I met you in a past life

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Come promesso a mia madre, quella mattina, avevo portato in giro per la città i miei due amici.
Li avevo portati ai giardini di Tivoli, al castello di Rosenborg, al Dyrehavsbakken e, sotto le minacce di un Liam decisamente troppo nervoso, alla statua della Sirenetta.
Era stato quasi un'ora a guardarla estasiato.
Avevamo passeggiato, fumando e mangiando un waffle, per buona parte del lungomare e alla fine avevamo deciso, stanchi morti, di tornare a palazzo per riposare un po.
Erano già le due del pomeriggio quando varcammo la soglia della residenza reale.
Ogni persona, nel palazzo, mi salutava e si inchinava ogni volta che mi si trovasse vicino. I miei amici ridevano di me ma anche a loro faceva strano vedere il personale salutare loro quasi nello stesso modo, ne ero più che sicuro dal modo in cui arrossivano.

La camminata mi aveva fatto bene, pensai una volta in camera mia sotto il getto caldo della doccia.
La notte precedente avevo dormito poco e male, ancora scombussolato dopo la giornata sfiancante, e la passeggiata con Zayn e Liam mi aveva allentato i nervi ed ero poco più rilassato.
Certo, non si poteva dire che mi fossi arreso all'idea di dover regnare ma ero più incline a soddisfare i desideri dei miei genitori.
Magari, pensai una volta sdraiato sul mio letto a riposare, la ragazza con cui mi sarei dovuto sposare mi avrebbe capito e sostenuto.
Magari sarei potuto diventare un nuovo tipo di Re, che governa ma che al tempo stesso si occupa anche di un lavoro che gli piace.
Sapevo, dentro di me, che questa fosse solo una disperata illusione ma a qualcosa dovevo pur aggrapparmi, no?

Magari mi sarei innamorato di lei.. Chi poteva dirlo!

*
-Signorino.- mi sentii chiamare dalla voce del maggiordomo, mentre bussava alla porta della mia camera da letto.
Ero sdraiato li sopra da ore ormai e avevo talmente tanto sonno da essermi addormentato in un secondo.
-Si?- risposi andando ad aprire, sbadigliando.
Aprii la porta ed il maggiordomo era, in tutta la sua compostezza e la serietà di un uomo di cinquant'anni all'incirca, di fronte a me con il suo sguardo serio.
-La regina ed il Re mi hanno incaricato di venirla a chiamare.- mi disse.
-Come mai?- chiesi passando le mani tra i capelli, cercando di dargli una piega decente.
-Vogliono presentarle alcune persone.- concluse.
Sentii il nervoso montare dentro di me.
Sicuramente avrei conosciuto la mia promessa sposa e questo mi terrorizzava.
Non avevo neanche accettato la cosa e già volevano presentarmela?
Annuii.
-La accompagno, signorino Tomlinson?- mi chiese cortesemente.
Mi riscossi dai miei pensieri e:
-No.. No, non si preoccupi. Ma, la prego, non mi chiami "signorino Tomlinson".- gli dissi uscendo e chiudendomi la porta alle spalle.
-E come vuole essere chiamato?- chiese lui confuso.

Le mie sorelle non avevano mai chiesto questo ma io ero diverso da loro, me lo avevano sempre detto.
Di solito non bisogna mai dare troppa confidenza al personale della casa, ma io non ci riuscivo.
Avevo bisogno di sentirmi in parte, se non totalmente, in sintonia con loro.

-Louis va bene!- risposi.
-Solo "Louis" non posso, signorino!- affermò.
-Allora..- tentennai pensandoci -Signorino Louis? Va bene?
Lui annuì e mi sorrise, dolcemente.
-Credo di si!
Gli sorrisi a mia volta e gli chiesi:
-Non conosco molto bene il personale di questa casa. Come posso chiamarti?
-Sono Robert Snart, signorino!- mi rispose inchinandosi leggermente con il capo.
-Posso chiamarti Robert, o Rob?- ridacchiai facendo fare lo stesso anche a lui.
-Certo, signorino Louis!- mi rispose.
Annuii e lo salutai con un cenno della mano per poi scendere di sotto.
Avevo il cuore a mille.
Non volevo conoscerla, non ancora almeno..

Ad aspettarmi di sotto, c'erano i miei genitori con due uomini, una donna e tre ragazzi più o meno della mia stessa età.
C'erano poi Lottie e Daisy che mi fecero cenno di mettermi accanto a loro.
Le raggiunsi sotto lo sguardo incuriosito e allegro dei presenti.

Improvvisamente, come succedeva anni prima, mi sentii inadeguato.
Erano tutti vestiti per bene, con le loro giacche, le loro acconciature studiate, i visi perfetti e le pose ordinate.
Si vedeva che fossero ricchi ed altolocati.
Io, invece, sembravo il classico ragazzo di strada.
Avevo una canotta larga, un paio di skinny jeans, le mie vans ai piedi e i capelli ancora tutti disordinati dal sonno.

I will always be myselfDove le storie prendono vita. Scoprilo ora