II.

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"Jungkook.."

Il tempo parve fermarsi, il battiti del cuore della giovane rallentarono fino a non farle sentire più la terra sotto i piedi. Erano passati anni, le spalle dell'uomo davanti a lei erano diventate più larghe, il suo petto più ampio, i suoi tratti gentili e quasi fanciulleschi erano stati rimpiazzati da lineamenti più maturi e marcati.

Il castano si tolse gli occhiali da sole, rivelando finalmente due grandi occhi spalancati; quelli, pensò Yen, erano sempre uguali, esattamente gli stessi che l'avevano guardata con quello che credeva essere amore.


"Yen, sei davvero tu?" dopo più di tre anni quel nome tornava a cadere dalle sue labbra, con una tale leggerezza che alla mora davanti a lui sembrò quasi di esserselo immaginato.

Un sorriso beffardo spuntò sul viso dolce della ragazza, quasi in contrasto con il suo vero stato d'animo.

"Ah, Jeon Jungkook, è proprio vero che chi non muore si rivede, eh?"rise sarcastica guardando l'uomo davanti a lei: la copia del ragazzo di cui era stata innamorata anni prima, la stessa persona il cui tratti apparivano più e più volte in quel blocco degli appunti dalla copertina turchese era finalmente davanti a lei.

Per mesi, dopo la dipartita senza preavviso di Jungkook, Yen aveva provato a chiamarlo, a contattarlo, riducendosi allo spettro di se stessa, promettendosi che, se mai l'avesse rivisto, gli avrebbe detto quanto dolore aveva attraversato il suo corpo e al sua anima a causa di sciocche promesse d'amore non mantenute; tuttavia, in quell'istante, dopo tre anni e mezzo, l'oggetto di tanto astio era davanti ai suoi occhi, e dalle labbra della giovane donna non era ancora caduta nemmeno una parola di astio.

Tutto ciò che sembrava capace di fare era guardare la figura alta e snella davanti ai suoi occhi come se fosse un miraggio.

Jungkook, dal canto suo la osservava e sentiva il cuore esplodergli nel petto, le mani sudate, il respiro accelerato, le ginocchia tremanti; più la guardava e più gli sembrava di non essere un uomo di ventiquattro anni, osservava quegli occhi scuri, quei tratti gentili e gli sembrava si essere stato trasportato indietro nel tempo a quel vecchio sentimento, che riteneva ormai sepolto, che l'aveva legato in maniera indelebile alla giovane donna davanti ai suoi occhi.


"Papà..." una voce sottile spezzò quel momento sospeso nell'atmosfera, un piccolo dai capelli castani e gli occhi neri si teneva stretto ai jeans che fasciavano le gambe di Jungkook, rivolgendo qualche timido e fugace sguardo alla ragazza davanti a lui.

L'uomo non fece altro se non sorridere nella direzione del più piccino per poi prenderlo in braccio, portandolo alla sua altezza.

"Chi è, papà?" chiese il bambino, la voce ancora incerta, titubante, colma di innocenza ed inesperienza mentre guardava Jungkook con gli occhi spalancati ed il labbro inferiore sporgente.

Per la seconda volta in una manciata di minuti, Yen si sentì mancare la terra sotto i piedi, come se fosse stata privata di un frammento indispensabile di memoria, di ricordi.
Lo sapeva bene che, nel momento in cui Jungkook era partito, le loro vite non rappresentavano più una strada a senso unico ma certo era ardua immaginare che in soli tre anni la vita del suo primo vero amore avesse preso una tale svolta.

"Questa è.." la frase venne interrotta a metà per un paio di istanti, il tempo necessario per studiare la figura della giovane donna davanti a lui "..è una persona importante per tuo papà, la vuoi conoscere?" chiese di rimando al piccolo il quale sorrise ed iniziò a battere le mai entusiasta.

Gli occhi di Yen osservavano tutto senza registrare un singolo avvenimento, sembrava che la vita stesse scorrendo davanti ai suoi occhi senza che il suo contributo fosse necessario.

"Jiwon, questa è Yen. Yen, lui è Jeon Jiwon, mio figlio."

Mio figlio.

La realtà parve frantumarsi e tornare a posto in meno di un singolo istante.

Yen chiuse gli occhi per un attimo, cercando di recuperare un minimo di lucidità, necessaria per interagire con la giovane copia del suo primo amore, lì ferma davanti ai suoi occhi che le porgeva la manina in tutta la sua innocenza.


Un sorriso più tranquillo, meno raggelante del precedente, prese possesso della mora mentre allungava la mano verso il piccolo e cercava di trattenersi dall'inveire finalmente contro il suo presunto padre.

L'aveva ripetuto più e più volte a se stessa che qualsiasi cosa fosse stato Jeon Jungkook nella sua vita, era parte di un passato remoto. Si era ripromessa più e più volte che non avrebbe mai lasciato che il passato condizionasse permanentemente il suo presente.

Aveva giurato che il passato era passato, ma non seppe spiegarselo, non riuscì ad esprimere a parole quanto quella situazione l'avesse in realtà sconvolta.
C'era qualcosa di sbagliato, più di un pezzo mancante nel suo puzzle di ricordi, una serie di buchi neri che le rendevano assurdo pensare che il castano potesse già essere padre.

Cercò di riprendersi al meglio, di ritornare da quello stato di trance mentre il bambino davanti a lei la fissava con gli occhi sgranati, come se stesse cercando di capire cosa quella donna gli trasmettesse.

Yen, dal canto suo, sorrise di nuovo, un sorriso più largo e più finto del precedente che, tuttavia sembrò tranquillizzare la piccola creatura davanti a lei che gli sorrise in rimando e si sporse un po' dalle braccia del padre, sfiorandole la guancia, poi il naso, in modo talmente gentile e dolce che alla mora sembrò che qualcuno le stesse passando una piccola piuma sul viso.


"Papà, è bella!" disse solo, ritraendo la piccola mano e portandosi le mani sulle guance, in un gesto talmente tenero che sia Yen che Jungkook, al guardarlo, sentirono il cuore riempirsi della stessa gioia infantile che animava quel piccolo corpo.


Dopo di che lo sguardo di Jungkook tornò sul corpo esile della giovane donna davanti a lui, la guardava e ne memorizzava ancora ogni dettaglio, come fece l'ultima mattina in cui la vide, anni prima, coperta da solo un lenzuolo, la tranquillità della quiete prima della tempesta dipinta su quel bel viso.


"Yen.." disse, richiamando l'attenzione di quest'ultima la quale era completamente rivolta sul bambino e sulle sue boccacce.

"Ci rivedremo?" chiese soltanto, poca speranza nella voce, conosceva bene il carattere duro della mora, sapeva che, probabilmente, non l'aveva ancora perdonato e forse mai l'avrebbe fatto.


Yen, dal canto suo, trattenne un respiro, guardandolo come se le avesse fatto una domanda in una strana ed arcaica lingua a lei sconosciuta.
Non riusciva a capire come sentirsi riguardo all'improvvisa richiesta dell'uomo: l'istinto le disse immediatamente di rispondere di no, che quell' giovane uomo dai capelli castani le aveva già fatto cos' tanto male; dall'altra parte, c'era un piccolo frammento di lei che le diceva di accettare, per avere risposte, per sapere, per rimettere insieme tutti i pezzi mancanti di quell'intricato puzzle che quei tre anni della sua vita erano stati.

E per una volta, quasi sforzandosi, Yen annuì. Annuì semplicemente, dando ascolto a quella piccola parte di sé e chiedendosi, immediatamente dopo, se avesse davvero fatto la cosa giusta, mentre osservava Jungkook andare via, augurandosi che questa volta non sarebbe stato per sempre.








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1177 parole, pretendo un premio Nobel alla letteratura dopo questo.

LO PRETENDO OKAY? Okay.

Pensavo che non sarei mai riuscita a scriverlo questo capitolo, probabilmente fa anche schifo e non è all'altezza dell'altro, vi chiedo scusa, PIANGO.

Okay basta, sparisco.

wild flower ;; j.jk.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora