Prologo

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È mezzanotte ed il silenzio della casa mi costringe ad ascoltare i battiti veloci del mio cuore. So che verrà,  so che la tranquillità non durerà a lungo.

Sento la porta dell'entrata aprirsi. E' qui, lo so! I suoi scarponi si sentono dal fondo della mia stanza. Cammina pesantemente, sento un vaso sul tavolino del salotto rompersi. E' caduto di nuovo. Quanto resisterà ancora  quel tavolino di legno?

La mamma non è qui, sta ancora lavorando e  questo mi spaventa ancora di più. Si infurierà, la colpirà di nuovo, la umilierà, le urlerà come un matto. Non lo sopporto più! Voglio andarmene da qui.

Mi nascondo il corpo sotto la soffice coperta rosa. Tremo! Ho paura di lui e non lo voglio qui.

C'è di nuovo silenzio, tiro fuori la testa da sotto la coperta per assicurarmi che nessuno mi farà del male. Il suo odore puzzolente arriva fin qua. Probabilmente si è addormentato. Sarebbe meglio, no?

La porta dell'entrata cigola di nuovo. È mamma! Sento i suoi passi lenti e poi la borsa posarsi sul tavolo della cucina. Lo evita, pure lei ha paura di lui.

Ho studiato qualsiasi loro movimento. Lui viene affogato di alcol, cade, bestemmia e spacca qualcosa. La mamma arriva dopo poco tempo, entra piano e posa sempre la borsa sul tavolino della cucina, lo fa per evitarlo, evitare una nuova lite. Mi sono stancata di lui e del suo comportamento da malato psichico.

Sento i passi della mamma sulle scale di legno che cigolano piano. Noo! Questo lo sveglierà! Mi viene da urlare per avvisarla, ma non posso farlo, non posso fare niente.

La porta della mia camera si apre e la mamma accende la  luce. Mi sorride! Il livido di due giorni fa è quasi guarito, ma è ancora mascherata di fondotinta.

«Non ti sei ancora addormentata amore?» chiede lei quando si siede sul margine del letto e mi accarezza i capelli.

«Non ci sono riuscita, il buio, il silenzio e la solitudine mi terrorizzano» ammetto e lei sospira.

«Tutto...»

Non riesce a finire che il suo grido mi spaventa, gli occhi mi si riempiono di lacrime quando vedo come le tira i capelli. Lei grida, ma a lui non interessa. La tira fuori dalla camera ed io corro dietro di loro. La schiena della mamma fa un brusco contatto col muro della casa e a me quasi manca il respiro.

Scende le scale veloce, la sua mano è ancora bloccata tra i capelli castani della mamma. Grida quando la butta a terra ed io rimango bloccata sull'ultima scala. La colpisce di nuovo. Il suo piede fa un contatto doloroso con l' addome della mamma. 

«Troia di merda!» grida  prendendola di nuovo dai capelli.

«Dove sei stata? Te la sei tirata di nuovo con quel coglione?» dice ed io chiudo gli occhi quando il suo grande palmo sbatte sulla guancia della mamma.

«Rispondi!»  grida di nuovo e per me è già troppo.

I passi mi portano verso la cucina e prendo il coltello grande che giace sul tavolo. Non ragiono più, la mia mente è coperta dal dolore dell'anima. Devo difendere mia madre!

Lo vedo come apre la bottiglia di riserva che ha sempre in casa. Beve un sorso poi si gira verso di me. Sto davanti alla mamma e lo guardo con odio. So che è uno sbaglio, ma lui non è mio padre. E' solo un uomo mascalzone che non mi ha portato altro che sofferenza nella mia vita. 

«Cosa credi di farci con quello?» Mi chiede ed io faccio un passo indietro.

Guardo la mamma che sputa  sangue e geme di dolore, ciò mi basta per prendere coraggio.

GILDADove le storie prendono vita. Scoprilo ora