• Prologo •

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Il Cielo dell'Eterna Estate era una cupola tersa e perfetta, un drappo di seta cruda posto a protezione dei mortali amati da Zeus.

La quiete della campagna era interrotta solamente dal bisbiglio lieve e continuo delle api, che suggevano nettare dorato da quei fiori che lei aiutava a far dischiudere, indotti ad affrettare la loro crescita silenziosa unicamente dalla sua presenza.

Le fronde dell'ulivo centenario sotto il quale si era rifugiata si muovevano di moti lenti e placidi, assecondando i ritmi del respiro di Zefiro.

Lei riposava sull'erba chiara, osservando le ombre delle foglie e godendosi i raggi d'oro del Sole, che si attardavano sulla pelle esposta delle sue braccia, sul peplo bianco che le copriva il corpo di fanciulla.

Fra le dita rosee, leggermente aperte e a contatto con la terra calda, presero a germogliare e ad allungarsi steli scuri di narcisi, i cui petali erano neri come il ventre oscuro della terra.

Li guardò sbocciare, inquietanti e magnifici, e vi accostò il viso per annusare la fragranza dolcissima che emanavano, legata al lieve sentore di petali in disfacimento.

«Aidoneus», mormorò dolcemente, chiudendo gli occhi.

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Aidoneus - Le soglie dell'EreboDove le storie prendono vita. Scoprilo ora