Chiara rimase ferma sulle sue decisioni: aveva rinunciato ai nostri futuri incontri. Evitando di vedermi, ricacciava indietro le sue debolezze e le sue paure. I nostri contatti, per un paio di settimane, rimasero legati al solo telefono. Stranamente, però, le nostre confidenze si fecero molto più intime. Dai più filosofici discorsi sull'amicizia, sull'egoismo, l'educazione dei figli, eravamo passati ad argomenti più "materiali": si parlava spesso di rapporti intimi, delle esperienze vissute, del suo matrimonio, delle mie avventure, dei piaceri trovati. Seppi allora un altro di quei piccoli segreti di Chiara. In tutta la sua vita sessuale, non aveva mai avuto il coraggio di "toccarsi". Neanche quando faceva l'amore con Camillo aveva mai pensato a una simile ipotesi. In otto anni di matrimonio era sempre stato lui a "preoccuparsi" di farle raggiungere l'orgasmo. Chiara non aveva mai portato la mano sul proprio sesso mentre faceva l'amore e, meno che mai, lo aveva fatto in un momento di eccitazione con sé stessa come unica protagonista. Aveva sempre rifiutato a priori questa considerazione e un tale desiderio. Il toccarsi era per lei una manipolazione vergognosa, come se il suo sesso vivesse staccato da lei. Nel matrimonio, i momenti del trovarsi nell'intimità finirono per essere piuttosto "ripetitivi". Stessi gesti, stessi orari e stessi giorni. Ascoltando le sue impressioni non mi sembrava proprio che in quella unione aleggiasse la fantasia. Le tante descrizioni fatte sul marito avevano trasformato la mia immaginazione in certezza: Chiara non aveva mai provato un "vero" piacere sessuale. Non era mai riuscita ad abbandonarsi tra le braccia di un uomo. Anche le esperienze con i due amanti (quelli che io chiamavo "l'Artista" e "Rosario") non erano state poi così esaltanti. Non voglio dire con questo che lei non avesse conosciuto il sapore dell'orgasmo. Semmai non era riuscita ad accoppiare il normale piacere "di pelle" a quello più sottile e complicato "di mente". Il suo orgasmo si era sempre fermato nel ventre. Chiara viveva il sesso orbitante intorno alla sua personalità. Il sesso era un accessorio al rapporto, "amarsi" non costituiva un donarsi e prendere piacere. Per Chiara il sesso era "sesso". Punto e basta! I primi tempi con Camillo aveva davvero vissuto dei periodi felici; poi, fare l'amore era diventata un'abitudine (a volte gradevole, a volte meno). Lui, forse per egoismo o forse per una mentalità tipicamente maschilista, non riusciva più a comprendere i tempi di Chiara, a cogliere l'attimo fuggente di quella complicata sessualità. Facevano l'amore quando piaceva a lui e non quando lei lo desiderasse veramente. A volte succedeva anche che lui la prendesse senza la minima eccitazione. Eppure, lei non si opponeva. Era ormai convinta che quello fosse l'amore, il rapporto a due... il sesso. Era una donna riservata e l'educazione avuta non le dava certo lo stimolo per confidarsi con le amiche. Sì, Chiara era una donna estremamente riservata. Mi ritornava in mente quella prima volta a casa mia e gli attimi che avevano preceduto il nostro abbraccio d'amore. Chiara aveva vergogna di mostrare il proprio corpo. Preferiva il buio completo nella stanza, per timore di essere osservata. Non ammetteva che il guardarsi potesse essere eccitazione e desiderio. Lei non aveva mai preso l'iniziativa nel gioco d'amore: subiva e non osava ribellarsi a quelle assurde regole. Forse, proprio dalla immobilità di queste regole era cresciuta in lei la convinzione di non saper fare all'amore e di non riuscire a dare piacere ad un uomo. Il timore abbandonarsi alla passione l'aveva portata a supporre che, oltre quel limite, non si potesse andare.
Non immaginavo per nulla di rivederla così presto! La trovai un pomeriggio sulle scale di casa. Stavo rientrando con in mano le buste della spesa e lei era lì, davanti alla mia porta.
-Ti volevo lasciare un messaggio!- disse candidamente come se nulla fosse accaduto in precedenza. Aveva disegnata sul viso la stessa aria birichina di un bambino che ha da poco rubato la marmellata, sorpreso con le labbra inzuccherate da quella delizia. Non riuscivo a capacitarmi di come e perché lei fosse tornata a casa mia: cosa le era passato per la mente? Perché era lì, davanti a quella porta? Non aveva deciso di escludermi dalla propria vita, evitando ogni possibile contatto fisico per tutti i giorni futuri?
-Hai una faccia proprio buffa- mi disse sorridendo -forse, non ti piacciono le sorprese?- Non avevo uno specchio per vedermici dentro, ma avrei giurato che la mia fosse proprio una faccia da bamboccio!
-Devo scappare! La bambina mi aspetta a scuola di musica.- disse lei, come per giustificare quella decisione repentina di fuga. Ero confuso. Non avrei mai supposto di vederla tornare da me. Lei invece sembrava assai divertita. La stuzzicava il mio sguardo sorpreso che ancora conservavo negli occhi. Mi lasciò sulle scale, a domandarmi se fosse stata proprio Chiara quella donna ritornata a casa mia, senza essere riuscito ad aprire bocca: impalato dalla meraviglia e dall'impossibilità dell'accadimento. Mi girai verso la porta e fissai la targhetta sotto il campanello: Miky Scipoli, Giornalista. Sì, quella era proprio casa mia! Quello paralizzato sulla porta ero proprio io. Quella era proprio Chiara!
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Per favore, non lavarmi la caffettiera
RomanceChiara mi fissava in silenzio; cercava dentro la sua mente le parole giuste per riprendere quel dialogo che avevo interrotto. Si alzò dalla sedia ed iniziò a togliere lentamente i resti della colazione dalla tavola. - No, Chiara. Per favore, non lav...