𝐂𝐀𝐏𝐈𝐓𝐎𝐋𝐎 𝟏

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Canzone del capitolo: What The Hell (Avril Lavigne)

Lo snervante e insistente suono della sveglia rimbomba nella stanza. Controvoglia scanso via le calde coperte che fino a poco fa mi avvolgevano morbide, e mi stiracchio.

Apro le persiane. Nuvole cineree sovrastano Boston mentre un venticello pungente muove qualche ciocca dei miei capelli, solleticandomi le guance.

Mentre attendo pazientemente che l'acqua per il caffè vada in ebollizione, sblocco il cellulare e rispondo a un paio di messaggi. Quando finisco, sbadiglio di nuovo e mi stiracchio.

«Buongiorno.»

«Buongio...», mi volto bloccandomi a metà; osservo sorpresa lo sconosciuto fermo sull'uscio della porta.

Perché uno sconosciuto, per giunta mezzo nudo, sta tranquillamente girovagando nel mio appartamento? Non di nuovo.

«Adoro il profumo di caffè» commenta piegando il corpo muscoloso per sbirciare alle mie spalle.

«Scusa, tu chi saresti?» gli chiedo squadrandolo con occhi torvi, incrociando le braccia. Qui c'entra palesemente Luke.

«Un amico di Luke.»

Sì, certo... amico!

Mi rigiro di nuovo, intenzionata a finire di preparare la mia colazione. Decido di offrire una tazza di caffè anche al quindicesimo o sedicesimo ragazzo che ha varcato la soglia di casa per fare sesso con il mio coinquilino.

Lo sconosciuto, di cui ancora non so il nome, mi ringrazia, ammutolendosi subito dopo per l'imbarazzo. È evidente che credeva che Luke abitasse da solo.

Parli del diavolo...

Il mio amico ci bea della sua presenza, entrando in cucina. Prova a pronunciare un "Giorno", ma dalla sua bocca esce solamente un lungo sbadiglio.

Si avvicina a me e – come di routine – mi lascia un bacio sulla guancia nella più totale calma.

Gli scocco un'occhiata colma di disapprovazione, ma lui finge di non vederla e prende una tazza per versarsi il caffè.

Guardo l'orario sul display. Bene, ho ancora del tempo per fare una rapida doccia. Saluto lo sconosciuto, che scopro chiamarsi Simone, e corro in bagno. Dopo di che mi vesto.

Esco dalla camera con i libri della lezione di oggi in mano.

«Eccola qua la mia bellissima Cocco Girl» dice Luke.

«Solo perché mi piace il profumo del cocco, non hai il diritto di affibbiarmi nomignoli del genere» dibatto in mia difesa guardandolo di sbieco, acciuffando la borsa dall'appendiabiti.

«La tua è un'ossessione, mia cara» ribatte seduto sul divano mentre fa zapping in TV.

«Le tue sono solo idiozie!»

«Solo tu puoi avere bagnoschiuma, shampoo e profumi al cocco» ghigna.

Decido di cambiare discorso: «Allora, dove si nasconde il ragazzo in boxer?».

«Il suo nome è Simone», mi fulmina con lo sguardo per poi proseguire. «È dovuto scappare al lavoro, ma ti saluta», si blocca ancora una volta e si tocca la barba ispida, come volesse ripescare un pensiero che gli è sfuggito. «Ah... mi ricorda di dirti che il tuo caffè è ottimo.»

L'ha chiamato per nome. È più di quanto mi aspettassi da lui. Solitamente non ricorda nemmeno l'esatto aspetto dei ragazzi con cui ha passato la notte.

«Cosa farai con Simone?» gli chiedo speranzosa. Metto il giubbotto di pelle e prendo le chiavi di casa dal tavolino.

Luke fa spallucce. «Pensavo di chiamarlo per la pausa pranzo e invitarlo a uscire.»

Esulto dentro di me. Questa potrebbe essere la volta buona per aprire qualcos'altro oltre alla zip dei suoi pantaloni. Lo saluto, scivolo fuori dalla porta sbattendomela alle spalle. Sono troppo persa nel mio mondo per farci anche solo caso.

Prendo posto in aula di statistica, chino il capo sul quaderno e inizio a prendere appunti. Faccio lo stesso anche per le altre tre lezioni successive.

Finita anche l'ultima esco, rispondendo alla chiamata della mia migliore amica.

"Sono giù che ti aspetto" mi informa Arden con voce nasale.

"Arrivo" dico.

In pochi minuti mi ritrovo all'esterno. Il suono di un clacson attira la mia attenzione. Entro nella Mercedes nuova di zecca.

«Ehi Cocco Girl, finalmente!», mi saluta con un sorriso gioviale mentre chiudo la portiera.

«Non ti ci mettere pure tu» la rimprovero.

«È orecchiabile» si giustifica lei.

La ignoro. «Che fine ha fatto la Mini

«L'ho ceduta al mio fratellino e io mi sono comprata questa bellezza», mi risponde accarezzando il manubrio con dolcezza, mandandogli un bacio.

Tossisce un po' e si stringe la sciarpa al collo.

«Ottima scelta», commento concordando con lei. «Comunque, sto morendo di fame», mi lamento e come se mi avesse sentito, lo stomaco si mette a brontolare.

Ci guardiamo e annunciamo nello stesso istante il nostro posto preferito: Marco's.

«Come va con Theo?» le chiedo incrociando le mani sotto al mento. La osservo attentamente.

Scuote la testa, sballottando la coda a destra e a sinistra; il broncio si fa strada sulle labbra pronunciate. «Come vuoi che vada? È un vero idiota! Litighiamo ogni due per tre per delle stupidaggini. Fortuna che non viviamo insieme, se no lo avrei già buttato fuori di casa» sputa stizzita.

«Arden, sai com'è fatto Theo. È un tipo che scherza», tento di calmarle l'animo frustrato intanto che divoro i tacos, sporcandomi di salsa la guancia.

«Certo che sì, allo stesso modo in cui scherzava alle superiori. Non è cambiato di una virgola. È rimasto lo stesso immaturo di sempre... Ed è proprio per questo che ho deciso di prendermi una pausa da lui» aggiunge infine.

«Che?», mi va quasi di traverso l'acqua che sto bevendo.

«Hai sentito bene. Io non riesco più ad andare avanti in questo modo. Per quanto ne so, non gli piaccio più» replica. Quando provo a controbattere non me lo permette, chiudendosi a riccio come solo lei sa fare.

«Ma parliamo di te: domani inizia il tuo tirocinio» dice portandosi alla bocca una grossa fetta di pizza. Annuisco, tremando al solo pensiero.

«Sono tesa come una corda di violino» commento.

«Ma davvero? Non si nota affatto» scherza la mora, ricevendo in cambio un'occhiataccia dalla sottoscritta. «Andrà benissimo. Sei una donna brillante. Ti manca solo un po' di fiducia in te stessa» dichiara con sicurezza, strizzandomi l'occhio.

Peccato che io non mi veda così brillante come da lei affermato. Mi limito a un cenno e lei prosegue con le domande.

«In quale azienda lo svolgerai?»

«Mi hanno informata stamattina. La Miller Enterprise

Arden fa un lungo fischio che fa voltare un paio di persone nella nostra direzione. «Amica mia, la Miller Enterprise? È una delle aziende più conosciute a livello internazionale. La più grande di Boston. E Boston è davvero molto grande.»

Rido dal nervoso. «Così mi agiti di più.»

Nel frattempo dovrò dare anche altri due esami. Sarà difficile conciliare lavoro, studio e stage.

«Hai già un completo?»

Ci rifletto su intanto che finisco di masticare. «Sì, dovrei averne qualcuno nell'armadio.»

«Gonna o pantaloni?»

«Indubbiamente pantaloni» asserisco.

Arden muove la testa in segno di dissenso.

Non mi importa. Non ho voglia di mettermi una gonna.

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