Si risvegliò da un sonno inquieto.
Le era parso di vedere sua madre vagare senza meta per le campagne, chiamandola a gran voce con crescente disperazione; persino la Terra sembrava partecipare a quella sofferenza, perché laddove Demetra posava il piede, l'erba perdeva vigore e ingialliva, come privata del proprio nutrimento.Una sensazione d'inquietudine la colse mentre indugiava fra le coperte pesanti, rinviando il momento in cui avrebbe dovuto abbandonare quel bozzolo di calore e protezione.
L'idea di trovarsi nel cuore dell'Erebo – nel letto di Ade – le era ancora inconcepibile; eppure dovette venire a patti con quella realtà quando mise a fuoco l'onice striata d'oro delle pareti, le sete e il bisso prezioso dei tendaggi che la circondavano.
Si tirò a sedere lentamente, ma sobbalzò quando si accorse del giovane che la stava osservando, immobile ai piedi del letto.
Lui non si soffermava mai così tanto da lasciarsi scorgere, ma ogni notte vegliava il capezzale di ogni creatura, mortale o divina: era Morfeo, il Sogno, e stringeva fra le belle dita qualche papavero dai petali stropicciati.
«Continua a chiamarti», spiegò, sfiorando gli stami neri con delicatezza. «Ti cerca, ma nel cuore sa già dove ti trovi. Ho pensato che dovessi saperlo.»
Non le offrì aiuto.
Raramente Morfeo s'interessava agli affari degli altri dei, preferendo rimanere ai margini delle contese divine e cercando solo la compagnia dei suoi fratelli, Fobetore e Fantaso; le aveva consegnato quel sogno, però, che Core accettò con riconoscenza.«Ti ringrazio», mormorò, mentre il dio restava in silenzio. I suoi lineamenti mutavano continuamente, simili a ombre sull'acqua, rendendo difficile guardarlo in volto; soltanto gli occhi restavano sempre identici, splendenti come dracme d'argento.
Morfeo fece un cenno con il capo, poi svanì.Rimasta sola, Core scese dal letto con passo malfermo; era ancora vestita dello splendido peplo che Ecate le aveva fatto indossare, forse per renderla più simile alla regina che Ade tanto desiderava.
Una regina, lei.
La ninfa più preziosa del corteo di sua madre, ma pur sempre una ninfa, una creatura di Cielo e Terra che non faceva veramente parte né dell'uno né dell'altra, con le dita ricolme di fiori e gli occhi volti sempre in alto, verso le nubi iridescenti di suo padre.Lei, sovrana degli Inferi e prigioniera di suo marito, segregata in un luogo dove nulla nasceva o cresceva.
Rabbrividì, ma cercò di riscuotersi. Nella stanza trovò un piccolo mobile con uno specchio di rame lucidato, una spazzola di crine e una ciotola d'argento ricolma d'acqua; si sciacquò il viso, cercando di eliminare gli ultimi barlumi di sonno.
Si stava asciugando con un panno di lino quando sentì bussare dolcemente alla grande porta d'ebano.
«E' permesso, mia signora?» domandò una voce di fanciulla, appena oltre la soglia.
Core strinse più forte la presa sul telo, ma cercò di non farsi dominare dalla paura. «Vieni avanti», rispose, formale.
La ragazza che entrò nella camera aveva un'età indefinita, ma nonostante fosse una creatura dell'Erebo, non era sgradevole a vedersi; i suoi capelli scuri erano trattenuti da una piccola retina di zaffiri, liberando un viso dai lineamenti morbidi, gioviali.
Core la osservò, incerta su cosa fare. «Qual è il tuo nome?»
La fanciulla sorrise con un calore che illuminò i suoi occhi bruni. «Philotes, mia signora, figlia della Notte. Sono al vostro servizio, se così vi compiace.»
Philotes, l'Affetto.
Una dea minore, proprio come lei; forse Ade sperava che mostrandole gli abitanti meno spaventosi dell'Oltretomba, Core si sarebbe dimostrata più incline a dimenticare gli orribili spettri che l'avevano accolta.
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Aidoneus - Le soglie dell'Erebo
FantasyCore, la giovane dea della fioritura, ha sempre vissuto una vita pacifica fra le ninfe di sua madre, Demetra. Non sa che, nascosta agli occhi degli dei e degli uomini, un'ombra segue ogni suo passo. Ade e Persefone, la mia personalissima reinterpret...