14 - Gaia

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Smetto di piangere.
Non ho più motivo per farlo, d'altronde: lui è qui con me e non è più lontano, con Sara.
Vorrei parlargli e dirgli tutto quello che ho tenuto per me in questi otto anni; vorrei raccontargli i sogni ad occhi aperti, le volte in cui di notte, quando mi svegliavo, stringevo il leoncino, il mio pupazzo preferito, ricordandomi di quando lo avevo portato a scuola per ritrarlo e lui me lo aveva rubato, in combutta con Eden...
È così che mi riaddormento quando mi sveglio nel mezzo della notte: rievocando i momenti più belli delle medie, quelli grazie ai quali nutrivo una speranza di piacergli.
Vorrei chiedergli come ha fatto a sapere che ero qui e perché è venuto a cercarmi, se non gl'importa niente di me; vorrei chiedergli perché ora mi sta abbracciando, illudendomi, dopo aver preso Sara per mano... ma voglio davvero farlo?
So benissimo che, non appena aprirò bocca, lui si scioglierà da quest'abbraccio magico, rispondendomi che, come so, è venuto a cercarmi perché ero scomparsa e Eden era troppo presa da Regazzi per accorgersi della mia assenza, perché pensava mi servisse un po' di conforto. Andrà così, lo so, e non sono pronta a staccarmi da lui, tutto ciò che ho sempre voluto... ma, ovviamente, l'universo è contro di me e la pensa diversamente!
Infatti, mentre mi sto rannicchiando ancora di più sotto il suo corpo confortante, la porta del bagno si apre e Eden entra correndo, seguita da Sara e Giorgia... perfetto!
M'irrigidisco per un attimo, sorpresa dalla loro comparsa.
Ora Samuele si ritrarrà da me all'istante, cercando di giustificarsi con loro, piantandomi qui...
E infatti lo fa.
Una parte di me, una troppo grossa, sperava il contrario, ma evidentemente è la parte di me che non ha ancora capito che sperare equivale a illudersi, e quindi a veder crollare le speranze infondate, e quindi a soffrire.
Era tutta un'altra trappola dell'universo, e io ci sono cascata.

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