Capitolo XX - L'arrivo di Corvin e Valdemar a Grenoble

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Corvin e gli altri cavalieri arrivarono nelle vicinanze di Grenoble nel tardo pomeriggio, dopo più di otto ore a cavallo. Durante il percorso si erano fermati una sola volta. Avevano fatto una breve sosta, in una locanda del piccolo villaggio di Meylan, a circa quattro miglia da Grenoble per mangiare un boccone. Il viaggio da Belley era stato più che tranquillo lungo tutto il percorso. Il cavalier Valdemar non si era sbagliato, il conte Modain non aveva teso alcuna imboscata.
Arrivati all'entrata della cittadina di Grenoble, Corvin notò che sebbene il giorno volgesse al termine, il cielo terso e ancora luminoso lasciava dedurre che il tempo quel giorno era stato clemente se non splendido. L'ultimo giorno dell'anno, senza un freddo insopportabile, dunque, sembrava un buon auspicio.
I quattro cavalieri, sempre a cavallo, entrarono lentamente nella città e si diressero verso la dimora del fratello di Valdemar.
A Corvin piacque subito Grenoble, una graziosa cittadina posta tutta in pianura, circondata da alte montagne, dalle vette nevose, alla confluenza dei fiumi Isere e Drac.
Il giovane, addentrandosi nel cuore della città, pensò, che quando era venuto alcuni mesi prima per essere nominato cavaliere, aveva potuto osservare poco di quel luogo. Non aveva neanche potuto ammirare lo splendido panorama che si presentava ora davanti ai suoi occhi, perché la prima volta era arrivato a sera inoltrata e le ombre della sera parevano sfumare ogni cosa. Ricordò che il mattino seguente non aveva potuto visitare Grenoble come avrebbe desiderato perché era dovuto andare subito alla cattedrale, per i preparativi della cerimonia per l'investitura a cavaliere, che sarebbe avvenuta il giorno successivo. In Chiesa aveva dovuto quel giorno sottoporsi a una serie di rituali, previsti prima della sua nomina. Aveva dovuto fare il bagno di purificazione, indossare poi una tunica bianca, simbolo della purezza, un manto rosso, simbolo del sangue che avrebbe versato per il suo popolo e una cotta nera, simbolo della morte che non temeva. Aveva dovuto inoltre restare a digiuno per tutto il giorno, confessarsi, pregare e all'approssimarsi della notte fare la veglia d'arme. I ricordi sembravano inseguirsi l'uno con l'altro: Corvin ricordò con nitidezza che il mattino successivo alla notte di veglia, si era dovuto presentare davanti al rappresentante della Santa Chiesa, il vescovo Ugo di Chateneuf, affinché benedisse la sua spada dopo aver richiamato gli obblighi che un buon cavaliere doveva assumere. Ricordò la solennità del giuramento che sanciva la sacralità di tutta la cerimonia.
Ora, mentre cavalcava in compagnia dei suoi compagni di viaggio, verso la casa del fabbro, si stava rendendo conto di quanto fosse grande Grenoble, molto più estesa della sua Innimond.
Nel constatare questo, provò una forte emozione, un mondo nuovo si presentava ai suoi occhi. Non aveva mai visto in tutta la sua giovane esistenza nelle varie località che aveva visitato, un agglomerato di case così vasto, tante strade, un brulichio di gente per le vie e sulle piazze: mercanti, artigiani, contadini, servi ma anche, sebbene in minor numero cavalieri, soldati e religiosi.
La dimora del fabbro non era situata all'interno della città, si trovava fuori, a un miglio di distanza. I cavalieri, quando giunsero all'abitazione, furono accolti allegramente. Il fabbro era un uomo di qualche anno più giovane del fratello, più alto e più robusto. Il suo viso arrossato, per via del continuo lavoro di oggetti di ferro resi malleabili dal fuoco, aveva un'espressione dolce, bonaria, indice di un carattere semplice, accogliente. La moglie, una donna sulla cinquantina, dall'aspetto giunonico, mostrava più anni della sua età. La sua figura, gli abiti che indossava, rivelavano in maniera evidente le sue origini contadine, ma lei era molto orgogliosa delle sue umili origini e non c'era occasione che non lo dicesse: ovviamente quando fu presentata a Corvin, fu una delle prime cose che gli disse.
La loro casa, circondata da un bel giardino, ben curato e ornato di fiori, con qualche albero di frutta, non era molto grande e, seppure arredata con semplicità, era molto accogliente.
Corvin fu sistemato nella camera più grande al piano di sopra, piena di suppellettili, provvista inoltre del camino da accendere nelle notti d'inverno. Il figlio del fabbro, diacono al servizio del vescovo Ugo alla cattedrale, da alcuni mesi aveva stabilito la sua residenza nella cattedrale stessa, così nella sua camera fu sistemato Valdemar.
I due soldati, poiché non c'erano altre stanze disponibili, alloggiarono in una vicina locanda, a poche centinaia di passi dell'abitazione del fabbro.
Il padrone di casa, invitò il fratello e gli ospiti a occupare posto intorno ad un grande tavolo della stanza adibita a cucina, riscaldata dal camino acceso, posto ad un angolo. Il cavalier Valdemar, con il permesso di Corvin, si mise a raccontare ai familiari la vicenda del giovane, da quando era stato nominato cavaliere, sino alle minacce ricevute da Ogier e dal conte Modain.
Il fabbro ascoltò con intensa partecipazione il racconto del fratello e mostrò a Corvin tutta la sua comprensione per quanto gli era accaduto. Era molto lieto di averlo accolto nella sua casa, si sentiva onorato di avere come ospite un cavaliere, così pure sua moglie che aveva mostrato simpatia a Corvin sin dal primo momento che l'aveva visto. Passarono così il pomeriggio restante ad ascoltare tutti la drammatica storia. Con il trascorrere del tempo, Corvin e gli altri si erano ambientati, mostrando visibilmente di sentirsi completamente a loro agio.
Il tempo sembrò volare via. Venne quindi l'ora della cena; tutti erano piacevolmente eccitati per il banchetto che la padrona di casa aveva preparato. Mangiarono e conversarono allegramente per tutta la serata, aspettando la fine dell'anno.
Durante il banchetto, Corvin fece presente al suo antico maestro che il giorno dopo, il mattino di Capodanno, sarebbe andato alla cattedrale per chiedere a suo nipote di intercedere per un'udienza con il vescovo.
L'affabilita' colloquiale, l'amichevole cordialità caratterizzarono piacevolmente l'atmosfera di quel singolare desco familiare fin oltre la mezzanotte.
I due soldati nel congedarsi per andare a dormire nella locanda vicina, si prodigarono in sinceri quanto cortesi complimenti alla padrona di casa: non avevano mai passato una serata così festosa in compagnia, le fecero i complimenti per l'ottima cucina che aveva preparato e aggiunsero che quella serata non l'avrebbero mai dimenticata.
Il mattino seguente, al primo giorno dell'anno, Corvin si diresse da solo alla cattedrale, distante poche miglia. Giunto all'entrata, si fermò alcuni istanti ad ammirare l'esterno della cattedrale. Finalmente poteva ammirare la cattedrale con la luce del giorno e si stupì di constatare che era molto più bella di come la ricordava. Entrò poi all'interno, s'inginocchio' in fondo alla Chiesa e si mise a pregare. Notò subito che c'erano poche persone dentro la Chiesa a quell'ora, intenti a pregare come lui.
Alcuni istanti dopo, il giovane vide uscire dalla sagrestia il diacono diretto all'altare maggiore per accendere dei ceri per la prossima funzione. Corvin si alzò allora dall'inginocchiatoio, lentamente si diresse verso il religioso e con voce bassa, quasi un bisbiglio, in segno di rispetto per il luogo dove si trovava, disse:
<<Buongiorno, diacono! Mi chiamo Corvin, sono il figlio del barone di Innimond. Vi ricordate di me?>>
Vi ho già visto in passato?>> domandò il religioso guardando attentamente il volto di Corvin.
<<Abbiamo avuto modo di incontrarci alcuni mesi fa, quando fui nominato cavaliere in questa cattedrale>> preciso' Corvin abbozzando un sorriso.
L'uomo di Chiesa guardò il viso di Corvin nuovamente e restò un attimo perplesso. Dapprima non lo riconobbe, poi in seguito osservandolo più attentamente gli venne in mente la sua figura.
<<Ah!, ora ricordo. Mi ricordo di voi giovane cavaliere. Vogliate perdonarmi, sono un uomo di poca memoria.>>
<<Oh, non potevate ricordarvi subito - rispose Corvin sorridendo nuovamente - mi avete visto poche volte e sempre di sfuggita in chiesa.>>
<<Siete molto gentile a dire questo. Siete venuto qua a Grenoble per visitare nuovamente la cattedrale?>>
<<Non proprio. Sono ospite nella casa di vostro padre. Sono venuto qui a Grenoble con vostro zio, il mio antico maestro d'arme, che desiderava trascorrere la fine dell'anno con la vostra famiglia.>>
<<Ah! Sono sorpreso: non ero stato avvertito dai miei del vostro arrivo>>disse il religioso.
<<È stata una decisione improvvisa di vostro zio, i vostri genitori anche loro non ne erano informati>> ribatte' Corvin.
<<Mio zio, dunque è qui? Non vedo l'ora di poterlo rivedere, è passato molto tempo dall'ultima volta che è venuto qua a Grenoble.>>
<<Oh! Lo rivedere presto - rispose Corvin - Oggi stesso verrà a farvi visita qui alla cattedrale nel pomeriggio. Mi ha chiesto di avvisarvi.>>
<<Sono molto contento. Lo attendero' volentieri>> rispose il religioso con un'espressione gioiosa dipinta sul volto.
Poi il diacono mentre si accingeva ad accenderel'ultimo cero sull'altare, chiese nuovamente:
<<Cavaliere, devo immaginare che siete venuto allora per rivedere Grenoble? Come l'avete trovata, vi è piaciuta?>>
<<Per la verità, per quello che ho potuto vedere sino a questo momento, la trovo affascinante: - rispose prontamente il giovane - ma ciò che più mi colpisce è la cattedrale, la trovo veramente magnifica.>>
<<Già ... un affascinante spazio di preghiera, di arte e di storia - pose l'accento il diacono - Se resterete ancora qualche giorno a Grenoble, se v'interessa, vi racconterò la sua storia, l'origine di questa magnifica cattedrale, la cui costruzione iniziò circa 100 anni or sono.>>
<<Vi ringrazio, ma sarà per un'altra volta nel caso dovessi ritornare - rispose Corvin in modo riverente -. Il motivo della mia visita è però un altro. Sono venuto a chiedervi di intercedere per me per un'udienza privata con il vostro Superiore, il vescovo Ugo di Chateneuf, ho assolutamente bisogno di confidarmi con lui.>>
<<Oh! Sono desolato cavaliere - esclamò pur sommessamente il diacono -. Voi non potevate sapere: il vescovo in questo momento non è qui a Grenoble.>>
<<Oh! Cielo, non è qui voi dite?>> rispose Corvin mostrando sorpresa per le parole dette dal religioso.
<<Da due giorni si trova al monastero della Grande Chartreuse, la costruzione più importante dell'ordine dei Certosini a Saint-Pierre-de-Chartreuse.
<<Davvero un imprevisto per me - rispose nuovamente Corvin - Ho proprio bisogno di parlare con lui.>>
<<Mi dispiace cavaliere! Se posso esservi di aiuto, ne sarò ben lieto ... Volete dire a me?>> disse con tono rassicurante il diacono mostrando un'effettiva intenzione di aiutare per quanto possibile Corvin.
<<Vi ringrazio, ma ho proprio bisogno di parlare con lui. Devo assolutamente vederlo. Potete dirmi quando ritornerà qui alla cattedrale?>>
<<Di preciso non saprei dire - rispose il religioso - Forse resterà a Saint-Pierre fino all'Epifania, ospite del suo antico professore di Teologia, Bruno di Colonia, divenuto in seguito un monaco certosino.>>
<<Capisco! - rispose Corvin un po' rammaricato - Allora devo andare assolutamente al monastero di Saint-Pierre. Partirò domani mattina. Mi concedete il permesso di nominare il vostro nome per farmi ricevere?>>
<<Certamente cavaliere>> rispose il diacono con cordialità.
<<Vi ringrazio! ...Potete dirmi quanto dista da qui Saint-Pierre? Sono poco pratico di queste contrade.>>
<<Saranno all'incirca sedici miglia ... in due ore o forse meno andando a cavallo vi arriverete.>>
<<Ancora grazie - disse Corvin - vi ricordo che oggi pomeriggio riceverete la visita di vostro zio.>>
Corvin si congedo' dal diacono con un leggero inchino e il religioso avvertì un forte desiderio di rassicurarlo:
<<Cavaliere, leggo preoccupazione sul vostro viso, percepisco il vostro struggimento interiore, un dolore intenso anche se dignitosamente composto. Qualunque sia il motivo che vi affligge, il vescovo Ugo vi aiuterà. È un sant'uomo e tutti quelli che si sono rivolti a lui, hanno poi trovato la pace interiore.>>
<<Vi ringrazio ancora diacono.>>
Corvin fece un cenno di stima e riconoscenza per il benevolo conforto religioso; poi fece l'atto di flettere il ginocchio destro, si fece il segno della croce e uscì da quel luogo di raccoglimento e di preghiera.

Corvin il cavaliere solitarioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora