o1. the match

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I raggi del sole stavano penetrando il vetro della finestra, dato che avevo scordato di chiudere le tende color verde, la notte precedente.
Quelle tende erano le stesse di dieci anni fa, la mia stanza era la stessa, la casa e ogni cosa era la stessa di dieci anni fa.

La fastidiosissima luce emanata dalla stella madre del sistema solare, penetrò dritta sui miei occhi, ciò mi fece formare una ruga sul viso di pieno fastidio, ma non fu la causa del mio risveglio, dal piano inferiore provenivano delle voci, voci a me familiari.

Era domenica e la domenica forse era una delle mie peggiori giornate, il compagno di mia madre, Jegyun, un uomo grosso, capelli brizzolati e occhiali, dall'aspetto di uno che sa il fatto suo, veniva alle 12.00 in punto dal lavoro e restava a casa nostra per tutta la sera, come se questa fosse una novità. Mi girai ripetutamente stringendo il cuscino dalla fascia bianca alle orecchie, come se potessi realmente smettere di sentire quella voce doppia e che tanto mi provocava fastidio, e quella di mia madre ridere e cantare a squarciagola come se in casa non ci fosse nessuno.

Spalancai gli occhi ormai pronto ad alzarmi da quel comodo e caldo letto, fin troppo caldo per i miei gusti dato che non ero abituato al caldo, qui al Seoul non è che il sole era sempre alto e splendente ma questo mese di Luglio fu abbastanza tremendo. Amavo il freddo e tutto ciò che la stagione dell'inverno portasse.

Mi privai della copertina leggera che nonostante i 28° mi coprivo di notte e toccai terra coi piedi sbuffando e incamminandomi verso il bagno. Uscì dalla mia stanza entrando nella porta a sinistra, aprì il getto d'acqua tiepida e mentre l'acqua scorreva l'ungo la vasca, mi privai dei boxer, i soli con cui dormivo. Entrai in doccia e mi beai di quel completo relax che avevo deciso di concedermi, come se potessi realmente abbandonare ogni pensiero ed ogni problema. Tra pensieri e bagnoschiuma, impiegai 15 minuti, una volta fuori, avvolsi un candido asciugamano intorno al mio corpo, rassettai le cose da lavare e tornai nella mia camera dove mi asciugai accuratamente, indossai biancheria pulita, skinny scuro strappato alle ginocchia, una maglia a mezze maniche bianca e le calze ai piedi, senza però infilare le scarpe che tanto per ora sarei rimasto a casa, i capelli erano maledettamente arruffati per via del vapore dell'acqua, i ricci avrebbero dato meno problemi.  Perché non ero nato coi capelli ricci?

Sentivo la voce di quell'uomo parlare a mia madre come se fosse di sua proprietà, scossi il capo e serrai i denti, quasi pronto a scoppiare, mi alzai dal pavimento, dove vi ero seduto pochi minuti prima, col mio album da disegni, dove ci disegnavo le mie emozioni, ci scrivevo i miei pensieri più intimi, accompagnato dal mio ipod e le cuffiette bianche e nel mentre cercavo di rassettare la mia camera, sentì dei passi violenti verso le scale fino a quando non si aprì la porta della mia stanza

«Non farmelo ripetere ancora, il pranzo è pronto, fa presto...che se non fosse per tua madre neanche vorrei vederti seduto lì.»

Borbottò in fine ma io riuscì comunque a sentirlo, sentivo il mio sangue bollire dentro di me, strinsi i pugni e lasciai cadere la matita dalle mie mani che rotolò sui miei piedi, feci un sospiro profondo e contai fino a dieci per poi abbandonare la mia camera e dirigermi al piano di sotto in cucina.

Quasi avevo il disgusto di mangiare, le sue occhiatacce potevano ammazzare qualcuno e le smancerie in pubblico, solo per farmi voltare lo stomaco, misero in subbuglio quest'ultimo. Quanto era stata fortunato Hyunnie ad aver ricevuto una borsa di studio in America? Invidiavo mio fratello, lui era quello perfetto, lui era l'orgoglio della casa.

Prima che io potessi assistere ad altre scene pietose di quel teatro drammatico, scappai veloce in camera mia avendo mangiato poco o niente, dal piano inferiore potevo udire la voce perversa di quell'uomo e niente m'impediva di pensare che a breve avrebbe fatto sesso con mia madre, sbattendosene del fatto che io ero qui in casa, forse era questa la parte più eccitante, scossi il capo armandomi dell'arma più potente, le cuffiette, e presi il mio album dove avrei citato le poesie d'odio più belle che conoscevo. Mi avvicinai alla finestra per poi aprirla, feci un piccolo salto per arrivare al terrazzino abbandonato che vi era li in quello stato da anni. Era il mio rifugio, il mio mondo, mi rifugiavo qui da quando mia madre era ancora con mio padre, ogni volta che litigavano io ero qui, avevo solo cinque anni, questo era il mio posto, avevo dato sfogo ai disegni più belli, alle frasi più toccanti, questo posto era mio e basta. Abbandonai l'intero mondo quando la musica invase le mie orecchie e portai l'album alle ginocchia dando così vita a qualcosa di nuovo.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 08, 2019 ⏰

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