Capitolo 2

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Mi svegliai,la casa era silenziosa,troppo silenziosa,mi fischiavano le orecchie e quel troppo silenzio mi irritava. Quella notte sognai di nuovo Hollie e come tutte le notti sognai del suo incidente,o meglio,del nostro incidente. Mi alzai dal letto e trascinai i piedi fino al bagno. Mi lavai la faccia e guardai le occhiaie che si erano formate sotto i miei occhi. Andai in salotto,presi il mio telefono dal divano e guardai il display luminoso,avevo una chiamata persa: Aurora. Chissà che cosa voleva. Premetti richiama e attesi fino a che non rispose.  

<<Hei,ieri te ne sei andato,tutto bene?>>
Non capirò mai perchè cercava di essere sempre così fottutamente gentile con me, cosa che non volevo e che non meritavo.

<<Mi ero rotto il cazzo>>

Speravo mi rispondesse male,speravo di riuscirla a fare arrabbiare veramente per una volta,così che sarebbe stata lontana da me,gli avevo già creato un mucchio di problemi.

<<Beh ti sei perso la torta idiota,ora devo andare,stammi bene>>

Chiuse la chiamata,l'unica che si era accorta della mia assenza non era neanche una mia vera familiare.Niente di nuovo,ormai non mi sorprendevo più di niente.Guardai l'appartamento gentilmente pagato da ''mio padre'' non sarei riuscito a resistere più di qualche giorno,odiavo e allo stesso tempo amavo il silenzio che c'era. Ripresi di nuovo il telefono e cercai nella rubrica il nome di Aron e lo chiamai

<<Dimmi>> Rispose lui.

<<Mi serve la roba,passa da me>>

<<Dieci minuti e sono da te>>

Chiuse la chiamata. Aron non mi stava particolarmente simpatico,non era interessante ne colto,ed era impraticabile intraprendere un discorso con lui,ma era l'unico che in meno di mezz'ora ti portava tutta l'erba che volevi senza fare troppe domande,il che bastava a renderlo un buon conoscente e un ottima compagnia. Chiusi le orride tende beige ed esattamente dieci minuti dopo suonò il campanello. Non era solo,insieme a lui c'era una ragazzina bassa con i capelli lunghi. Mi spostai svogliatamente dalla porta,lasciandoli entrare nell'appartamento. <<Ho solo quattro grammi,il resto te lo porto domani>> Disse lui agitando il pacchetto trasparente mostrandomene il contenuto. <<Sedetevi>> I due andarono a sedersi sul divano di pelle nera,presi le cartine e andai a sedermi davanti a loro. <<Allora,come te la passi?>> Lo guardai male. Se avevo bisogno di fumare non stavo bene,non era così difficile arrivarci.<<Solito>> Lo guardai preparare la canna sul tavolo basso di vetro nero. Quando l'accese il profumo si sprigionò immediatamente in tutta la stanza. Aron me la passò,feci due tiri,indeciso se passarlo alla ragazza o meno,sembrava una ragazza per bene,ma poi me ne fregai e gliela passai,non si può rompere il giro. <<Con i tuoi? >> Mi chiese Aron. Oggi faceva troppe domande,lo preferivo silenzioso,sapeva quel che avevo passato solo per una serata dove avevo bevuto veramente troppo,non pensavo se ne ricordasse e io non ricordavo cosa gli avessi detto <<Non ho nessuno e non avrò mai nessuno.Me la sono sempre cavata da solo e continuerò a cavarmela da solo.>> Forse dovrei abituarmi all'idea di essere completamente solo. La ragazza tossì ed entrambi ci girammo verso di lei. <<Che presuntuoso>> esclamò lei senza timore,abbozzò una risata. <<Essere presuntuosi implica che ci sia un fattore positivo,e non cè>> Alzò un sopracciglio scuotendo impercettibilmente la testa,poi prese lo zaino che aveva precedentemente appoggiato a terra sorrise ad Aron e uscì dall'appartamento. <<Che cazzo gli è preso?>> Aron scoppiò a ridere e poi rispose. <<Ha dei problemi in famiglia,è fatta così,ma è una tipa a posto>> Non obbiettai,non mi interessava cosa pensava una sconosciuta,non mi toccava minimamente. Il suo gesto però mi turbò,mi ricordò di nuovo Hollie.<<Vado con lei>> Si alzò lentamente passandomi di nuovo la canna.  <<Ti lascio la roba sul tavolo,me la paghi quando ti porto anche l'altra,ci vediamo domani>> Disse Aron andando verso la porta. Lo guardai uscire dalla porta. Era un bravo ragazzo,era un peccato che si drogasse,ma non potevo certo giudicarlo o fargli la morale.Appoggiai la testa alla testiera del divano,mi guardai intorno:questo appartamento mi faceva veramente schifo,proprio come quel bastardo di mio ''padre'' se così potevo chiamarlo.Mi alzai e ripensandoci il solito magone nel petto con tutto il suo peso apparse in me,non potevo liberarmene,era così pesante quasi da respirare a fatica, come quando l'acqua entra nei polmoni. Con un calcio frantumai il tavolo basso di vetro. Mi passai una mano tra i capelli,spalancai la finestra che affacciava sul balcone. Era sbagliata tutta questa rabbia,ne ero più che cosciente,ma oramai era quasi un'abitudine,parte di me in maniera indelebile.La città era illuminata,si scorgevano insegne di ogni colore e grandezza,il rumore delle auto e dei clacson mi infastidiva,faceva freddo ma alla gente non sembrava importare,le strade erano affollate come sempre, tirai un'ultima volta e buttai la canna dal balcone,rientrai e chiusi la finestra dietro di me. Ero stato sempre in compagnia di me stesso,ma in questo momento la solitudine mi pesava,ero io stesso a scegliere di stare solo,e ora mi stavo tormentando per la mia stessa scelta,non aveva senso,ma avevo smesso tempo fa di cercare di capirmi. Aprii lo scaffale nero affianco al divano,ne tirai fuori una bottiglia di rum francese. Presi un bicchiere e versai dentro il liquido color miele che bevvi tutto in un sorso. Mi buttai sul divano e chiusi gli occhi.

PHILOPHOBIADove le storie prendono vita. Scoprilo ora