Capitolo 12

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C'era una volta una formichina, piccola piccola. Così piccina che aveva il pigiamino con una riga sola. Tutte le altre compagne del formicaio la prendevano in giro e ridevano per quella miniatura di formica. Eppure Michina, questo era il nome della nostra piccola protagonista, era sempre gentile e buona con tutti. Non usciva mai dalla Grande Casa; rimaneva a sbrigare tutte le faccende domestiche. Avrebbe voluto uscire, come le altre, a cercare del cibo, magari riportare un semino di grano o una briciolina di pane, ma c'erano tante cose da fare dentro al formicaio. Doveva lucidare tutte le scarpine delle compagne, rassettare le camere, lavare le cannottierine delle formiche operaie, spolverare e cucinare. Non le rimaneva neanche un po' di tempo libero. Tutto il giorno a lavorare! Non aveva tempo per uscire a cercare il cibo, approfittandone per guardare i fiori, per giocare con i grilli e le farfalle, stendersi al sole a riposare. Figuriamoci quindi se Michina avesse del tempo per cercarsi un formico con il quale sposarsi ed avere tanti bellissimi formicoli! E così, quando Michina si addormentava nel suo piccolo letto, finiva per sognare sempre il Formico Blu, con il mantello bianco e la corona in testa, che un giorno l'avrebbe sposata.

- Ma figurati se un Principe sposa proprio te! - le ripetevano le compagne ridendo a crepapelle.

- Proprio te, così piccina e bruttina. Semmai dovrà scegliere una di noi, così forti e coraggiose-.

Un giorno, un bellissimo giorno di primavera fu annunciato, con grande sorpresa, l'arrivo al formicaio del Principe Formicuz, Principe dei Sette Formicai, del Regno incantato di Formiconia. Per lui erano state imbandite tutte le tavole con ghiottonerie e delizie. La stessa Michina aveva lavorato sette giorni e sette notti per preparare torte di nettare, zuppe di miele e sformati di polline. Primizie che avrebbero stimolato l'appetito anche a chi si sentiva già sazio e satollo. Una settimana intera di fatiche, sperando di poter essere presentata al Principe, così lo avrebbe visto, gli avrebbe parlato e chissà, forse avrebbe potuto pure ballare insieme a lui. Tutte le sue compagne però avevano vergogna di mostrare al Principe, Michina: così minuta e piccina non era certo un vanto per il formicaio. Loro erano tutte grandi, con le spalle grandi e con le mani grandi, capaci di sollevare pesi sempre più grandi. Come poteva una formichina così piccina far parte di quel formicaio. Il Principe avrebbe riso di lei e di tutte le sue compagne. Per questo, il consiglio dei saggi decise che fosse più giusto che Michina abbandonasse il formicaio e fosse condotta nel bosco per una settimana a tagliare la legna. Laggiù nel bosco degli Orchi, nessuno l'avrebbe cercata e nessuno della scorta del Principe Formicuz avrebbe potuto trovarla. Quando Michina si ritrovò sola nel bosco fu presa da tanta tristezza e malinconia. Aveva paura che da dietro qualche albero potesse uscire un Orco e divorarla in un solo boccone. Si nascose sotto una ghianda e si mise a piangere singhiozzando. Un rumore improvviso la destò dal pianto. Dietro un cespuglio vide spuntare un piccolo ranocchio. Aveva un berrettino rosso in testa e calzava degli strani stivali lucenti ai piedi. Aveva l'aria simpatica ed allegra e non sembrava volesse farle del male. Gli occhietti verdi e vispi la fissavano con curiosità, domandandosi il perché di quelle lacrime. Nocchio (questo era il nome di quel buffo esserino) era piccin piccino, poco più grande di Michina.

- Perché piangi?- le disse.

Michina gli raccontò la sua storia e come fosse finita nel bosco degli Orchi, gli confidò tutta la tristezza che le riempiva il cuoricino: Nocchio l'ascoltava in silenzio commuovendosi per quella vita trascorsa senza allegria e senza nessun amore. Più i nostri due amici parlavano e più si accorgevano di essere simili: anche se lui era un ranocchio e lei una formichina. Al formicaio intanto erano iniziati i festeggiamenti per l'arrivo del Principe. Canti, balli e musiche accompagnate da saltimbanchi, giocolieri e mangiafuoco, riempivano le strade del grande formicaio. Tutti ridevano, ballavano e mangiavano in grande allegria. Ma una brutta sorpresa attendeva al varco le formiche ed il Principe, arrivato con tutta la sua numerosa scorta. L'ingresso del formicaio, appesantito dagli ornamenti costruiti per l'occasione, franò d'improvviso ed una grossa pietra finì proprio sopra la Grande Casa delle formiche. Così tutte rimasero intrappolate, senza via di scampo. Tutti provarono a smuovere quella pietra enorme, ma nessuno vi riuscì! Anche le formiche soldatesse, le più forti e giganti del formicaio, vi provarono, senza riuscirvi. Anche gli armigeri della scorta del Principe provarono! Tutti insieme ci provarono ma nessuno vi riuscì. La grossa pietra rimaneva lì immobile, imprigionando per sempre le formiche. Nocchio e Michina intanto avevano costruito una piccola casina per viverci insieme. Con un petalo di rosa avevano fatto il tetto, con un filo d'erba le finestre, con un ago di pino le pareti e con alcune bricioline di pane i mobili per arredarla. Nel bosco degli Orchi trovarono anche una piccola e soffice piuma: con quella avevano costruito i loro lettini. La notte Michina sognò che tutte le sue compagne la stavano cercando disperatamente.

Per favore, non lavarmi la caffettieraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora