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Claudio e Mario


Sono trascorsi sedici lunghissimi giorni e sedici notti eterne... Quante cose sono cambiate in quelle poco più di due settimane.

Mario ora respira da solo.

Dopo dieci giorni i medici hanno deciso di trasferirlo in reparto e di estubarlo, continua a rimanere sedato, ma almeno respira autonomamente; la prognosi non è ancora sciolta anche se ci sono segnali di un netto miglioramento: l'edema cerebrale si è via via riassorbito e lui reagisce bene agli stimoli e alle terapie. L'unica incognita resta la lesione alla colonna vertebrale ed è anche per questo che i medici fino a quel momento, decidono di non svegliarlo completamente.

Claudio è sempre lì, non si muove, si distacca da Mario solo quando lo obbligano ad andare a casa per fare una doccia e cambiarsi, per il resto mangia, lavora e vive in ospedale, ma sia chiaro che Mario non resta mai senza qualcuno che gli stia accanto, che gli faccia compagnia. Claudio non lo permette, quando lui se ne va Paolo, Rosita, sua madre o suo padre si danno il turno e rimangono in ospedale: Claudio non lo dice mai apertamente, ma sapere il suo compagno da solo e incosciente con persone che, seppur qualificate,non conosce, non lo fa stare tranquillo e i suoi amici e i suoi genitori lo assecondano volentieri.

La stanza di Mario è piena di luce, d'amore e di musica... Già la musica, le sue canzoni preferite risuonano tutto il giorno tra le mura bianche di quel reparto asettico e in camera non manca mai un mazzo di rose fresche che Claudio sceglie personalmente ogni tre o quattro giorni prima di tornare da lui.

Claudio si prende cura di Mario completamente: lo lava ogni mattina, non vuole che nessuno lo faccia al posto suo, gli fa la barba con cura, lo pettina, si preoccupa di mettergli la crema idratante e gli massaggia dolcemente mani e piedi, poi aiuta l'infermiera a cambiare le lenzuola, ormai sa come muoversi e come muoverlo senza fargli male e poi una volta rimasti soli gli parla fino a sfinirsi, gli parla del tempo, di quello che dicono i medici, gli legge i messaggi che riceve, gli legge il giornale alla pagina del calcio e poi gli racconta di loro, dei progetti che ha per loro e di come li realizzeranno insieme.

Nel reparto di traumatologia dove hanno trasferito Mario, le infermiere si fermano spesso a fare due chiacchiere con quel giovane uomo che non perde d'occhio nemmeno per un secondo il suo compagno e ne rimangono piacevolmente colpite e sorprese: mai in tanti anni di lavoro hanno visto una dedizione tale per un paziente e mai si sarebbero aspettate di vederla tra due uomini. Claudio è attento, analizza tutto, anche la cosa più insignificante e anche il più piccolo dei segnali gli da ogni volta un po' di speranza in più.

***

Quella sera Claudio è sfinito e si appisola sul bordo del letto con la testa appoggiata sulle braccia ripiegate su se stesse.

Un piccolo e impercettibile movimento sfiora il lenzuolo bianco.

"Perché non riesco ad aprire gli occhi...", un caos calmo pervade i pensieri di Mario, va tutto a rilento, i suoi occhi non vogliono aprirsi, si sforza, ma ha come l'impressione di avere dei macigni al posto delle palpebre, ha come la sensazione che siano in qualche modo incollate. Cerca di radunare i pensieri: dove si trova, cos'è successo, perché gli sembra di essere stato travolto da un treno incorsa? Si impone di aprire gli occhi, ci mette tuta la volontà e la forza che sente di avere in quel momento, piano, un poco alla volta, gli sembra un'eternità.

Quando li ha ben aperti cerca di mettere a fuoco al meglio le immagini, ciò che ha di fronte: la stanza, i fiori, i monitor che emettono dei suoni regolari e fastidiosi e poi la musica, ma che canzone è? Si impegna a capire...sì è Tiziano Ferro, Troppo buono, la sua canzone preferita...

Clario: storia di un amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora