al bordo del letto per non finire a terra. Quando alzò lo sguardo incontrò il mio impaurito. Quell'uomo era destabilizzante. Le iridi azzurrine erano arrossate, come se fossero iniettate di sangue.

«E' un finocchio. Guardalo!» gridò indicandomi.

Il fatto che Mattia fosse riuscito a schivare il suo colpo lo riempì di rabbia. Si alzò, lo afferrò per il maglione e lo tirò a sé.

La misura di tutte le cose - Vol. IDove le storie prendono vita. Scoprilo ora