8 Madison

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Girai le chiavi nella serratura ed entrai in casa cercando di fare il meno rumore possibile,mi sporsi leggermente,la luce del corridoio era accesa,chiusi la porta dietro di me e girai lentamente la chiave.
Tolsi le scarpe e le lasciai affianco alla porta,levai la giacca e poggiai chiavi e borsa sul bancone della cucina.
Stavo cercando inutilmente di evitare di pensare a ciò che era successo stanotte,o meglio, cos'avevo fatto stanotte.
Le veneziane erano chiuse,era molto presto,forse le cinque o le sei del mattino,con il buio non riuscivo a vedere l'orologio sopra al frigorifero e il mio cellulare mi aveva abbandonata a neanche metà serata.
Camminai in punta di piedi fino al corridoio
<<Madison?>>
Mi girai, Colin era sul divano con una gamba a penzoloni,accese la luce della abat-jour,e si mise a sedere goffamente.
<<Sai che ore sono? Volevo aspettarti sveglio,dove sei stata?>>
Si passò una mano tra i capelli chiari scompigliati,aveva un'aria stanca e il viso corrugato,probabilmente appunto per la stanchezza,o così speravo.
<<Da Jessica,ho scordato di avvisarti>>
Lui balzò in piedi
<<Non prendermi per il culo,non eri da Jessica,l'ho chiamata>>
Mi prese per il braccio e io mi liberai immediatamente,odiavo quando mio fratello si comportava in questo modo,era sempre stato iperprotettivo nei miei confronti,e spesso superava quella linea definita normalità,io mi limitavo a farmi gli affari miei, cosa che speravo facesse anche lui,ma non era mai così.
<<Non voglio che tu vada sempre a quelle feste,non ti fa bene cazzo,puzzi di alcool da far schifo>>
Mi girai dall'altra parte,sapevo che era un comportamento immaturo ma non volevo guardarlo,non avevo bisogno della sua opinione,che mi piacessero o meno,la scelta era solo mia.
<<Colin non puoi dirmi cosa devo o non devo fare,torna a dormire>>
Lo dissi con voce pacata,senza lasciar trasparire la rabbia e me ne andai in camera,chiusi la porta alle mie spalle e mi buttai a letto guardando le pareti ingiallite della mia stanza.
Sentii qualche rumore,probabilmente Colin se ne stava andando dallo scomodo divano per trasferirsi nel suo letto.
Quando eravamo più piccoli non dormivo mai in questa stanza,mi inquietava,e ogni notte puntualmente mi infilavo nel suo letto e mi addormentavo immediatamente,invece ora era come una sorta di rifugio confortevole,'lontano' da tutto e tutti,o almeno,anche se in verità non lo era,mi piaceva pensarlo.
La testa mi doleva ancora,probabilmente questa volta mio fratello aveva ragione,se avessi evitato di andare a quella stupida festa,avrei evitato di combinare un casino e ora starei sicuramente meglio,ero stata scaricata da Josephine che doveva stare con me,certo,non potevo dare la colpa a lei di tutto quel che era successo ma sicuramente non aveva aiutato.
Non era la mia sera fortunata,appena Josephine scomparve rincontrai Eduard,rivederlo mi aveva fatto male,erano passati mesi dall'ultima sera in cui l'avevo visto, prima che Steven morisse,proprio quella notte. Probabilmente ero riuscita a starci fuori anche troppo a lungo,dovevo ritenermi in qualche modo fortunata, ma mi aveva fatto male la sua strafottenza,come se tutti quanti non sapessimo com'è veramente andata con Steven. Scacciai dalla testa questi pensieri,mi avevano oppresso per mesi, e rivederlo era come vedere tutti i miei sforzi,in un solo istante,diventare vani. Mi girai su un fianco,poi dall'altro,il letto era morbido,così morbido da essere quasi fastidioso,mi sembrava di sprofondare,ma forse era solo l'alcool. Mi rifiutavo categoricamente di pensarci,sperando di aver sognato,ma avevo perso la verginità con una specie di sconosciuto che odiavo,che mi era preso? Mi poggiai una mano sulla fronte,mi sembrava di scottare.

Cercai di minimizzare la cosa,forse per altri poteva sembrare una cosa banale,ma per me non era così,mi sentivo sporca e anche delusa da me stessa,avevo buttato via una cosa così importante per una stupida sbronza.
Affondai la faccia nel cuscino,era stato imbarazzante,speravo almeno non ne proferisse parola con anima viva,ora mi avrebbe considerato una specie di sgualdrina come tutte le altre che si portava a letto.

Mi svegliai per il mal di testa,le tende erano aperte ed entrava un fascio di luce che arrivava fino al bordo del letto,ci passai la mano,era bello vedere un po' di sole ogni tanto in questa città perennemente grigia.
Mi alzai dal letto e guardai l'orario sul telefono 9:30.
Avevo un messaggio anche da Josephine
[Hei tesoro,come stai? Spero bene! Scusa per ieri sera ma ho incontrato Michael..e avevamo bisogno di chiarire le cose.. sono tornata sul tardi ma non c'eri più]
Presi in mano il telefono e risposi al messaggio,tolsi il volume con il tasto sinistro e la vibrazione,odiavo sentire la vibrazione dei tasti sotto le mie dita.
[Sto bene Jos,sono solo tornata a casa prima]
Preferii evitare di raccontargli tutto,nonostante Jos avrebbe sicuramente capito,era sempre dalla mia parte dopotutto,nonostante non sempre lo meritassi.
Mi alzai con molta calma,mi sentivo un po' scombussolata,forse era stato l'alcool o forse il resto.
Appoggiando i piedi sul pavimento gelido mi passo un brivido lungo la schiena,camminai in fretta fino alla porta,seguii il corridoio e mi affacciai alla stanza di Colin,il letto era sfatto e gli scuri erano ancora chiusi ma lui era uscito,probabilmente era al lavoro,faceva dei turni molto strani,spesso lo chiamavano all'ultimo momento,ma era sicuramente meglio di nulla.
Dovevo riprendermi,oggi anch'io lavoravo,andai in bagno e mi lavai la faccia,da tre mesi a questa parte facevo degli extra come barista. 'Barista' era una parola grossa,mi occupavo della caffetteria,la signora Jons,malgrado pensassi da sempre che mi odiasse, si rivelò così gentile,il bar era suo,poteva scegliere molte altre persone,io d'altronde inizialmente non sapevo fare niente,invece fu paziente e mi prese a lavorare subito dopo che glielo chiesi. Quel giorno fu molto dura per me,ma non sapevo a chi altro rivolgermi,quel bar lo conoscevo bene,non era troppo frequentato ne richiedeva doti speciali,ne aveva cose particolari,mi sembrava davvero il lavoro giusto,quando la signora Jons mi disse si ricordo che tornai a casa praticamente saltando dalla gioia,stavamo passando un momento difficile,e questo sicuramente ci avrebbe dato una mano.
Mi guardai allo specchio,i capelli oramai mi arrivavano alle spalle,era un continuo,li tagliavo e in un mese circa erano di nuovo troppo lunghi e fastidiosi per i miei gusti.
Li spazzolai districando i nodi con le dita,ma avevo bisogno di una doccia,sentivo puzza d'alcool ed ero sicura che non fosse la mia immaginazione.
Aprii la doccia,l'acqua ci metteva sempre molto ad arrivare calda,mi spogliai ed entrai sotto il getto confortante e caldo,era come se per qualche istante mi lavasse via qualsiasi cosa,i pensieri e le paranoie,anche i ricordi della notte scorsa.
Uscii poco dopo,non potevo usare troppa acqua,le bollette erano salatissime,e io e mio fratello riuscivamo a stento a permetterci tutto questo, o perlomeno lui, lui pagava quasi tutto,solamente quando proprio non riusciva e rimaneva a zero mi chiedeva,con dispiacere,qualche soldo.
Fortunatamente il locale non era a solo a qualche paio di chilometri di distanza,solitamente,quando non ero troppo in ritardo,ci andavo a piedi,come avrei fatto questa mattina.
Chissà com'era abitare in qualche posto davanti al mare,dove la vista,ogni mattina sarebbe stata la sabbia bianchissima o l'oceano azzurro in contrasto che si confondeva con il cielo,qui tutto era grigio e noioso, grattacieli,grattacieli ed edifici troppo alti e uguali da permetterti di non alzare la testa,perché non ti saresti perso niente.
Anche il cielo era grigio,quasi avesse assunto gli stessi colori degli edifici,forse anche la vita delle persone era un po' grigia qui.
Camminai svelta sul marciapiede,la gente camminava avanti e indietro,quasi tutti impegnati al telefono o a fare altro,gli unici che prestavano attenzione a ciò che li circondava era qualche turista che si poteva riconoscere a migliaia di chilometri: fotocamera in mano,naso all'aria e un accento strano,chissà che caspita c'era da fotografare,si fotografano le cose felici,le cose sgargianti,le cose che ti trasmettono qualcosa di bello,non una città di solo asfalto e vetro.
In un quarto d'ora arrivai al The Ancor,era un nome che non c'entrava molto con il bar, e nemmeno con ciò che aveva intorno, ma alla gente sembrava non importare,o almeno,nessuno aveva mai chiesto niente sul nome in questi tre mesi.

PHILOPHOBIADove le storie prendono vita. Scoprilo ora