capitolo terzo

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Esistevano profumi e odori così fortemente associabili a un momento o a una persona, che bastava risentirli una sola volta anche a distanza di anni per ritrovarsi catapultati nel passato nell'esatto attimo in cui li si respirava.

Un fenomeno affascinante e piacevole che tuttavia a volte si rivelava crudele e ingannatore, specie se i ricordi evocati appartenevano a un periodo che non poteva più, in alcun modo, ritornare.

A una persona che non poteva più ritornare.

April adorava la cannella, fin da quando era piccola: quell'odore particolare, anche piuttosto pungente e che per questo non era gradito da tutti, lei semplicemente lo amava e le piaceva riempirsene i polmoni fino a sentire il naso pizzicare per la sua intensità.

Lo sapeva bene suo padre, che non mancava occasione di prepararle qualche leccornia a base di quell'ingrediente, anche se era stanco dopo una giornata di lavoro e l'unica cosa che avrebbe desiderato era riposarsi sul divano. Per lei lo faceva.

Era decisamente inusuale sentire quel profumo in una libreria eppure casualità aveva voluto che qualcuno avesse appoggiato per un attimo un vassoio sopra il bancone e che da questo provenisse proprio quell'aroma. Dovevano essere dei dolci o forse dei biscotti, questo lei non lo sapeva e non faceva granchè differenza, in fondo.

Quello che contava era quel profumo.

Fuori imperversava gennaio e, anche se la stanza era mantenuta calda dal calore dei termosifoni ingialliti, a lei bastò incrociare quella scia olfattiva per ritrovarsi nel bel mezzo del caldo afoso di un tardo pomeriggio d'estate, in una piccola ma accogliente cucina di una casa al secondo piano di una palazzina modesta in periferia.

Suo padre le sorrideva da dietro quella barba un po' troppo lunga che le solleticava sempre la guancia quando gli si stringeva al collo, gli occhi allegri, la fronte imperlata di sudore per via del forno acceso, e le mani ancora un pizzico infarinate dopo ore di dolci pasticci culinari con sua figlia.

April era corsa in balcone a stendere le sue braccine fuori dalla ringhiera per assaporare il refrigerio di quella brezza estiva, calda ma pur sempre meno torrida della temperatura della cucina.

Passava qualche automobile solitaria nella strada sotto di lei, il cane della vicina abbaiava, e poteva udire il vociare indistinto dei bambini della famiglia che abitava al piano inferiore, eppure in mezzo a quella confusione lei si sentiva in pace col mondo e felice come non mai, con gli occhi chiusi, il vento sul viso e il profumo di cannella nelle narici.

《Signorina?》

La voce spazientita di una donna di mezza età si intrufolò prepotente come un fastidioso ronzio di sottofondo, ma April si era immersa così profondamente nel suo dolce ricordo da non sentirla nemmeno.

《Signorina, mi scusi! Ma ci sente?》

Quell'interferenza si fece più insistente e chiara, la ragazza aggrottò leggermente le sopracciglia, confusa, mentre il volto di suo padre cominciava a sbiadire e a farsi sempre meno nitido. Cercò in tutti i modi di trattenere la sua immagine il più possibile, non voleva lasciarlo andare via ora che sembrava così reale, così vicino.

Qualcuno le strinse con forza il polso, facendola sobbalzare e ritornare crudelmente alla realtà.

La dura realtà in cui lei non era più un'undicenne spensierata e suo padre giaceva sottoterra da ormai cinque lunghi anni.

Anche il vassoio con i dolci ormai non c'era più, la sua proprietaria l'aveva portato via e con esso anche quel profumo così illusorio.

Gli occhi le pizzicarono ma non ebbe il tempo di abbandonarsi alle lacrime.

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