{ MAGDA
-“Birra gelata in arrivo”? Hai davvero detto così?- mi chiese Bella incredula, aspettando affamata il suo taco.
-Si! Mi è andato in pappa il cervello! Lo sai che quando mi agito faccio casini!- esclamai, mordendo il mio burrito con doppio cheddar, macchiandomi la maglia nuova di formaggio. -Lo vedi? Io sono un casino ambulante!- piagnucolai, pulendo col dito il formaggio e portandomelo alla bocca.
-Va be,era il tuo primo giorno di lavoro. Hai fatto cadere una birra soltanto,vero?-
-Si, ma come prima volta non ho fatto bella impressione!-
-Intendi al tuo capo o al guapo?- mi sorrise maliziosa, afferando il suo Taco.
-Al mio capo, Bella!-
Ci allontanammo dalla rosticceria messicana con il nostro pranzo, ed entrammo nel salone di mia madre, poco affollato vista l'ora.
Salutai le clienti abituali e andai a sedermi in uno dei divanetti d’attesa, vicino a Isabella.
-Comunque non ti ha licenziata, quindi smettila de agitarti. Ma parlame di più del guapo! Como se chiama?-
-Gli ho versato la birra sui pantaloni, non ho pensato a fare le presentazioni!-
-Avresti dovuto. E poi, io te l'ho sempre detto. Smettila de agitarti, sei troppo isterica. Avresti bisogno de relasarte, de una spa, por esempio. O de una scopata, forse.-
Alzai gli occhi al cielo, concentrandomi unicamente sul mio pranzo.
Bella aveva ragione, ero perennemente nervosa, ma lo sarebbe stata anche lei dopo aver perso cinque lavori in un mese.
Non volevo perdere il lavoro al casinò. Avevo bisogno di soldi, e quel posto mi pagava bene. Tenermi un lavoro per più di una settimana sarebbe stato un record.
Sapevo che se anche questa volta non sarebbe andata bene, avrei dovuto affiancare mia madre nel salone, una volta per tutte, e non era quello che volevo.
Passammo l'intero pomeriggio per le strade di Brooklyn. Bella era curiosa, guardava con occhi incantanti gli enormi palazzi e grattacieli, voleva entrare in tutti i negozi e fu abbastanza difficile per me gestirla.
Non era così che mi ero sentita io, quando ero arrivata in quel Paese molti anni prima. Ero solo arrabbiata, e non mi interessava se da quel momento in poi avrei vissuto in quella che era la location dei miei film americani preferiti.
New York aveva incominciato a piacermi lentamente, senza che me ne accorgessi realmente.
Arrivammo a casa, un piccolo appartamento in un condominio residenziale indistinguibile fra gli altri condomini popolari grigi e altissimi che costernavano la zona abitata.
Prendemmo il vecchio ascensore, fortunatamente non rotto, e salimmo al terzo piano.
Dall’androne riuscivo a sentire la musica latina proveniente dal nostro appartamento. I vicini avevano smesso presto di lamentarsi, arrendendosi al fatto che non si poteva discutere con i Soto.
Entrammo, e l'odore di fritto si appiccicò ai nostri vestiti e capelli immediatamente.
La mia sorellina più piccola, Sofia, ci corse incontro, scivolando sui suoi calzini antiscivolo a forma di unicorno.
-Lena, posso vedere i Simpson in camera tua? Non riesco a sentire nulla con tutta questa musica!- chiese lei, facendo il broncio.
Raccolsi la sua massa di capelli ricci e scuri in una coda e annuì.- Certo Sofi.-
-C’è qualcosa per me?-
Chiese a Bella, indicando le buste di vestiti che reggeva saldamente fra le mani. -Certo che si, mi princesa!-
Insieme entrarono nella mia stanza, infondo al corridoio.
La musica proveniva dal salotto. Alla TV trasmettevano i Simpson, ma nonostante il volume alto, Era la canzone latina a farmi rischiare l'udito.
Nina, la ragazza di mio fratello maggiore Alejandro, ascoltava e ballava a ritmo di salsa muovendo l'ingombrante sedere cubano coperto da un leggero leggins nero.
Lei e mio fratello stavano insieme da molto. Viveva praticamente a casa mia, e nonostante non mi stesse più antipatica come una volta, certe volte, come in quel momento, riusciva ad essere davvero fastidiosa.
-Oh, ciao Magda! – urlò per farsi sentire sopra la musica. Ballava insieme ad una amica di mamma,una sua vecchia cliente del salone.
Nina era una bella ragazza, non il mio genere di bellezza femminile, ma sicuramente il tipo giusto per i maschi latini. Era alta e formosa, un fisico da far invidia alle Kardashian, sorprendentemente naturale. La pelle caffè latte era liscia e perfetta, e i suoi capelli neri così lisci e sempre ordinati da sembrare finti.
Capivo perché Alejandro si fosse innamorata di lei.
Le feci un cenno con la mano e andai in camera mia.
Senza che me ne fossi accorta, era già arrivata l'ora di andare a lavoro.
Presi la mia divisa, decisamente fuori luogo con il bar texano dove lavoravo, e la indossai.
Bella era impegnata a riguardare i suoi acquisti, abiti coloranti e succinti che non avrei mai indossato, e Sofia era stesa nel letto, e poteva godersi in santa pace la puntata dei Simpson.
Quando finii di prepararmi, decidendo anche quella sera di rinunciare al trucco, salutai Sofi e Bella e uscii di casa, senza farmi vedere dalla mia famiglia riunita in salotto.
Quella sera faceva più fresco del solito, e forse avrei dovuto sostituire il mio Giacchino di Jeans con qualcosa di più pesante.
Camminai spedita fra i locali esageratamente illuminati, fino a raggiungere la metropolitana.
Mamma non voleva che prendessi la metro per tornare a casa. Finivo dopo mezza notte e riteneva che fosse troppo pericoloso.
Lo ritenevo anche io,ma non ero mai l’unica ragazza sul treno a quelle ore, e questo mi rassicurava.
Quel giorno iniziavo il mio turno alle sei, e a quell’ ora il bar era quasi vuoto.
Salutai i miei colleghi, cercando di assumere un’aria simpatica, ma nessuno di loro mi badò troppo.
Come odiavo essere la nuova.
Mi misi a lavoro, inserendo i bicchieri nella lavastoviglie, evitando per un pelo di farli cadere a terra.
Riuscii a spinare alcune birre, raggiungendo così il mio primo successo.
-Magda, c'è gente al tavolo dodici!- urlò il mio capo, notando che non stavo facendo nulla.
Presi il mio palmare, che dovevo ancora capire come usare, e mi diressi sicura al tavolo dodici, quello vicino al toro meccanico.
Il cliente era girato di spalle, così sfoggiai il mio miglior sorriso e mi avvicinai.
-Salve, vuole ordin…-
Quando lo vidi, il mio sorriso scemò.
Sentii le guance arrossirsi in una velocità traditrice. Giocai spontaneamente con il pennino del palmare, cercando di non evitare il suo sguardo.
Era il tipo della sera precedente, quello a cui avevo rovesciato la birra sui pantaloni.
Mi guardò intensamente, uno sguardo indecifrabile e destabilizzante.A che stava pensando? Perché stavo reagendo in quel modo insolito?
Avevo visto molti uomini nella mia vita (o meglio, nella mia mente, quando mi immaginavo i personaggi dei miei romanzi rosa) ma non avevo mai immaginato un uomo del genere.
Avevo imparato che la vera bellezza e i suoi canoni non esistevano, ma era il modo in cui una persona usava il suo sex appeal, che rendeva la persona così bella da mozzare il fiato.
Perché quel tipo, aveva sex appeal da vendere. Forse era il modo in cui mi guardava, così profondamente, attento ad ogni mio dettaglio, o forse ero che io che me lo stavo immaginando.
I suoi occhi scuri mi scrutarono dalla testa ai piedi, facendomi avvampare.
La mascella squadrata e la barba non perfettamente rasata gli davano quell’ aria sbandata, sexy.
La prima volta non avevo avuto la possibilità di guardarlo attentamente, ma ora, che il bar era vuoto e non avevo pantaloni bagnati da asciugare, potei confermare che quello era quel genere di ragazzo che ti faceva rimanere senza parole, che ti lasciava a bocca aperta e con un espressione umiliante da pesce lesso. Che poi, quella era la mia espressione abituale, ma lui ancora non lo sapeva.
Deglutii, e distolsi lo sguardo sul mio palmare.
-Vuole ordinare?-
Lui annuì, non smettendo di studiarmi.-Si…sono indeciso…-
La sua voce era profonda e roca, e parlò così lentamente e piano che quasi non lo sentii.
-Non sa cosa vuole mangiare?-
-Oh, no. Quello lo so…- disse, facendo scorrere lo sguardo lungo la mia figura.
Deglutii, cercando di pensare a qualcosa che non fosse l'uomo sexy seduto a quel tavolo.
-Tu, Maddy, cosa mi consigli?-
-Maddy? Oh! Maddy non è il mio nome! Non hanno ancora fatto la mia targhetta e questa è della ragazza che lavorava qui prima. Cioè, in realtà è il mio nome, in americano è il mio nome, quindi è praticamente la stessa cosa!- esclamai, ricevendo una lunga occhiata confusa. -Scusa, le sto facendo perdere tempo, non credo sia interessato alle origini del mio nome! Certe volte sono davvero logorroica!- Stavo peggiorando la situazione. Quando mi agitavo non riuscivo a stare zitta.
Lui emise un risolino divertito, e non riuscii a reprimere un sorrisetto felice.
Ridevo si, ma di nervoso.
-E come ti chiami, allora?-
-Magdalena. O Magda.-
-È un bellissimo nome. Magdalena.-
Il modo in cui pronunciò il mio nome mi fece sbandare. Mi piaceva come suonava, come si adattava alla sua bocca e come scivolava sulla sua lingua.
-Qual'è la vostra specialità ?-
-Ahm…ehm…- Non mi aspettavo quella domanda.
I piatti di quel pub erano tutti super lavorati e con nomi strani, difficili da ricordare. Non ne ricordavo neanche uno.
Diedi una veloce occhiata al menù fra le sue mani, ma non riuscii a leggere nulla.
-L'Hamburger!-
-L’Hamburger?-
-Si…con la carne…- che diavolo stavo blaterando!? Avevo già fatto la mia brutta figura, perché non riuscivo a starmene zitta? – Di manzo.-
-Ok, Magdalena, mi fido di te. Sono sicura i tuoi gusti in merito sono ottimi. Prendo un hamburger con carne di manzo.-
Finsi di digitare qualcosa sul palmare, sapendo che quel piatto molto probabilmente non era presente nel menù.
-E da bere?-
-Birra media, texana.-
-Perfetto. Arriva subito.-
Mi voltai in fretta, ancheggiando i fianchi spudoratamente. Che diavolo stavo facendo?
Mi ripromisi di non uscire più dalla cucina, per non evitare altre figuracce imbarazzanti.
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Perdoname, madre (SOSPESA)
RomanceTrasferirsi a Brooklyn fu l'idea migliore che la famiglia di Magda Soto potesse mai prendere. O, almeno, questo era quello che credeva prima di rendersi conto a cosa realmente stava andando incontro. Appassionata di musica latina e jazz, divoratric...