Il suo numero di telefono

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Continuammo la nostra discussione
Lui: "Sei di poche parole eh?"
Io: "Abbastanza."
Lui: "Andiamo in bagno?"
Io: "Ehm...non mi sembra il caso..."
Mi prese per il polso (che mi faceva malissimo con tutti i tagli) e mi portò in bagno.
Lui: "Perché?"
Io: "Perché cosa?"
Lui: "Hai i polsi ruvidi, perché sei dimagrita? Eri più bella prima. Cosa potrebbero pensare le persone di te che hai le occhiaie che ti arrivano fino a terra?"
Rivolsi lo sguardo verso il basso. Ma lui comunque, si alzò la manica della giacca "L'ho passato anche io, so cosa vuol dire." e mi fece un sorrisetto.
Alzai la mia manica della felpa "Ecco..." alzai anche un po' la felpa, facendo intravedere la pancia e tutti i tagli.
"Ti guardo già da un sacco di tempo. Sei dimagrita tantissimo, riesco a toccare le costole." Disse lui.
Mi sollevò di nuovo la felpa, guardò i 27 tagli che avevo sulla pancia e li sfiorò con il polpastrello del suo dito della mano. Mi bruciavano, mi bruciavano troppo, e sussurrai un "Ahi..." che non si sarebbe dovuto sentire.
"Ti fanno male, vero? Sono troppo profondi." Sussurrò piano. "Perché ti sei...tagliata?"
"Problemi" risposi io.
Lui: "Che tipo di problemi?"
Rivolsi ancora una volta lo sguardo verso il basso, ma lui mi prese e mi abbracciò, quasi per dire che mi sarebbe stato accanto per sempre, e nel silenzio più assoluto, mi sussurrò che lui ci sarebbe stato, qualunque cosa sarebbe successo.
Ricambiai l'abbraccio. È l'unico che si è accorto di tutto quello che sto passando, dopo Samuele ovviamente. Credo che mi possa fidare di lui, sembra simpatico.
Finite le coccole uscimmo dal bagno, le nostri classi stavano conservando tutto, penso che sia arrivato l'autobus, perciò prendo anche io il mio zaino e mi avvicino di nuovo a quel ragazzo.
Lui: "Appena scendiamo dall'autobus, aspettami ok?"
Io: "Beh...okay."
In autobus lo guardai tutto il tempo, credo proprio che mi stava piacendo, ma, io piacevo a lui?
"Ahaha non piacerai mai a nessuno, sei una sfigata!" Dissi tra me e me.
Magari devo solo credere un po' più in me stessa. Magari serve solo un po' di autostima.

Ero immersa nei miei pensieri, non mi ero accorta che eravamo già arrivati, quindi scesi dal bus. Aspettai lui nella piazzetta lì di fronte, in modo che mi potesse vedere.
Eccolo, sta venendo verso di me.
"Ehi!" Mi urlò lui.
"Ehi!" Risposi io, sorridendo. È la prima volta dopo molto tempo che sorrido.
"Da che parte devi andare?"
Io: "Da quella." e gliela indicai con il dito.
"Oh che coincidenze! Anche io! Facciamo la strada insieme?".
"Va bene."
Iniziammo a camminare, finché non squillò il suo telefono. "Papà, dimmi, ah, arrivo."
"Scusa era mio padre, mi viene a prendere lui, ti volevo chiedere se volevi il mio numero."
"Emh...ok." Dissi io.
"Allora è questo." E mi porse il telefono per copiarlo.
Non mi diede neanche il tempo di bloccare il telefono che lui era già andato via, non l'avevo neanche salutato...

Arrivata a casa mi venne la tentazione di mandargli un messaggio, ma se poi sarebbero mancati gli argomenti di cui parlare? No, mi vergogno troppo.
Non feci in tempo a smettere di pensare le mie solite paranoie che arrivò una chiamata da un numero sconosciuto.

Storia di un'autolesionista Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora