5. Wildcats

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Evan

Sfortunatamente, non so gestire emozioni del genere. Infatti non capivo precisamente il perché della mia reazione e il come una ragazza potesse essere così bella. I capelli erano bianchi, fino a prova contraria tinti, e i suoi occhi erano azzurri, solo un po' più scuri di quelli dei fratelli. Era circa 6-7 cm più bassa dei gemelli e almeno 12 cm più bassa di me.
Per i primi secondi, i miei occhi rimasero impiantati nei suoi, lei che mi tendeva sempre la mano.
Fortunatamente mi ripresi velocemente e gliela strinsi senza mostrare troppo interesse.
《Piacere, Evan.》
《Chiara.》
Mi rispose lei, non distogliendo come me lo sguardo dai miei occhi con un leggero sorriso. La stretta di mano durò poco, e dopo qualche tentativo riuscii e mettere in moto il cervello. Ma non completamente, anzi, il contrario, perché appena distolsi lo sguardo tornando a guardare i gemelli, mi uscirono di bocca parole di cui mi sorpresi apertamente.
《Siete nella squadra di football?》
Mi pentì. Subito. Anzi, durante. Infatti la parola "football" mi uscì vagamente strozzata, così improvvisai un colpo di tosse. I Rossi sembravano scossi, come se avessi chiesto una cosa proibita.
《Veramente...》
Incominciò a dire Edoardo, ma fu interrotto dalla sorella che alzò di poco il palmo della mano.
《Veramente fanno schifo a football. Sono più bravi a calcio e giocano entrambi nella squadra. E poi, solo i più bravi e i meno intimiditi riescono ad entrare in quella di football. -Mi guardò, facendo una breve pausa- Dovresti essere Dio per riuscire ad entrare, comunque. La squadra è al completo da metà dell'anno scorso e non rimpiazzeranno i "VIP" della scuola con, senza offesa, il nuovo arrivato.》
Mia sorella rise appena e io la seguì subito dopo averla guardata. E so anche cosa pensava. Io ero molto più bravo di Dio (e anche del Diavolo) negli sport. E non c'è da stupirsene, perché a loro non interessava assolutamente niente dello sport in generale, a loro importava battere l'altro. Le partite a football, calcio, basket e pallavolo erano assolutamente fantastiche. Non per vantarmi, ma ero il migliore in tutto.
《Credo che ce la potrà fare.》
Disse mia sorella guardandomi, teneva una mano sulla pancia come a voler bloccare la risata. Conoscevo quello sguardo. Era come se mi dicesse "Grazie, hai finalmente deciso di fare il normale ed ascoltarmi." Alzai le spalle e guardai la ragazza dai capelli bianchi.
《Credo che ci proverò. È stato un piacere, comunque, ma credo che ci sia ancora molto da vedere qui a scuola.》
I gemelli annuirono in silenzio, forse intimiditi dalla mia sicurezza nell'essere bravo a giocare a football e proseguirono. Mia sorella salutò Chiara amichevolmente. Io rimasi un attimo di troppo a guardare la ragazza e decisi di reprimere quello che sentivo e dare spazio alla mia vera personalità.
《Non avere paura. Quando sarò in squadra, non farò male a nessuno.》
Lei mi guardò alzando un sopracciglio e prima che potesse ribattere sorrisi divertito e mi incamminai, seguendo gli altri.
Misi le mani nelle tasche dei pantaloni.
Mi insultai mentalmente. Non dovevo permettere alla mia parte cattiva di prendere il sopravvento. Sbuffai, frustrato, e decisi di raggiungere a passo veloce gli altri. Mia sorella mi lanciò uno sguardo di ammonimento, probabilmente aveva sentito. Sospirai e abbassai lo sguardo, affiancando Edoardo (o Riccardo. Non ne ero certo, non mi ricordo quale dei due aveva i pantaloni strappati).
《Oggi pomeriggio hanno l'allenamento. Ti possiamo portare lì in modo da farti parlare con l'allenatore.》
Mi disse il gemello a fianco a me e l'altro continuò la frase.
《Edo ha ragione. Il coach è una brava persona, ma è molto competitivo. Prende solo i migliori. Ed ora, la squadra è formata per la maggior parte da ragazzi di quest'anno e dell'ultimo.》
C'erano due aspetti, uno positivo e uno negativo. Il primo, era che avevo azzeccato i gemelli. Il secondo, era che non avevo nessuno voglia di entrare in una squadra di sconosciuti dove mi avrebbero sicuramente preso di mira per aver soffiato il posto a qualcun altro. Non che non potessi reggere quella gente, solo che mi sarei annoiato parecchio.
Annuì, poco convinto, guardando i ragazzi entrare a flotte nelle apposite classi.
Ero curioso di sapere chi faceva parte della squadra di football.

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Mi facevo guidare dai gemelli che mi affiancavano ai lati. Erano molto simpatici e gentili. A pranzo avevamo mangiato insieme, sotto gli sguardi incuriositi degli altri studenti. Dietro di noi, mia sorella parlava con Chiara, la quale aveva insistito per vedermi "fallire". Forse era convinta che stessi scherzando. Ma non era così.
Arrivammo al campo e subito il mio sguardo finì su un gruppetto riunito di ragazzi, che si passava il pallone giocherellando. Uno di questi, appena notati i gemelli, fece uno strano sorriso. Capii immediatamente quello che aveva in mente.
Lanciò il pallone marrone e ovale a grande velocità, contro di noi, mirato a uno dei gemelli. D'istinto tesi la mano in avanti a lo bloccai, giusto prima che arrivasse dritto in faccia a Riccardo. Tutta la squadra si voltò a guardami, alcuni con le bocche spalancate come i tre fratelli accanto a me, il lanciatore con una faccia stupita e abbastanza innversita, arrabbiata. Il coach fece un fischio, come se avesse appena visto un unicorno. Senza distogliere lo sguardo da me, che a mia volta guardavo il pallone, parlò ai gemelli.
《Rossi... Rossi vi prego, ditemi che questo ragazzo è dei nostri .》
Sorrisi quasi di scherno, ma non ero rivolto al coach: il mio sguardo scivolò dal pallone al ragazzo che aveva provato a fare del male a Riccardo. Poggiai lo zaino a terra, poi scossi appena la testa. Lanciai uno sguardo ai pali, prendendo le misure, poi tornai a guardare il ragazzo.
《Fammi indovinare, ti credi pure divertente, non è così?》
Dissi con un sorriso freddo, continuando a guardarlo.
Ci trovamo esattamente a bordo campo, a metà. Era l'entrata principale dalle gradinate e arrivava dritta al campo. Allungai il braccio davanti a me e, senza distogliere lo sguardo dal tipo, lasciai cadere il pallone, tirando poi un calcio ad esso che gli fece fendere senza problemi l'aria in mezzo ai pali.
Tutti mi guardavano straniti, come se nessuno avesse mai visto una cosa del genere. E in effetti, era un po' disumano. Ma non m'importava. Continuai a camminare lentamente verso di lui, fino ad arrivargli davanti.
《Attenti alle tue prossime mosse.》
Sussurrai a denti stretti, continuando a guardarlo negli occhi, ma prima che lui potesse ribattere sentii una mano premere sul mio petto e spingermi il più delicatamente possibile indietro, facendo lo stesso con l'altro ragazzo. Ero già pronto a sbottare contro mia sorella quando mi accorsi che non era lei. Un ragazzo biondo molto più basso di me si era messo tra noi, e sembrava ci avesse diviso non per sicurezza, ma per riuscire a vedere meglio il coach, dal quale non riusciva a distogliere lo sguardo su visibilmente stupito.
《Sono il nuovo arrivato.》
Ruppi il silenzio, dove sembrava che nessuno respirasse. Qualcuno doveva farlo.
Guardai il coach che indicava senza parole me e poi i pali, facendo passare lo sguardi dall'uno all'altro, finendo poi a guardare fisso il buono. Sembrava sul punto du scoppiare a piangere dalla gioia. E io stavo morendo dalla voglia di morire. Odiavo quella situazione, dove tutti i giocatori, titolari e riserve, mi guardavano.
Ripresi lo zaino da terra cercando di essere il più disinvolto possibile. Il mio sguardo finì su quello di mia sorella e forse, per la prima volta nella mia vita, non riuscì a descifrarlo.
《Coach, voglio assolutamente questo ragazzo in squadra- disse il ragazzo biondo, il che mi fece voltare verso di lui, il quale mi sorrise- Sono Rusty Ryder, amico. E, al diavolo, tu sei nella mia squadra. Non mi interessa cosa tu voglia. Hai preso quella maledetta palla e...》
Gesticolò con le mani verso i pali. Il coach si riprese proprio in quel momento, come svegliato da quei gesti veloci.
《Tu...Ryder, vieni nel mio ufficio a fine allenamento. Recupera il ragazzo -Mi indicò- e porta anche lui. Ora tornate al lavoro, tutti!》
Il coach batté le mani e velocemente tutti tornarono al loro posto, lanciandomi occhiate truci, soprattutto il fighetto. Rusty mi diede una pacca sulla spalla e mi fece l'occhiolino prima di sparire con gli altri. Il coach mi guardò e accennò un sorriso, poi tornò a urlare insulti ai suoi giocatori.
Avevo il presentimento che da quell'anno avrei odiato il football.

Shared Souls: A New LifeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora