Capitolo 8

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Ore 13.30
Velia adorava quella stanza, la preferiva a tutte le altre.
Lì dentro si sentiva bene, tranquilla e in pace con se stessa. Lo specchio dalla forma ovale e dalla splendida
cornice color rosso rubino, era un amico fedele in cui ammirare la sua pelle vellutata, resa perfetta da una
leggera e uniforme abbronzatura; i suoi corti capelli a caschetto, color caffè, recentemente mesciati di viola;
i laghi blu zaffiro degli occhi; la curva sinuosa e dolce delle spalle; il violoncello del suo corpo nudo.
Il rosso granata delle mattonelle sul pavimento, diveniva rosa in quelle che rivestivano il muro, fino a
dissolversi in sfumature sempre più chiare, ad altezza di circa due metri e dieci. La doccia, moderna e
spaziosa, era un connubio di bellezza e praticità. I sanitari avevano le rifiniture in rosso scarlatto e la pulizia
di un piatto appena lavato. L'armadietto sotto il lavandino brulicava di profumi, deodoranti, saponette,
shampoo e balsami, spray fissanti, creme viso e corpo, sali da bagno e boccette di ogni tipo. Anche una mensola, appesa tra la porta e la finestra, reggeva il peso di altrettante essenze femminili.
Velia dunque, proprio lei, la moglie di Eberardo, l'operaio di zio Tommaso, aveva appena fatto una doccia
tiepida e rilassante. Spense il phon, con cui si era asciugato il caschetto color caffè e tornò nella camera
matrimoniale attigua. Indossava un accappatoio turchese, che lasciava intravedere la linea sexy del seno.
'' Sei bella più che mai... '' le disse l'uomo sdraiato tra le bianche lenzuola del suo letto, un adone con
ottanta chili di muscoli, addominali che parevano una tartaruga e seducenti tatuaggi su torace e avambracci.
'' Grazie... lo so! '' rispose lei con un filo di vanità, spostandosi una ciocca di caffè dal viso.
'' E' stato bello... come il solito. '' riprese Mr Bello mettendosi seduto e appoggiando la schiena alla testiera
di mogano.
'' Anche di più, del solito! '' disse Velia montando sul letto per poi baciarlo con passione.
'' E tuo marito... quando torna? E se ci coglie in flagranza di reato? ''
'' Ah, guarda. Con un camion da caricare, guidare fino in città, scaricare il tutto e tornare indietro. Con
quella rozza testa di legno di grande capo, che se sgarri ti uccide? È già tanto se torna alle cinque... '' disse lei
sicura, controllandosi le unghie e tirando via una pellicina dall'anulare sinistro, dove luccicava la fede
matrimoniale.
'' E allora chi è quello? '' disse Mr Bicipite indicando la finestra e alzandosi di scatto.
'' Oh Signore! Noooooo... porca di quella porca legna! '' gli zaffiri della donna videro il marito in sella alla
sua bici scassata ma ancora funzionante, attraversare il giardino a gran velocità. Mr Seduzione, intanto, si
stava rivestendo in fretta e furia.
'' Presto, nell'armadio, vai. ''
'' Cattiva idea, è pieno zeppo dei tuoi vestiti e poi... ''
'' Sei claustrofobico! ''disse lei stizzita.
'' Non posso proprio. No. '' concluse Mr Tatuaggio.
'' Velia, sono io... va tutto bene? '' la voce di Eberardo proveniva dalla cucina.
'' Eccolo! Vai nel bagno e... salta fuori dalla finestra. ''
'' Ok, questo posso farlo. '' Mr Tartaruga, con i jeans indossati a rovescio, t-shirt e scarpe in mano, chiavi
della moto in bocca, entrò in bagno nel momento in cui Eberardo arrivava trafelato in camera. Non
essendoci modo di uscire dalla finestra senza fare rumore, però, l'amante di Velia scelse di chiudersi nella
doccia, ancora bagnata, puntando sull'effetto nascondiglio dei suoi scuri vetri smerigliati.
'' Amore... menomale che sei viva! '' disse Eberardo respirando affannosamente.
'' E perché non dovrei? '' rispose lei, guardando istintivamente la porta del bagno socchiusa.
'' C'è un killer in paese, lo so, o almeno credo... ''
'' Che cosa? ''
'' E' tutto così strano, lo so, anch'io non ci credevo finché non ho visto... cioè, non ho visto... ho pensato...
''
'' Falla finita... non prendermi in giro! ''
'' Non ti sto prendendo in giro! Lui agisce nei bagni! Forse però... è meglio se do un'occhiata là dentro... ''
Eberardo aprì un cassetto, prese un manganello che teneva lì per difendersi da ladri ed eventuali e si diresse
alla porta del bagno, che aprì con cautela.
Velia pregava alle sue spalle.
L'operaio, ancora sudato, nonché stanco e affamato, con il manganello stretto nel pugno, vide che la stanza
era vuota, la finestra chiusa e si tranquillizzò. Fu solo per caso che non pensò di perlustrare il vano doccia.
Vi avrebbe scoperto non il killer, bensì l'assassino del suo matrimonio.
'' I cellulari non funzionano, provo a chiamare la polizia dal telefono fisso. '' disse tornando in camera e
raggiungendo il comodino dove c'era il telefono senza fili. La moglie intanto pensava che Eberardo fosse
impazzito.
'' Tu lavori troppo... '' lo ammonì scuotendo la testa.
Nel frattempo, Mr Macho aveva preso una decisione : fuggire al più presto. Se il killer dei bagni esisteva
veramente, se la sarebbe vista brutta. Finì di vestirsi, aprì piano la porta scorrevole della doccia, percorse il
bagno a passi felpati, aprì la finestra, saltò fuori e si allontanò dal retro, raggiunse la sua moto e scattò come
un centauro alla partenza del gran premio. La donna si accorse della fuga ben riuscita e si rilassò.
" Non funziona nemmeno questo dannato telefono... dobbiamo andarcene! " disse Eberardo sconsolato,
non avendo altro da proporre e gettando il senza fili sul letto sfatto, tra le bianche lenzuola dell'adulterio.
"Non ci penso nemmeno! " commentò Velia non dando peso alla disperazione del marito, dopodiché entrò
in bagno.
" Dove vai? E' pericoloso! " Eberardo la seguì, la vide specchiarsi con nonchalance, pensò che con
quell'accappatoio indosso fosse uno schianto e provò il desiderio di strapparglielo via; ma non ebbe modo
di concedersi a quell'eventualità, che subito la sua attenzione fu rapita dalla finestra.
" Ma… quella era chiusa. Qualcuno è entrato! " gridò allo specchio che rifletteva il volto tranquillo di sua
moglie " ti sbagli caro, io direi che qualcuno è uscito... " voleva dire Velia, ma si trattenne.
" Io vado fuori a cercarlo. " disse lui rivolto al suo menefreghismo. Tornò dunque in camera, si armò di
rabbia e manganello, aprì la porta dell'ingresso e si ritrovò in veranda.
Faccia a faccia con il killer.
" Oddio! Che cos'è? " pensò mentre sferrava il colpo all'indirizzo di quel tipo strano e sinistro. Il manganello
sferzò l'aria nera di cui era fatto quel mostro e roteò violentemente a causa della forza che gli era stata data,
trascinando con sé, per terra, il povero Eberardo. Il gigante del colore dell'antracite lo sovrastò quindi con
la sua mole " Il killero... il killero dei bagni... Stella... avevi ragione tu. Oh,Velia mia... " fu l'uragano di pensieri che
devastò la sua mente, un attimo prima di scomparire.
Trenta secondi dopo, Velia se lo vide riflesso nello specchio. Lanciò un urlo acutissimo e si voltò; ma non
poteva scappare, era pietrificata. Le sue mani strinsero il lavandino, gli zaffiri dei suoi occhi si spalancarono
dal terrore, le dita dei piedi s’intirizzirono, i glutei divennero tesi. Cercò di spostarsi di lato per raggiungere
la finestra, ma l'assassino si parò davanti a lei con quel suo mutismo esasperato, con quella sua mole
inafferrabile ed eterea.
Non aveva via d'uscita.
Credette allora, con un ultimo disperato alito di triste speranza, che l'uomo nascosto sotto quelle strane
oscure vesti, fosse giunto lì solo per stuprarla. Cercò di fare uno sguardo sexy che fosse credibile, inarcò il
sopracciglio leggermente, protese le labbra in un bacio che le risultò fin troppo banale e infine si slacciò
l'accappatoio turchese con un gesto morbido e sensuale. Rimase nuda al cospetto di quell'essere, in attesa
che quel funambolo, che si nascondeva sotto una tale magia, scoprisse le sue carte e facesse ciò per cui era
venuto.
Non poteva sapere che il killer dei bagni non era interessato alle gioie del sesso.
Il mostro, nero come l'antracite, fece quello per cui era venuto.
La cima del monte Piramide, che Jan aveva appena raggiunto, era uno slargo erboso circolare, del diametro di una trentina di metri, circondato da alti e slanciati faggi, felci e qualche piccola conifera. Dallo slargo si
dipartivano tre sentieri, segnalati da altrettante frecce di legno, inchiodate a paletti anch'essi di legno e
dipinte di bianco e rosso. Uno era quello da cui era spuntato il nostro amico e che conduceva a
Colleborghino, un altro portava direttamente al lago. L'ultimo, il più lungo, arrivava a Porretta.
La cosa insolita, che dava il benvenuto a tutti quelli che giungevano là, era un cumulo composto di pietre di
varie dimensioni, alto un paio di metri e largo almeno tre. Aveva la forma approssimativa di una piramide.
Un cartello posto al suo fianco declamava a chiare lettere il suo nome '' La pietra del desiderio ''.
Ogni abitante del paese, o comunque chi giungeva lassù, era solito posarvi una pietra che si era portata
appresso, esprimendo un desiderio. Vincenzo, quel mattino, gli aveva confessato di non averlo, purtroppo,
ancora fatto. Jan si sedette sull'erba, vicino a quella piramide in miniatura che gli ricordava le antiche
costruzioni egizie.
Osservò quella cosa con il distacco di un ateo al cospetto di una croce, e abbozzò un sorriso. Anche lui
nutriva un desiderio, ma non avrebbe certo aspettato il magico aiuto di un banale sasso in cima al monte.
Lui stesso avrebbe fatto in modo che si avverasse.

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