Se c’era una cosa che odiavo, erano i casinò.
Mi piaceva uscire con Adam e i miei pochi amici, solitamente andavamo al solito Bar a Brooklyn, un posto giovanile ma elegante, con la musica da open bar che non mi stordiva. Qualche volta Adam riusciva ancora a trascinarmi in una di quelle discoteche con la fila interminabile sul marciapiede. Prima di conoscere Alida, in realtà, quei posti li frequentavo regolarmente. Uscivo spesso, bevevo fino a non ricordarmi il mio nome e sapevo che in quei posti avrei trovato qualche ragazza da portarmi a letto, senza fare il minimo sforzo.
Alida però era una modella seria. Non usciva quasi mai perché al mattino doveva svegliarsi presto per gli allenamenti e i photoshoot. Da quando avevamo iniziato a frequentarci, mi veniva naturale seguire il suo stile di vita, ben diverso dal mio, e sicuramente migliore.
Ero stato in vari casinò prima di conoscerla. Adam qualche volta ci andava, per giocare a poker e spezzare dalla sua vita quotidiana.
Avevo accettato di accompagnarlo all'Harvey Jacks, uno dei casinò più famosi di New York, solo perché Adam non voleva andarci da solo. Avrei bevuto solo una cosa e poi sarei tornato a casa, con o senza Adam.
Salii sulla mia range Rover e mi immersi nel traffico newyorkese.
Il cellulare, collegato alla macchina, mi avvisò di un nuovo messaggio.
“Göet, sono mamma quando hai intenzione di dire ad Alida della proposta? Non lo hai fatto, vero? Glielo dirà tuo padre , allora. Ci vediamo domenica.”
-Fanculo!- Esclamai, battendo i pugni sul volante. Ero stanco di quella sensazione. Sapevano solamente ficcanasare nella mia vita, era frustrante.
Parcheggiai abbastanza distante dal casinò. Adam doveva essere già arrivato.
Quel posto assomigliava tanto al casinò di panico e delirio a Las Vegas, e forse una volta lo avrei apprezzato.
Trovare Adam non fu difficile. Mi aspettava in uno dei bar, quello a tema vecchio western, il mio preferito.
Era sempre molto affollato. C’erano principalmente quelli che venivano al casinò perché avevano bisogno di soldi, quelli che si affidavano alla fortuna. Quelli più ricchi, con lo smoking di Versace e una donna al loro fianco vestita di Prada dalla testa ai piedi, bevevano whisky al bar vicino alle roulette russe, quello con le luci soffuse e i tavoli di cristallo.
Il mio gusto e portafogli forse mi avrebbe portato a bere in quel bar di classe, ma ammettevo che prima che Alida entrasse nella mia vita venivo al casinò solo per bere la fantastica birra texana.
Lo vidi seduto in un tavolo in disparte, distante dalla folla.
-Amico! Pensavo non venissi più!-
-Ammetto che ci ho pensato.-
-Smettila di fare il noioso. So che non vedevi l'ora di uscire da quel buco del tuo appartamento da donna…-
-Appartamento da donna? Ma che…-
-Si, amico, è un po’… lo ha sistemato Alida no? E si vede. Non sto giudicando il talento immobiliare della tua raga…-
-Oh, sta zitto!-
Ascoltai distrattamente i discorsi futili di Adam. A primo impatto, nessuno avrebbe mai immaginato che due tipi così diversi potessero essere amici.
Adam era uno spirito libero, amava rischiare e tutto ciò che comportava delle sfide. Non aveva le mie disponibilità economiche e lavorava sodo dalla mattina alla sera in fabbrica per mantenere suo figlio di tre anni.
Si era lasciato con la sua ragazza qualche mese dopo la nascita di Randall, e nonostante fosse passato molto tempo, sapevo che quella ferita bruciava ancora.
Ci eravamo conosciuti per caso proprio in quel bar. Io ero ubriaco Marcio e lui quasi, disperato per essere stato lasciato dalla madre di suo figlio. Ricordo che mentre beveva una birra, stringeva il cofanetto di Tiffany con l’anello matrimoniale che stava ancora pagando.
Non ricordo con successe, ma mi avvicinai a Adam barcollante e gli dissi qualcosa a riguardo alle spose arrappate, una battuta decisamente squallida, non immaginando nemmeno quello che gli era successo.
Ora, dopo tanto tempo, quando ricordiamo quell'incontro inusuale la buttiamo sul ridere, ma fino a poco tempo fa non si poteva tirare in ballo l'argomento “Ruby”.
Dopo la sua dispiacevole avventura, smise di fidarsi delle donne in generale. Non hai più avuto una storia più lunga di una notte.
Ordinammo due boccali di birra bionda texana e Adam si allontanò verso il bagno.
Alzarono il volume della musica Country. Un uomo, visibilmente brillo , salì con difficoltà nel toro meccanico posto al centro della stanza, uno dei biglietti da visita di quel pub.
Il toro iniziò a muoversi avanti e indietro. L’uomo, incitato dal misero pubblico di sbronzi, staccò le mani dalla presa sul toro, e cadde a terra, facendo ridere i suoi amici.
-Ecco due birre biond…oh cazzo!-
Smisi di guardare la scenetta del toro meccanico quando sentii qualcosa di freddo cadermi sui pantaloni.
Sussultai, accorgendomi che si trattava della birra che avevo ordinato.
Guardai incredulo i miei pantaloni griffati bagnati all'altezza del cavallo di birra.
-Ma che cazzo! Sta più attenta!-
Che diavolo. Come si faceva a non saper portare un vassoio?
Alzai lo sguardo per vedere chi aveva combinato quel danno.
La cameriera che aveva rovinato i miei pantaloni mi guardava con un espressione dispiaciuta. Sembrava quasi sul punto di piangere, ma sembrava più la sua espressione naturale, accompagnata dalle guance leggermente arrossate per l'imbarazzo.
I capelli biondi, tendenti La castano, erano raccolti sopra alla testa in una crocchia malfatta, con ciocche di capelli arricciate lungo il viso bianco e delicato.
Oltre al rossetto rosa chiaro, steso perfettamente sulle labbra fine, non era truccata.
Alle orecchie aveva degli orecchini enormi, più simili a due hula hop.
-Mi di-dispiace…io…oh cielo sono così sbadata! –
Prese dalla tasca del grembiule una pezza viola e iniziò a tamponarla sui miei pantaloni all'altezza del cavallo, sotto il mio sguardo incredulo.
La fermai bloccandole le mani. La sua pelle era liscia e fredda, in contrasto con le mie mani calde.
-Ok, non credo serva molto.- dissi divertito.
Lei ritirò le mani, abbassando lo sguardo imbarazzata.
Indossava la solita divisa femminile del bar. Un vestito blu, con i bottoni bianchi che andavano dall'orlo fino al petto.
Nella sua targhetta c'era scritto Maddy.
-Mi scusi, non mi capita mai! È il mio primo giorno di lavoro sa… per farmi perdonare, posso offrirle un'altra birra. Cioè, è normale che non la deve pagare, l'ho fatta cadere io! La birra però non macchia! Basta che li metta a mollo subito, quando torna a casa e non ci sarà nessun problema! E un consiglio di mia non…-
-D'accordo. Non fa niente, davvero. –
Si mosse agitata, evitando il mio sguardo.
-Portami un’altra birra, senza farla cadere magari, e siamo a posto. –
-Perfetto! Birra gelata in arrivo!- si voltò di scatto, scomparendo tra la folla.
-Ehi, amico, chi era quella biondina? Non è niente male, cazzo. – disse Adam, sorseggiando la sua birra.
-Una cameriera.-
-Una cameriera davvero carina. Dov'è la tua birra?-
-Sui miei pantaloni.-
Adam scoppiò a ridere, bagnandosi con la birra. -Che sfigato del cazzo!-
-Sta zitto!-
A portarmi la birra fu un'altra cameriera.
Adam parlava, in cerca della mia attenzione, ma lo ignoravo.
Per tutta la serata, continuai a guardarla.
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Perdoname, madre (SOSPESA)
Roman d'amourTrasferirsi a Brooklyn fu l'idea migliore che la famiglia di Magda Soto potesse mai prendere. O, almeno, questo era quello che credeva prima di rendersi conto a cosa realmente stava andando incontro. Appassionata di musica latina e jazz, divoratric...