«Non so cosa fare..»

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Subito dopo la risposta provocatoria che diedi mi voltai e a posai il vassoio su uno dei tavoli presenti nella stanza, presi due pizzette ed andai fuori a fumare.
«Guarda che merda che sei, mi vuoi aspettare?» mi disse la segretaria.
«Posso giurarti su ciò che vuoi che stavo solo prendendo la sigaretta, non la stavo accendendo» le risposi ridendo mentre alzavo le mani in segno di difesa. Mi guardò e si mise a ridere.
«Però ancora non hai mangiato.. Questa è mia!» esclamò sfilandomi la pizzetta bianca dalle mani.
«Ridammela!»
«Se ciao» morse la pizzetta.
«Stronza..» mormorai ridendo.
In tutto ciò notai che Zoe dietro la porta a vetri mi stava guardando con attenzione, magari stavamo facendo troppo casino? Non ho saputo interpretare quello sguardo.
Finito di fumare la sigaretta in compagnia della segretaria mi apprestai a rientrare, dato che notai esserci un emergenza.
«Libera il tavolo, sta arrivando un gatto epilettico, sbrigati!» comandò.
Presi il vassoio semi vuoto e lo diedi alla segretaria che, essendo di strada, lo lasciò in sala medici; preparai tutto l'occorrente per la visita e aspettai l'arrivo del gatto.
Dopo circa venti minuti di lavoro il gatto, dal pelo lungo e bianco, si stabilizzò così da poterlo disporre in una delle gabbie grigie presenti nella stanza. L'attaccai ad una pompa ad infusione e, dopo aver collegato il tutto mi avvicinai verso il tavolo dandogli una pulita, era pieno di peli, dato che gli rasammo la zampetta per inserire l'ago cannula, di aghi e cerotti.
Sentii dei passi avvicinarsi velocemente al ricovero.
«Ragazze io vado, ci vediamo domani!» ci disse Mary apprestandosi ad aprire la porta per uscire.
«Ciao Mary a domani!» le risposi voltandomi.
«Ciao» rispose Zoe.
«Mamma mia che entusiasmo..» esclamai allargando le braccia.
Silenzio.
«Ehi io vado, ci vediamo dopo domani, ok? Domani non posso venire che ho una visita!» ci informò l'altra tirocinante, Martina.
«Si va bene, ciao!» rispose sta volta Zoe in modo quasi normale.
La porta si chiuse e, la tranquillità di mezzogiorno e mezzo iniziò a prender vita, amavo quel momento dato che se ne andavano via tutti, eravamo solo io e lei nel ricovero.
Misi le mani nelle tasche dei miei pantaloni larghi e verdi con un movimento leggero, mi poggiai sul bordo del muretto grigio, costruito appositamente nella stanza per sorreggere i vari macchinari sopra, ed iniziai a guardarla.
«Ti giuro che sei qualcosa di spettacolare quando parli senza distogliere lo sguardo da ciò che scrivi..» mormorai.
Fermò la sua mano e mi guardò per circa due secondi, poi continuò a scrivere.
«Peccato che dopo un po' ti rendi conto di aver scritto una cosa per un'altra e sei costretta a ricominciare tutto daccapo..» sussurrai avvicinandomi leggermente al suo viso.
Sospirò.
Rimasi in silenzio.
«E invece questa volta no! Ho scritto tutto perfettamente, ah!» esclamò.
Chiuse di scatto la cartella clinica blu e la mise a posto nel ripiano, disordinatissimo, subito dietro di lei.
«Non ti sei distratta questa volta..» le dissi.
«Io sto sempre attenta» mi rispose a tono, voltandosi facendo finta di iniziare a ballare.
«Sei sempre attenta alla cosa sbagliata dato che ogni volta che ti parlo strappi il foglio subito dopo..» dissi con un espressione dispiaciuta e soprattutto provocatoria.
Alzai le spalle come se fossi dispiaciuta di avere ragione e mi voltai dirigendomi verso l'altro ricovero per controllare gli animali presenti, ed iniziai a dargli da magiare ciò che era indicato nelle cartelle cliniche.
Ad un certo punto, con la coda dell'occhio, notai la porta, sta volta in legno e non a vetri, chiudersi alle mie spalle e pochi istanti dopo sentii le sue labbra posarsi delicatamente sul mio collo.
«Sei tu che mi fai distrarre..» sussurrò vicino al mio orecchio quella voce che mi mandava fuori di testa .
«E tu fai impazzire me se fai così però..» bisbigliai.
Mi poggiò delicatamente una mano sulla spalla, che mi fece fare un giro di 180º. Mi ritrovai perfettamente di fronte a lei. Le sue mani iniziarono ad esplorare il mio corpo, mi toccò i fianchi, stringendoli.
Non riuscii a non avere nessun tipo di reazione, anzi. La spinsi di nuovo, come successo la mattina stessa, addosso al muro lì vicino e le afferrai i fianchi. Mi avvicinai decisa alle sue labbra.
«Non so cosa fare..» confessò.
«Dammi il permesso.. Non riuscirò a mantenere le distanze se continui a fare così..» affermai.
Le misi una mano sul viso e l'altra dietro la schiena, lei non si mosse, mi lasciò fare.
«Dimmi di si.. Non lo faccio se non vuoi..»

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