Capitolo XIX - Il ritorno di Corvin al castello di Belley

17 2 0
                                    

Il Santo Natale era trascorso sereno al castello d'Innimond e la neve, caduta ancora, caratterizzava ancor più e dolcemente l'atmosfera natalizia. Corvin, durante il periodo natalizio, si era sforzato di apparire tranquillo. Aveva messo tutta la sua buona volontà per non pensare più alla minaccia di Ogier, ma soprattutto a quella del conte di Cessens. Cacciava le preoccupazioni e le ansie che gli procuravano quelle minacce lasciandosi invadere dalla piacevole soddisfazione di vedere un progressivo miglioramento della salute di suo padre: è, infatti, proprio nel giorno di Natale, mentre banchettava in compagnia dei suoi e di alcuni cavalieri del castello, si era rallegrato molto nel constatare che suo padre si era completamente ristabilito. L'anziano barone, ora non era più costretto a passare le sue giornate a letto, chiuso notte e giorno nella sua stanza, con grande gioia di tutti i presenti.
Anche al castello di Belley, le festività erano trascorse in modo sereno. Il conte Clert sembrava quasi avesse dimenticato il giorno del diverbio tra Corvin e suo nipote avvenuto pochi giorni prima. Aveva trascorso il Natale allegramente, in compagnia dei figli e del cavalier Valdemar; nessuno di loro aveva commentato in merito la lite di Ogier, come se tale disdicevole episodio non meritasse rilievo e importanza. D'altra parte il conte Clert procedeva sulla strada della guarigione: Arture e Isabelle erano molto lieti nel constatare che ormai le difficoltà respiratorie del padre erano diminuite d'intensita' e frequenza. La tosse, ormai lieve e sporadica, lasciava presagire un'ottima risoluzione della malattia; la visita del dottor Davenport, prevista prima dell'Epifania, era, secondo il conte e la sua famiglia, una semplice conferma.
Il conte non aspettava altro che questa conferma: avrebbe potuto così intraprendere subito il viaggio alla volta di Cessens, per andare a trovare il suo amico.
Solo per Ogier, a Marignieu, dopo il ritorno al castello dalla visita al conte di Cessens, l'avvento del Natale non era stato sereno, sebbene suo padre si fosse ripreso dalla brutta caduta da cavallo, durante una battuta di caccia di qualche mese prima.
Tra Ogier e suo padre, un uomo dal carattere solitario, non c'era intesa e questo da molto tempo.
In passato Ogier si era prodigato in più modi per instaurare un buon rapporto con il padre, ma invano. Il barone, non si era mai rassegnato alla morte della madre di Ogier, avvenuta dieci anni fa per una grave malattia infettiva. Per lenire il suo dolore, si dedicava, quasi come un'ossessione a battute di caccia o si allontanava spesso dal castello per lunghe passeggiate a cavallo trascurando Ogier. Non era per nulla improbabile che a volte passassero giorni senza che il barone vedesse il figlio.
Ogier soffrì molto per la perdita della cara madre e la sofferenza ancor più era aggravata dall'assenza di attenzioni da parte del padre. Dopo la morte della madre, il barone, incapace di seguire il figlio, lo aveva affidato alle cure della sorella Helene che viveva da diversi anni a Belley, andata sposa al conte Clert.
Così privato nella fanciullezza dell'affetto della madre e cresciuto trascurato dal padre che vedeva raramente da quando era andato a stabilirsi dalla zia a Belley, Ogier in certi momenti, avvertiva un sordo e inconscio rancore verso il padre, che lo aveva allontanato da lui. L'affetto della zia Helene, dei cugini Arture e Isabelle e del conte Clert, non bastavano a colmare il vuoto che sentiva dentro di sé per la lontananza del padre.
Anche ora in quei giorni di Natale il padre, preferiva stare solo, senza comunicare con il figlio, Ogier così quei giorni li trascorse, com'era prevedibile, chiuso nel suo alloggio. E in questi stessi giorni di festa, il giovane, chiuso nella sua stanza, in completa solitudine, continuò a pensare a Corvin. Ricordò che quando era ragazzo, sentiva amicizia per lui quando veniva al castello di Belley per prendere lezioni di spada dal cavalier Valdemar ma ora lo odiava molto perché gli aveva portato via la cugina Isabelle, l'unica 'cosa bella' che gli era rimasta e su cui aveva alimentato (anche quasi a compensare l'amore che aveva perso prima della madre e poi dalla zia) un'intensa speranza d'amore perenne e per tutta la sua vita.
Per questo egli aspettava con ansia l'arrivo dell'anno nuovo, aspettava la sfida imminente che sarebbe avvenuta a giorni tra il conte di Cessens e Corvin, suo odiato rivale. Per colpa sua, rimugino' tra sé, non poteva più sperare nell'amore d'Isabelle; per questo egli desiderava più che mai, senza provare alcun rimorso o turbamento la sua morte. Se questa fosse avvenuta per opera del conte Modain, che aveva fama d'essere un cavaliere molto abile nell'uso della spada, forse con il tempo avrebbe potuto sperare di conquistare il cuore di Isabelle.
L'ultimo giorno dell'anno era arrivato a Innimond.
Era ancora notte fonda quando Corvin lasciò il castello per andare a Belley, come aveva promesso al cavalier Valdemar. Aveva abbracciato con tenerezza la madre nel tentativo di placare le sue ansie e preoccupazioni, assicurato il padre che avrebbe seguito il suo consiglio di andare con due uomini di scorta e si era avviato in fretta, con i due soldati alla volta di Belley. Anche questa volta Corvin notò , mentre si allontanava, che la neve era caduta solamente a Innimond, sulla strada per Belley non c'era traccia.
L'alba era appena spuntata da pochi istanti, quando i tre giunsero al castello del conte Clert. La prima persona che Corvin incontrò dopo le guardie mentre entrava nel castello, fu Arture, che alzatosi di buon'ora, lo stava aspettando. L'amico lo informò che il cavalier Valdemar era già pronto per partire e lo attendeva nei pressi delle scuderie.
Corvin, nel recarsi subito in quel luogo in compagnia di Arture, incontrò anche Isabelle: entrambi avvertirono un'attrazione irresistibile e il bisogno di abbracciarsi fortemente in quel momento, ma di fronte a Arture si limitarono a scambiarsi sguardi intensi e ardenti. Il giovane raccomando' all'amata di salutare suo padre che riposava ancora; poi salutò Isabelle e Arture calorosamente e con i due soldati si diresse alle scuderie, dove vide subito il cavalier Valdemar.
Pochi istanti dopo, il gruppo si diresse alla strada che conduceva a Grenoble. Corvin notò subito che l'aria di quell'ultima mattina dell'anno, era piuttosto gelida. A tratti, lungo il percorso apparivano banchi di nebbia, ma tutti si sentivano fortunati perché, al contrario di Innimond, non c'era nessuna traccia di neve dunque potevano procedere tranquillamente. Data l'ora mattutina, durante il viaggio non incrociarono nessuno.
Dopo aver fatto qualche miglio, Corvin sentì il desiderio di confidarsi con il cavalier Valdemar, riguardo alla minaccia ricevuta dal conte di Cessens.
<<Maestro - gridò ad alta voce quasi a voler farsi sentire non solo dal cavalier Valdemar che gli cavalcava a fianco, ma anche dai suoi soldati che cavalcavano dietro di lui, - Il conte Clert, quando giorni fa gli ho fatto visita a Belley, mi ha informato delle minacce del padre di Maurice nei miei confronti per vendicare la morte di suo figlio.>>
<<Lo so Corvin>> rispose a voce alta l'anziano cavaliere.
<<Ditemi vi prego, voi cosa ne pensate?>>
Il cavalier Valdemar socchiuse gli occhi come intento a ricercare le parole adatte e, dopo qualche istante di silenzio, avvicinatosi ancor più, all'altezza della spalla di Corvin, disse:
<<Corvin, conosco abbastanza bene il conte di Cessens. L'ho visto più volte qui al castello prima che il conte Clert partisse per la Terra Santa. Lui è il mio signore erano amici da molti anni; quando veniva a Belley per fare visita al suo vecchio amico, spesso si fermava per qualche giorno, ospite al castello. Tu Corvin quando venivi da me per prendere lezioni di spada, non avevi mai visto il conte di Cessens.>>
<<Sì, è vero! Da ragazzo quando venivo, non ho mai avuto l'occasione d'incontrarlo.>>
<<Dopo la morte di Maurice - riprese il cavalier Valdemar - avevo sentito dire da alcuni suoi soldati che conoscevo, che voleva vendicarsi. Mi dissero allora, che il conte era come impazzito dal dolore, che mormorava frasi sconnesse; del resto era più che comprensibile il suo stato d'animo in quel momento. Recentemente uno di quegli stessi soldati mi ha riferito che il conte, sebbene abbia smesso le sue escandescenze, le sue manifestazioni d'ira improvvisa e gesti inconsulti, tuttavia sembra non abbia ancora abbandonato l'idea dei suoi propositi di vendetta. Da notare che il conte di Cessens è conosciuto come un nobile valoroso e degno d'onore. Se il tuo timore è dovuto al fatto che proseguendo nel nostro viaggio, potremmo essere attaccati dagli uomini del conte, il tuo timore è infondato. È pur vero che tra poche miglia dovremmo attraversare obbligatoriamente un bosco: ciò potrebbe essere un'occasione e un luogo ideale per un'aggressione o un agguato improvviso, ma questo non deve essere la tua preoccupazione.
<<Voi pensate quindi maestro che non subiremo un'imboscata?>>
<Assolutamente no! Stai tranquillo, non c'è nessun pericolo per noi; il conte vorrà pure vendicarsi, ma non penso in questo modo, così sleale. Non credo che voglia attuare la sua vendetta attaccandoci, con i suoi uomini, in posti isolati; se avessi avuto il minimo dubbio, sulle intenzioni poco leali del conte di Cessens, non ti avrei chiesto di accompagnarmi, conoscendo il percorso per andare a Grenoble che, proprio perché a tratti isolato, può essere vantaggioso e idoneo per imboscate, agguati, insidie.>>
Le parole del suo vecchio maestro d'arme, furono per Corvin rassicuranti; il giovane temeva che in caso di attacco da parte del conte e dei suoi uomini, non avrebbero avuto scampo, per loro sarebbero state molto poche le probabilità di sopravvivere perché erano solo in quattro.
Continuarono così tranquillamente il viaggio, tutti quanti rassicurati per quanto affermato dal cavalier Valdemar. Di tanto in tanto, i quattro viaggiatori, spronavano i cavalli, ora al trotto, ora al passo, ora al galoppo.

Corvin il cavaliere solitarioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora