Capitolo 6 - Alberto

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Aprii la finestra per far cambiare l'aria della stanza, la luce entrò invadendo ogni cosa ed io rimasi qualche secondo con gli occhi chiusi, abbagliato e confuso. Scesi le scale per andare al piano di sotto e non vidi mia madre gironzolare per la cucina come le era solito fare la mattina quindi ne dedussi che era andata in chiesa da sola: solitamente mi trascinava con la forza perché le facessi compagnia quindi, probabilmente, aveva già trovato qualcuno in mia sostituzione.

Andai a fare colazione, l'orologio della cucina litigava con quello appeso alla parete del salotto: secondo loro avevo impiegato circa sette minuti per passare da una stanza a l'altra, per questo motivo mi fidavo soltanto del mio amato cellulare.

Mio padre era in giardino, lo intravedevo dalla finestra che dava sulla strada. Aveva appena finito di potare l'erba, si capiva dal sacco pieno poggiato appena fuori dal cancello, pronto per essere portato via. Era intento a interrare alcune piante, decisi di non disturbarlo nel suo momento di pace sebbene anche io trovassi rilassante il giardinaggio.

Presi una tazza, la riempii con del latte e mangiai dei biscotti, nel frattempo accesi la televisione per ascoltare qualche notizia al telegiornale; non avendo nulla da fare decisi di prendermela comoda, quella mattina. La sera prima Serena mi aveva avvertito dicendomi che sarebbe uscita con i suoi genitori, alla ricerca disperata di un paio di scarpe per la madre; purtroppo era impossibile sperare di trovare qualcosa in paese, quindi l'unica opzione era quella di prendere la macchina e spostarsi; noi invece saremmo andati a pranzare dai miei nonni e il pomeriggio avrei dato a chiunque la possibilità di scegliere cosa fare, in attesa di Serena. Impiegai circa un ora per sistemarmi: neanche se avessi avuto un matrimonio avrei perso tutto quel tempo. A mezzogiorno i miei genitori si fecero vivi, pronti per uscire.

Casa dei miei nonni non era molto lontana dalla nostra, bisognava solo attraversare la piazza, percorrere un tratto di lungomare e dirigersi appena fuori dal paese. Col sole che picchiava forte in cielo e senza un alito di vento a farci compagnia nessuno di noi tre aveva intenzione di camminare, così prendemmo la macchina e in meno di cinque minuti arrivammo a destinazione.

Mio nonno si trovava nel suo orto intento a sistemare, come spesso faceva, i vasi vuoti di piante che avevano già dato i loro frutti e i suoi stravaganti attrezzi da lavoro. Sentivo musica ad alto volume provenire dalla sua meravigliosa radio vecchio modello con un'antenna telescopica ancora integra. Dovetti utilizzare tutta la mia voce per riuscire a farmi sentire ma dopo plurimi tentativi mal riusciti decisi di andare direttamente da lui: gli toccai una spalla e lo sentii sobbalzare per il contatto inaspettato, comunque felice di vedermi.

Entrai finalmente in casa per salutare anche mia nonna che come sempre reagiva alla mia presenza con un grande sorriso e un abbraccio caloroso.
"Amore mio, come va?" chiese amorevolmente. Aveva appena finito di impanare alcune cotolette, si lavò le mani nel lavandino prima di darmi un bacio sulla guancia.
"Bene bene, nonna. Cosa cucini?" le dissi affamato lanciando uno sguardo alle numerose pentole che le stavano dietro.
"Niente, sto cucinando la pasta col pesce fresco che ha comprato ieri il nonno, sai come fa! Lui compra ogni cosa che vede ma poi io devo cucinarle..." sdrammatizzò con una dolce risata. "Poi ho preparato la carne impanata come sempre, le polpette col sugo per te, dato che non mangi la gallina in brodo, l'insalata e le patate al forno" disse soddisfatta, dimostrandomi di avere ancora una buona memoria.
"Nonna te lo dico sempre! me la mangio la gallina in brodo" affermai ridendo, l'avevo sempre mangiata con gusto ma lei aveva deciso che non mi piaceva. Rise anche lei, in modo affettuoso e tenero.

Pranzammo per circa un'ora e mezza: sazi già al secondo piatto e messi alla prova dai cannoli alla ricotta che fummo obbligati a mangiare. Giocammo a carte aspettando pazientemente di digerire abbastanza cibo da poterci quantomeno alzare dalle nostre sedie. Il pomeriggio passò lentamente, ci rilassammo scherzando in famiglia e attendendo che il sole, sempre troppo alto in cielo, tramontasse. Se non fosse stato giugno avrei sentito sulle mie spalle tutto il peso di un fine-settimana agli sgoccioli.

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