Con il passare del tempo, Core si adeguò alla sua nuova vita in Erebo.Come figlia della Terra soffriva ancora la mancanza del Sole, ma quando smise di domandarsi se in superficie fosse sera o mattina, ogni cosa per lei divenne più semplice. Dal momento che le divinità del sottosuolo non sentivano il bisogno di misurare lo scorrere delle ore o di alternare sonno e veglia, anche lei smise di farlo; pian piano si spogliò di ogni sua abitudine mortale, per abbracciare quelle del cupo regno in cui era stata confinata.
Poiché persino il Tempo, in Erebo, era un prigioniero, Ade non s'inchinava ad altra forza che non fosse la propria volontà. Era lui a scandire i ritmi della corte infernale, a scegliere quali fossero i momenti di quiete e quali, invece, dovessero essere dedicati al giudizio delle anime.
Ogniqualvolta il re si recava nella sala del trono per adempiere al proprio ruolo, Core lo seguiva, coprendo il capo con un velo nero e rimanendo in disparte tra le ombre delle alte colonne. Lo osservava prendere posto nel suo scranno di pietra, fare un breve gesto con la mano diafana e dare inizio all'infinito corteo di spiriti che si presentavano al suo cospetto.
La prima volta che Core aveva assistito a un'udienza, aveva nutrito il dubbio che, in realtà, Ade non ascoltasse affatto le confessioni dei mortali; in seguito, però, aveva avuto prova di quanto suo marito prendesse seriamente il proprio dovere.
La maggior parte delle volte lasciava che fossero i tre giudici a occuparsi della sentenza, a seconda della provenienza delle anime; capitava talvolta, però, che li interrompesse per aggiungere qualcosa o, ancor più raramente, per opporsi al loro giudizio.
Quand'era accaduto, Core aveva seguito quella vicenda con particolare attenzione, ma non era stata in grado di capire cosa avesse spinto suo marito a intervenire. L'anima in questione apparteneva a un uomo violento e meschino, che per anni aveva abusato della sua stessa figlia; e quando questa era rimasta incinta, colto da un'improvvisa vergogna, l'aveva uccisa.
Era stato Minosse a condannarlo, con la furia negli occhi: per duecento anni lo spirito dell'uomo avrebbe pagato per le proprie azioni, trascinato nel Flegetonte di fuoco.
Core aveva ascoltato quella confessione con crescente disgusto, annuendo quando il giudice aveva pronunciato la sentenza; ma Ade si era opposto, dimezzando la condanna con la sua voce ferma.
Nell'udire la voce di quel dio silenzioso, l'uomo era crollato in ginocchio, tremante e grato, benedicendone il nome. Tuttavia, non osò mai sollevare lo sguardo: persino quando dimostrava pietà, Ade restava il più spaventoso dei dodici.
In seguito, quando si erano trovati soli in una piccola anticamera dove avevano preso l'abitudine di sorseggiare insieme del vino speziato, Core gli aveva chiesto spiegazioni su quell'atto di generosità. Era diventato un piccolo rito: durante le udienze, Core cercava di tenere a mente i casi più difficili, per poi riportarglieli quando erano soli, certa di trovare in lui ogni risposta.
Ade non rispondeva mai subito; poiché le sue parole avevano un peso eterno, sembrava sceglierle sempre con estrema cura. «In vita, Minosse ebbe una figlia, che amò con tutto il cuore», aveva detto, rigirandosi la propria coppa tra le dita. «E' un uomo giusto, ma pur sempre un uomo; e punisce con particolare vigore casi come questo.»
Lei aveva inclinato un poco il capo, accigliata. «Non dovrebbe? Non è forse mostruoso un atto simile?»
«Lo è», aveva confermato Ade, con tono grave, «ma Minosse non ha il compito di vendicare i torti. Esistono atti più gravi di quelli di cui si è macchiato quell'uomo; e deve sempre esserci una misura, persino nella giustizia.»
Lei aveva annuito, sebbene non fosse certa di condividere quel pensiero. Eppure, grazie alle loro discussioni, Core aveva scoperto non soltanto di avere delle opinioni proprie, ma che Ade era interessato ad ascoltarle.
Non liquidò mai le sue osservazioni come quelle di una bambina inesperta ma, anzi, la invitava a ragionarvi sopra, guidandola con pazienza.
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Aidoneus - Le soglie dell'Erebo
FantasyCore, la giovane dea della fioritura, ha sempre vissuto una vita pacifica fra le ninfe di sua madre, Demetra. Non sa che, nascosta agli occhi degli dei e degli uomini, un'ombra segue ogni suo passo. Ade e Persefone, la mia personalissima reinterpret...