3 - Gaia

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La sua pelle è calda al contatto, confortante.
Troppo.
Mi ritraggo appena mi rendo conto di quanto mi piaccia essere toccata da lui: non posso cadere così in basso dimostrandogli che mi piace ancora, che la cotta si è trasformata in qualcosa di più che m'impedisce di fare altro se non pensare a lui dalla mattina alla sera, persino nei sogni; non posso rovinargli la vacanza mettendolo a disagio quando capirà che i miei sentimenti per lui sono ancora più forti di prima.
Vorrei dirglielo, solo per levarmi un peso di dosso, anche se so che non cambierebbe niente... ma non posso. Mentre decido come comportarmi, se valga la pena iniziare una conversazione per poi vederla morire, uccisa dal suo disinteresse verso di me, lui mi stupisce dicendo: "ciao".
L'ha detto davvero o l'ho immaginato? Decido di rispondere replicando il suo saluto: almeno, se ho immaginato che lo dicesse, non sembrerà che io abbia le allucinazioni e senta uscire dalla sua bocca parole che in realtà non ha detto, anche se sarebbe la verità.
Sembra nervoso e mi scruta con aria curiosa... probabilmente mi disprezza ancora!
Fa male accorgersi che non è cambiato niente, vedere le proprie speranze crollare, anche se sarebbero dovute essere inesistenti... insomma, mi aspettavo forse che mi abbracciasse e mi dicesse di amarmi, di avermi sempre amata, per tutto questo tempo? Che sciocca! Sicuramente starà ridendo di me nella sua testa in questo momento; ma è troppo gentile per ammetterlo, lo conosco.
Anzi: è troppo gentile per ridere di qualcuno, persino nella sua testa.
Solo ora mi rendo conto di quanto io debba fargli pena: dopo cinque anni non sono ancora riuscita a dimenticarlo!
Ma non mi mostrerò debole, non gli darò motivo di vergognarsi per essere venuto alla festa di compleanno di una ragazza innamorata di lui da otto anni. Decido di fissarlo e di non abbassare più lo sguardo: farò finta che non sia successo niente, per il bene di tutti; farò finta di essere felice e mi comporterò come un'amica.
Proprio mentre prendo questa decisione lui mi chiede come va la scuola, e io rispondo.
Passiamo una lunga ora a parlare del più e del meno e a ridere, come se niente fosse, a far finta di essere amici per la pelle, nonostante l'atmosfera tesa e imbarazzata... deve essersi accorto di quanto sono patetica e, dato che è troppo buono, avrà deciso di reggermi il gioco... Per un attimo mi sembra quasi possibile che a lui faccia piacere essere qui con me, ma so benissimo di essergli sempre stata antipatica.
Continuiamo così finché non arriviamo all'aeroporto, dove corro da Eden e Sara a chiedere loro spiegazioni, lasciando finalmente libero Samuele di andare a lamentarsi di questo viaggio coi suoi amici.
Coi nostri amici.

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