Capitolo 10

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Ore 15.30
Stella, Vincenzo e Paperino avevano percorso quasi interamente il sentiero, ormai la spiaggetta di ghiaia era
vicina.
" Aspetta Vince, da lì potremmo guadagnare tempo e avvertirli a voce. " disse lei indicando il ciglio di un
dirupo che si affacciava direttamente sulla spiaggetta, dopo aver compiuto un salto di quindici metri. I due
vi si affacciarono cautamente, spostando i rami degli alberi.
Alla spiaggia c'era una ventina di persone.
I sopravvissuti.
I due riconobbero i genitori di Vincenzo, stesi ad abbronzarsi, qualche coppia di fidanzati, due famiglie con
bambini piccoli che giocavano e tre anziani spaparanzati sulle sedie a sdraio.
" Ecco i nostri compaesani, dico, i sopravvissuti... " Paperino abbaiò un paio di volte, evidentemente era
d'accordo con la padroncina.
"Mammaaaaa. Babbooooo. " gridò Vincenzo tenendo le mani a coppa davanti alla bocca per farsi sentire
meglio.
" Voi, laggiù, dicoooo! Entrate in acqua! " gridò Stella alla platea.
" L'acqua è fredda. Entra te! " urlò un signore di rimando.
" Oh, bella bimba, vieni giù a farti una nuotata... " aggiunse un vecchio dalla voce rauca.
" Vince, vieni giù, raggiungici dai. " disse sua madre mettendosi a sedere sull'asciugamano.
" Non avete capito, siete in pericoloooo! Non avete visto i mostri neri? Dovete bagnarvi... e subito! " Stella
si stava sgolando, ma nessuno faceva caso alle sue parole.
" Raggiungeteci, qui si sta bene! " fece il padre di Vincenzo. I bambini avevano smesso di giocare e
guardavano incuriositi con il naso all'insù.
" Non ci credono, dobbiamo scendere, eh eh. " propose lui.
Detto fatto: Paperino si avviò di corsa per il sentiero e i due lo seguirono. Ora, sebbene i nostri eroi
corressero a tutta birra, il sentiero che conduceva alla spiaggetta era ricco di curve, saliscendi, sassi
sporgenti e avvallamenti del terreno. C'era anche da attraversare il torrente passando su di un ponticello di
legno parecchio dissestato, che rallentava la velocità. Dal dirupo avrebbero fatto molto prima, sì... volando
oppure... spaccandosi le ossa!
Impiegarono tre minuti e diciotto secondi, il tempo necessario a un esercito di nerissimi Barbapapà,
proveniente da un altro sentiero, di compiere il loro dovere.
Le persone presenti sulla spiaggetta furono prese in contropiede.
Una donna tentò di raggiungere la sponda del lago, seguendo il consiglio di Stella, portando in braccio suo
figlia; ma uno dei soldati fu più svelto di lei e li fece scomparire entrambi ad un passo dall'acqua.
Uno dei vecchi stava dormendo e non si accorse di nulla.
Gli altri due riuscirono soltanto ad alzarsi.
Un padre abbracciò sua figlia cercando di proteggerla, ma il tentativo fallì miseramente.
Due fidanzati fuggirono verso un terzo sentiero, ma furono raggiunti tra le foglie di un acero montano e
scomparvero abbracciati.
I genitori di Vincenzo credettero fino in fondo di assistere a uno scherzo televisivo.
Stella e Vincenzo, mentre correvano, udirono stralci di grida provenire dal luogo di ritrovo avvistato in
precedenza; arrivarono finalmente alla fine del sentiero, dove questi incontrava il terreno ghiaioso della
spiaggetta, si fermarono e rimasero nascosti, avvolti in un sudario d’incredulità.
La spiaggetta brulicava di quei conosciuti killer, soldati di ebano sul ghiaioso campo di battaglia. Nessuna
presenza umana. Eppure solo tre minuti prima erano tutti lì, che prendevano il sole, che chiacchieravano e
ridevano.
Vincenzo cadde in ginocchio e iniziò a piangere la morte dei suoi genitori. Stella cercò di consolarlo
accarezzandogli la testa. Paperino si mise ad abbaiare all'indirizzo di quei soldati tutti uguali, che non lo
sentivano perché erano sordi e non lo vedevano perché erano sazi.
" Perché... perché... come faccio adesso. Come faccio... " si disperava il ragazzone.
" Vince, su, dico. Non fare così... " Stella tentava di prodursi in un affettuoso, quanto inutile, ricamo di
consolazione.
E poi arrivò.
Il killer che li aveva seguiti fin dal paese, tenendosi a distanza di sicurezza, si gettò come un pazzo sui loro
corpi ancora troppo bagnati di acqua velenosa, come un kamikaze che compie l'estremo sacrificio. I nostri
due eroi disperati furono investiti improvvisamente da una ventata fredda e, quindi, scagliati qualche metro
più in là. Il kamikaze si trasformò immediatamente in migliaia di coriandoli neri, che divennero un turbine
di fuliggine, prima di scomparire per sempre.
Purtroppo, l'acqua che lo aveva ucciso non inzuppava più gli abiti di Stella e Vincenzo. I nostri si
ritrovarono completamente asciutti, stremati dall'attacco del soldato e in balìa degli altri oscuri nemici.
Paperino aveva smesso di abbaiare ai soldati, era tornato dalla padroncina, stesa per terra afflitta e stremata,
e ora cercava di rincuorarla leccandole il viso con affetto.
" Stella, eh eh, come va? " le chiese Vincenzo affaticato, rialzandosi con difficoltà.
" Mamma mia, dico, sono esausta... "
" L'attacco del mostro, non so come, ma... ci deve aver stancato. Eh. "
" Non solo, Vince, non solo... " Stella riuscì finalmente ad accarezzare il suo cagnolino.
" Siamo asciutti, molto asciutti, eh... " disse Vincenzo stropicciandosi la maglietta e i jeans.
" Si è sacrificato, capisci? Si è sacrificato, dico! Ha bevuto l'acqua sui nostri corpi, ed è morto. Quel
bastardo è morto per una causa più grande... "
" Ma non sono uomini, Stella, non provano sentimenti, eh... "
" Non lo so, dico, forse no. Quel che importa è che se ci scoprono gli altri... "
" Siamo spacciati, eh? "
" Scappa Vince, scappa! Io sono troppo debole, brutta ciribulla! "
" Non posso lasciarti qui. Eh! "
" Sì che puoi, anzi devi! Prendi Paperino e portalo con te. Il sentiero... le chiavi della mia macchina... qua in
tasca. Prendile. " la voce della donna era ridotta ad un sussurro.
" No, Stella, no! Il lago, eh eh, dobbiamo raggiungere la riva... "
" Vai tu, Vince. Vai tu... "
" No! "
Vincenzo dette la risposta più decisa di sempre. Dopodiché gettò uno sguardo furtivo alla spiaggia, pochi
passi li separavano dalla liquida e trasparente salvezza, " possiamo farcela " pensò, facendo passare un braccio
sotto le sue ginocchia e l'altro dietro al collo. Ci volle tutta la forza che aveva in quel momento di strana
debolezza, ma riuscì comunque a sollevare il corpo dell'amata e, con la serietà di un uomo che sta per
compiere un gesto estremo, e con il cuore in preda ad una forte emozione, si avviò.
La ghiaia percepita sotto i piedi significò l'inizio della corsa verso la riva; bisognava fare in fretta, i soldati
erano poco più in là, e se si fossero accorti di loro...
" Pochi passi, bella mia, solo pochi passi... " disse tra sé l'uomo che stava prendendo il posto del ragazzo ebete e
immaturo. Con le gambe che gli tremavano per lo sforzo, Vincenzo osservava il suo viso, mai così vicino e
bello.
" Vince, oh Vince... " mormorò Stella socchiudendo gli occhi e guardando il volto fiero dell'amico, " non sai
quanto ti amo... " pensò l'uomo che la sosteneva in quel momento disperato. In quell'incontro di sguardi
parve scoccare una scintilla, così vivida e splendente che abbagliò per un attimo l'oscurità che dominava
nella spiaggia.
Paperino, che teneva dietro quella coppia profumata di amore non dichiarato, cominciò a ringhiare
all'insegna del soldato che si stava avvicinando, veloce e strisciante come una serpe, senza fucile né pistola,
armato solo di macabra efficacia. Vincenzo si voltò, lo vide ed ebbe la certezza di non farcela, non
sarebbero mai arrivati insieme alla salvifica sponda.
Così, alla luce di quella nuova consapevolezza, con il tremendo fiato nero del soldato sul proprio collo,
stremato e madido di amore per la creatura che portava in braccio, raccolse tutte le forze che gli erano
rimaste e le concentrò in un lancio. Stella si sentì scagliare via dall'abbraccio dell'amico e in quel volo
infimo, che durò un istante, percepì un incantevole presagio di salvezza.
Vincenzo seguì allora quel corpo in volo, come un bimbo che vede finalmente alzarsi in cielo un aquilone.
Come un uomo che ammira per l'ennesima volta la sublime bellezza di un sogno, che sarebbe potuto
diventare amore.
Mentre il killer lo avvolse nella sua indolore oscurità senza confini, pensò a mamma e papà, con la speranza
di rincontrarli in un'altra dimensione e pose il bacio che non aveva mai dato sulle labbra calde e ormai
lontane di Stella.
La donna terminò il suo volo con un tonfo in quell'acqua dolce di riva, alta non più di un metro, pensando
che mai si era sentita così completamente in balìa degli eventi. Quando si rimise in piedi, fradicia di veleno
trasparente, si sentiva di nuovo in forma e la debolezza era sparita, come per l'intervento magico di una fata.
Si girò verso la spiaggia, dove i soldati esercitavano il loro dominio e...
Vincenzo era scomparso.
Come gli altri... come tutti gli altri.
Le sue lacrime sgorgarono tiepide e copiose a mescolarsi con la rigenerante acqua fresca del lago. Paperino
si tuffò e percorse i tre metri che lo separavano da lei con uno stile di nuoto bizzarro e disarmonico. La
padroncina se lo strinse al petto accarezzandolo teneramente.
Circa un'ora dopo, in un tempo che Stella non poté definire, trascorso con l'acqua all'altezza dei fianchi e il
fedele cagnolino in braccio, al sicuro da qualsiasi intento bellicoso dell'esercito là davanti, mentre
cominciava a riflettere sul da farsi, avvenne l'insperato miracolo. Tutti quei soldati, quei killer, quei cattivi
Barbapapà, quei cavalieri color catrame, quegli alieni, quelle ombre, quei mostri fatti d'aria, venuti chissà da
dove, insensibili a qualunque preghiera ma efficaci nel compiere ciò per cui erano stati programmati, quei
bastardi che avevano ucciso le anime del paese e di cui lei stessa aveva trovato per caso il punto debole.
Tutti indistintamente scomparvero.
Come un disegno fatto a lapis, che è cancellato dalla manina di un bimbo muovendo avanti e indietro una
semplice gomma bianca. E se quei tizi non avevano emesso mai alcun suono, non lo fecero nemmeno in
quel momento.
Stella udì la campana suonare le cinque del pomeriggio, ma non poteva certo sapere che, proprio quello, era
il comando che metteva la parola fine alla vita di quelle strane creature; e da principio non si fidò. Furono
le prime gocce di pioggia a cadere da un cielo che si era a poco a poco rannuvolato, a farle prendere la
decisione. La donna, con la tristezza nel cuore e il sacrificio di Vincenzo tatuato nell'anima, uscì dal lago e
imboccò il sentiero più corto.
Destinazione: casa.

Ore 17.10
" Giovanni... ehi, Giovanni. " da un'altezza vertiginosa, quella del campanile di Colleborghino Vistalago, la
perpetua chiamò Jan usando il suo nome di battesimo, quando lo vide transitare nella piazzetta della chiesa.
" Dico a te, mi senti? " ripeté a voce più alta.
Jan, che aveva appena lasciato il bosco, si stava dirigendo verso casa. Indossava l'impermeabile portatile per
difendersi dalla pioggia, aveva lo zaino in spalla, il paniere con i funghi raccolti in una mano e un poco di
malinconia dentro il cuore, a causa dell'anniversario della morte del padre. L'uomo alzò la testa e capì la
provenienza di quel richiamo.
" Giovanni, sono quassù... " disse ancora la donna, appoggiandosi alla balaustra e agitando una mano per farsi notare meglio.
" Salve Adelasia, che ci fa lassù? " le chiese gridando.
" Non ci crederai Giovanni, non ci crederai... "
" Racconta. "
" Un mostro nero, cattivo, mi ha rincorso e... mi voleva uccidere. Sono fuggita e mi sono rinchiusa quassù.
Ecco! " terminò lei incrociando le braccia.
" Ho capito. Hai più visto quel mostro? " riprese Jan posando il paniere.
" No, e nemmeno la gente. Porca... che Dio mi perdoni. In paese sembra che non ci sia più nessuno! "
" Lo so silenzio perfetto. Direi che ci troviamo in un paese fantasma... " disse ancora ad alta voce.
" E dove sono gli altri? E tu? Tu da dove vieni, allora? " anche lei gridava per farsi sentire.
" Dal bosco. Sai, quel mostro di cui mi parli ha una limitazione: non può oltrepassare una certa altezza, una
soglia prestabilita. "
" Ah... " stavolta fu un sussurro.
" Quello che ti inseguiva ha oltrepassato il portone come fosse un fantasma, questo rientra nelle sue facoltà;
ha iniziato poi a salire le scale per venirti a prendere ma, fortunatamente, si è fermato a metà. "
" Ah. Oh Dio santissimo... "
" Sì, dev'essere andata così. A metà del campanile, o giù di lì, c'è la soglia oltre cui non può andare. E lì ti
sta aspettando... "
" Oh Signore... e come faccio allora? " Adelasia era disperata.
" Tranquilla, ogni mostro ha un punto debole. Ed io so qual è! "
" Come fai a saperlo? Vabbeh, che m'importa! Dai spara... "
" L'acqua! "
" Acqua benedetta? "
" In un certo senso, sì. Ne hai un po' lassù? "
" Macchè... qua c'è solo una campana stonata! "
" Ok, ci penso io. "
" La trovi in chiesa. "
" Vado. "
" Aspetta, maledizione! Ho gettato per terra l'acquasantiera mentre scappavo... "
" Ah... "
" Ce n'è un'altra più piccola vicino all'altare. "
" Prendo un recipiente e la raccolgo da lì allora... "
" Sì, in sagrestia puoi trovare ciò di cui hai bisogno. "
" Vado e torno. "
" Sbrigati Giovanni. "
" Sarò un fulmine! "
Jan, un po' innervosito perché detestava esser chiamato Giovanni, entrò in chiesa, trovò una tazza in
sagrestia e la riempì con acqua di rubinetto. Dopodiché tornò sotto il campanile.
" Adelasia, buttami le chiavi, sennò come faccio a entrare? "
" Eccole. "
Il mazzo di chiavi partì dalla mano tremante della perpetua e, dopo un volo di ventisei metri, si stampò sul
selciato con un tonfo metallico. Jan le raccolse con un sorriso di trionfo, lasciò lo zaino per terra, aprì il portone e salì. Fece lentamente le scale e non incontrò alcun mostro, da qualche minuto erano tutti
scomparsi. Arrivato in cima, montò sullo sgabello, scelse la chiave più piccola del mazzo e con essa aprì la
botola.
" Giovanni, grazie a Dio, eccoti! " disse Adelasia aiutandolo a salire, " l'hai ucciso, vero? "
" Certo, è morto stecchito! "
" Menomale... " disse la perpetua portandosi le mani al petto, " allora possiamo andare? Don Alderico l'hai
visto? " Jan scosse il capo come per dire che non c'era più speranza per lui.
" Oddio! Santi, santissimi angeli del cielo! Anche il sacerdote... no. No... " Adelasia ebbe un mancamento, le
sue gambe forti e robuste cedettero sotto il peso di quella brutta notizia.
Per Jan fu tutto più semplice.
Sorresse la donna per le ascelle, la trascinò vicino alla balaustra, mentre i suoi occhi erano socchiusi come
veneziane tirate su per metà e sulla fronte, si andava formando il sudore freddo, tipico dell'imminente
perdita dei sensi.
Eppure Adelasia capì che cosa stava succedendo. Cercò di contrastare la forza e la volontà di Giovanni, ma
era troppo tardi. Quando si ritrovò con il busto che sporgeva dal campanile, spalancò gli occhi e vide la
piazzetta trasformarsi nell'abisso più orrendo.
" No! Ti prego... non lo fare! " supplicò nel momento stesso in cui i suoi piedi lasciarono il pavimento e la
visione del mondo divenne sottosopra. Il volo fu breve e il corpo della sessantenne terminò a due passi
dallo zaino e dal paniere con i funghi.
Jan, appoggiato alla balaustra, perlustrò in lungo e in largo il paese là sotto, vuoto, silenzioso e perfetto. E
respirò, respirò, fino a lasciarsi andare; e come all'apparire di un sogno, pian piano i tetti aranciati delle case,
i giardini, i viottoli e la strada, si trasformarono nel plastico fabbricato da suo padre; tutta Colleborghino, ai
suoi occhi, divenne di legno; immobile e senza vita. Jan ne respirò l'essenza e, compiendo un viaggio a
ritroso nel tempo, si ritrovò adolescente e rivide la mano del padre regalargli quella sua creatura e poi,
lentamente, staccarsi da lui, abbandonandolo di nuovo nella nebbia di un’inspiegabile solitudine. Il ragazzo,
allora, cercò tentoni di ritrovare quella mano, ma quando la nebbia si diradò e la mano riapparve, essa era
l'unica parte visibile di un corpo nascosto e morente sotto il grave peso di una quercia.
" L'odio senza desiderio di vendetta, è un seme caduto sul granito. " pronunciò infine, riaprendo gli occhi e
rivolgendosi al paese reale; un paese divenuto fantasma. La campana era immobile dietro di lui e sembrava
avvolta da un velo di tristezza, ma avrebbe lo stesso battuto le ore a venire e parlato la sua lingua universale
ancora e ancora.
Soltanto per lui.
Jan scese le scale, uscì dal campanile, raccolse zaino e paniere e, senza degnare di uno sguardo la perpetua,
si avviò verso casa. La pioggia iniziò a bagnare il corpo inerte di Adelasia e le sue guance parevano invase di
lacrime.
Stella si trovava di nuovo il paese, dopo aver percorso il sentiero in compagnia di Paperino e di una pioggia
battente, mitigata dalle foglie di aceri, ciliegi selvatici e castagni. Non era più stremata, si sentiva fisicamente
bene, ma il pensiero di ciò che era accaduto a Vincenzo e agli altri le trafiggeva il cuore. Appena ritrovò la
strada asfaltata, fu avvolta dall'ennesima sensazione di disagio, il silenzio era penetrante come un odore
cattivo ed era più forte di quando, poco prima, era scesa al lago con Vincenzo.
Vincenzo...
Quale sorta di sentimento nutriva verso di lei quel ragazzone, che per lei si era così prontamente sacrificato?
Che cosa si celava dietro a quello sguardo sincero, amichevole e onesto, in cui Stella aveva sempre
intravisto il ritardo dell'immaturità e che improvvisamente si era trasformato nello sguardo serio e
profondo di un uomo?
Non lo sapeva.
"Andiamo Paperino. " disse rivolgendosi al suo fedele compagno, che la osservava da basso con occhietti
umidi e tristi. Stella aveva intenzione di prendere la sua auto, aveva ancora le chiavi in tasca, guidare fino
all'azienda dello zio, sperando di trovarlo vivo, o quantomeno di non trovarlo proprio; in tal caso voleva
dire che Tommaso era partito con il suo camion, fuori da quel posto maledetto. Dopodiché intendeva
correre in direzione Firenze dai suoi genitori e raccontare tutta, proprio tutta, quella brutta storia. A loro e
alla polizia.
" Il cellulare è andato... con tutta l'acqua che ha preso... " disse ancora tirando fuori dalla tasca dei jeans,
assieme alle chiavi, un pezzo di plastica ormai inservibile. In quel momento Paperino abbaiò, non per
confermare una frase, stavolta, bensì per segnalare la presenza di un uomo nelle vicinanze.
" E quello? Brutta ciribulla, ma è Jan! " disse con una smorfia di sorpresa sulle labbra " Jan. Dove vai?
Allora sei vivo? " riprese, andando verso l'uomo che camminava dall'altra parte della via, con indosso un
impermeabile verde scuro, uno zaino a tracolla e un paniere nella mano. Jan, al suono di quella voce
femminile, che percepì carica di tensione, si voltò.
" Oddio, ce n'è un altra... " mormorò senza farsi sentire, maledicendo l'operato imperfetto delle ombre.
" Jan, finalmente ti trovo. Vince mi ha detto che eri su, nel bosco, forse non sai niente... "
" Ah... e che cosa mi sono perso? "
" Jan, noi siamo... dico, siamo gli unici sopravvissuti di Colleborghino! "
" Ma dai... "
" Mostri, Jan. Venuti da chissà dove. Brutta ciribulla! "
" Mostri? Mi prendi in giro? "
" Killer, Jan. Neri, orrendi. Ombre cattive. I nostri compaesani, Jan. Li hanno fatti scomparire tutti... "
Stella era frastornata e così alterata che solo adesso riuscì a riprendere fiato, " anche Vincenzo... " concluse.
Jan divenne pensieroso, o finse di esserlo.
" Andiamo a risolvere la questione. " disse rimettendosi in cammino.
" Va bene. Andiamo Paperino. " Stella e il cagnolino gli si affiancarono e in quel breve tragitto lei ripensò,
evidente contrasto con la tragica realtà che stavano vivendo, al desiderio mai concretizzato di lunghe
passeggiate mano nella mano, al sogno mai avverato di dolci parole sussurrate, all'estasi mai avvenuta di un
bacio. Tutto quanto insieme a lui. Sì, proprio assieme a chi, adesso, con un impermeabile verde scuro, uno
zaino, e un paniere con qualche fungo dentro, l'aveva invitata a casa sua.
Jan... il trentacinquenne le appariva più bello che mai sotto la pioggia di un temporale estivo, più sensuale,
più maschio, persino più intelligente...
Più strano!
Sì, era forse quello il pensiero dominante, l'aggettivo che non riusciva a scacciare dalla mente.
" Il tuo cellulare funziona? " domandò per liberarsi dalla tensione provocata da quel pensiero, piccolo e
insignificante, eppure...
" No, è da stamani che non prende il campo, dev'esserci in atto una specie di tempesta magnetica, o
qualcosa del genere nell'aria. Raggi cosmici, cose così... " rispose lui senza guardarla.
" Siamo arrivati. " disse infine davanti alla porta di casa, tirando fuori le chiavi.
I due entrarono e Stella fu colta da una minima sensazione di disagio, era la prima volta che vi entrava e
chissà quanto avesse voluto farlo in un'altra occasione, ben più tranquilla di questa " e ora che cosa vorrà fare? "
pensò. Jan posò zaino e paniere sul pavimento e andò in veranda ad appendere l'impermeabile, affinché
sgrondasse l'acqua. Poi tornò da lei, che lo attendeva in cucina.
" Possiedi una bella casa; scusa se, fradicia come sono, ti sto bagnando il pavimento, è che... "
" Fa niente. " rispose lui liquidando il tutto con un gesto della mano. Paperino intanto si era diretto nella
stanza del computer e si era messo a curiosare annusando un po' di tutto, forse in cerca di cibo, poiché non
mangiava dal mattino.
" Allora Jan, che facciamo? " disse lei diventando seria.
" Vieni. " Jan si diresse verso la sala ma Stella notò Paperino.
" Paperino, vieni qua! Scusa il mio cane, devi sapere che, in quanto a curiosità, vincerebbe il primo premio.
"
" E' carino, lascialo fare, non dà fastidio... " in quel momento però, il cane carino e per nulla fastidioso
cominciò ad abbaiare rivolto al PC. Più precisamente allo schermo.
" Smettila scemo! Dico... " gridò lei avvicinandosi alla bestiola.
E vide.
Il PC era acceso, era dunque già acceso quando erano entrati, Jan se n'era dimenticato... lo schermo era
animato da cose strane, indefinibili, ignote.
" Cosa? Brutta ciri... " Stella non poté finire la frase, Jan la colpì con una violenta manata fra capo e collo
facendole perdere l'equilibrio e i sensi. La donna cercò di reggersi alla sedia girevole, ma questa la tradì
scivolando via per l'inerzia delle ruote e Stella cadde irrimediabilmente a terra.
Paperino fu svelto a prestare soccorso alla padroncina, tempestandole di numerose leccate e umidi baci il
viso e gli occhi, spentisi come la fiamma di una candela che ha appena ricevuto un soffio d'aria fredda. Jan
prese il cagnolino di forza e, noncurante dei piccoli e tenaci morsi che questi gli affibbiava, lo gettò di peso
fuori della finestra che aveva appena aperto, quindi la richiuse. Rimise la sedia al suo posto davanti al PC e
recuperò da un cassetto alcuni pezzi di corda e del nastro adesivo.
Aveva alcune cose da sistemare.
L'ambulanza attendeva al margine della strada. Davanti ad essa era parcheggiata una camionetta rossa dei
vigili del fuoco. Le loro luci blu elettrico lampeggiavano; impavidi segnali di emergenza sotto un cielo
plumbeo e piovoso, attendevano.
Tre uomini con la fiamma sul berretto e i giubbotti arancioni, si stavano dando un gran daffare per liberare
l'uomo dalle lamiere contorte della cabina. Il suo camion era riverso nella scarpata e pareva un gigante
addormentato. I paramedici, lì vicino, erano pronti ad accogliere il disgraziato, con la barella in dotazione
appoggiata sull'erba.
Nel frattempo arrivò anche un'auto della polizia, che parcheggiò dietro l'ambulanza. Ne uscirono due
uomini in divisa, giovane quello che era alla guida, più anziano l'altro.
" Buongiorno, ci ha chiamato lei? " domandò il tipo più anziano, probabilmente un ispettore, avvicinandosi
a un signore, nascosto da un grande ombrello aperto, che assisteva alla scena sul ciglio della strada, nel
punto in cui il camion aveva spezzato il guardrail.
" Certo! " disse l'uomo facendo intravedere il viso, " secondo me era ubriaco... " continuò voltandosi di nuovo a osservare il camion e il lavoro dei vigili del fuoco.
" Può essere... ma anche no. Agente, vada a dare un'occhiata. " ordinò l'ispettore al suo sottoposto, che
obbedì oltrepassando il ciglio e proseguendo non senza difficoltà, tra le asperità del terreno.
" Ubriaco a quest'ora? Mi sembra strano... " disse il poliziotto guardando l'ombrello di sbieco.
" Boh, forse un guasto ai freni. Vuole che la ripari dalla pioggia, capo? "
" Non serve, grazie. Sta calando d'intensità. "
" Come vuole. Mah, speriamo che sia ancora vivo... "
" Sa per caso di chi si tratta? "
" Certo! Tommaso. Un omone grande e grosso, rude e riservato. Ha una ditta a poche centinaia di metri da
qui, vende legna, pellet, robe così... "
" Allora è da presumere che tale Tommaso, fosse appena partito per una spedizione. "
" Sì, andata a finire in merda! " disse l'uomo ridacchiando e credendo di aver fatto una battuta, cui
l'ispettore non rise.
" Scendo anch'io per dare un'occhiata. Lei non si muova. Guarda te che razza di casino! " terminò
l'ispettore imitando il collega e avviandosi verso il luogo interessato.
" Forse gli è scoppiata una ruota... " disse l'uomo alzando un po' la voce per farsi udire dal poliziotto, che
non gli prestava più attenzione, " o forse ha avuto un malore. Mi ha sentito? " riprese spazientito.
" Vedremo... vedremo... " finì l'ispettore fermandosi un attimo, quindi raggiunse gli altri.
" Oppure era troppo carico, bada lì quanta legna! A un certo punto, boom! Perde il controllo del bestione e
sbanda... " concluse l'uomo con l'ombrello parlando più a se stesso che al tipo in divisa, ormai troppo
lontano.
L'uomo rimase lì a osservare le operazioni di salvataggio, come unico spettatore di un cinema all'aperto,
rimuginando sulle possibili cause dell'incidente, senza peraltro trovare una risposta.

17.30
Stella si stava riprendendo.
Aprì gli occhi lentamente, ma aveva la vista appannata e la mente confusa, sembrava che nella stanza fosse
calata una leggera foschia.
E poi era legata...
Lacci robusti le stringevano i polsi e le caviglie, e una lunga corda le passava sopra le cosce e attorno ai
fianchi, costringendola seduta sulla sedia girevole. In più, le doleva il capo a causa della botta ricevuta.
Davanti a sé aveva lo schermo del computer, l'interno di un bosco nella stagione autunnale come sfondo.
Confusa, girò la testa di qua e di là " dov'è Jan? " pensò.
La stanza era povera, semivuota, scarsamente ammobiliata. Il tavolo su cui poggiava il computer, una
poltrona, alcuni scaffali pieni di libri e CD. Di là dalla finestra, la pioggia continuava a cadere intensamente.
" Ciao Stella, scusa se mi sono assentato per un po'. " disse Jan, entrando con una specie di plastico tra le
braccia, che posò accuratamente sul tavolo, in bella vista.
" Dov'è il mio cane! " chiese Stella, con un nodo nello stomaco e piena di rabbia.
" Ah, tranquilla. Si sta facendo una passeggiata sotto la pioggia. " rispose lui con nonchalance.
" Se gli hai fatto del male, la pagherai... "
" Oh, che paura. Brrr... " rispose lui facendo finta di tremare.
" Perché mi hai legato? "
" Perché voglio farti vedere tutto. Voglio farti sapere tutto. Il mio progetto. Sei sopravvissuta... non so
come tu ci sia riuscita, ma ce l'hai fatta. I miei complimenti. "
" Sei pazzo. Dico! "
" Soltanto secondo la tua modesta opinione, cara mia. Io, modestamente, credo di essere un genio. "
concluse lui, dopodiché si accomodò in poltrona, " quei nodi... ti stringono i polsi? " le chiese con un
inatteso e imprevisto senso di pietà.
" Un poco... sì. "
" Aspetta, te li allento... " Jan si alzò e si mise a trafficare con i lacci che legavano i suoi polsi, dietro lo
schienale della sedia, " ho fatto questo a causa di mio padre, sai? "
" Non me ne frega niente, dico! "
" Te lo dico lo stesso. Va meglio, ora? "
" S... sì, va meglio. " concluse lei guardandolo alzarsi " è un bastardo... un bellissimo bastardo, brutta ciribulla! "
pensò.
" Vedi questo? Si tratta di un plastico che rappresenta, in scala ridotta, Colleborghino Vistalago. L’ha
costruito mio padre, tanti anni fa, quando lavorava da tuo zio... " Stella notò una lacrima scendere sulla sua
guancia, mescolandosi al dopobarba alla menta di cui aveva percepito l'odore. " Vedi? Il ripiano è in legno
di balsa, con il bordo rifinito in plastica azzurra. Le case, guarda... ci sono tutte. Proprio tutte! " disse con
orgoglio, mentre lei notava l'ottimo lavoro del padre e la cura meticolosa dei particolari, " c'è la strada, vedi?
La chiesa, il campanile. Questa è casa mia. " disse indicando anche il pezzo di legno intarsiato, che
raffigurava il punto esatto dove si trovavano loro, " legno pregiato, lavorato con arte e dedizione. Deve
aver usato una smerigliatrice, uno scalpellino, attrezzi così... " disse infine continuando ad ammirare l'opera.
" E' bello. Davvero... " disse lei sinceramente.
" Me lo regalò a Natale. L'ultimo Natale passato insieme... " adesso le lacrime invasero copiose il suo viso,
ma lui continuò a parlare " morì il tredici giugno dell'anno seguente. "
" Oggi... "
" Sì, sono passati vent'anni. " dalla finestra udirono abbaiare Paperino e Stella ebbe un moto di contentezza
e si voltò verso di essa.
" Credevi davvero che gli avessi fatto del male? " disse lui sorridendo.
" Perché hai fatto ciò? E come hai fatto? Cioè, quei mostri... "
" Sono opera mia, sì. Come forse saprai, m'intendo di computer, software, cose così. Li ho inventati di sana
pianta. "
" Brutta ciribulla! Sono killer! Assassini! Hanno ucciso tutti! "
" Calmati. Beh, ucciso non è la parola giusta. Io direi piuttosto, modificato. "
" Che vuoi dire? "
" Che sono ancora vivi. Lì dentro. " disse indicando il case del PC.
" Dico, oltre ad essere impazzito, sei diventato scemo? "
" Può darsi... " concluse Jan; dopodiché andò in cucina, prese una sedia e la portò nella stanza, quindi si
mise accanto a lei e iniziò a digitare sulla tastiera. Stella osservava il plastico, confusa.
" Mio padre amava codesto paese. Era sempre quassù. Quando doveva lavorare e quando non doveva. Mi
mancava... "
" Tu dove abitavi? "
" Giù a Volterra, con i nonni materni. Mia madre morì quando avevo tre anni. "
" Mi spiace. Sul serio... "
" Ti credo Stella. "
" E' per questo che... cioè, che sentimenti provi per il nostro paese? "
" Odio. Per anni ho nutrito odio per questa gente che... che me l’ha portato via! " Stella rimase in silenzio e
Jan, dopo una pausa, ricominciò a parlare digitando comandi sconosciuti sulla tastiera.
" Colleborghino Vistalago, sì. Dapprima tale dannato paese si è gustato la splendida persona che era, ha
avuto sua amicizia. Poi l'ha ucciso... portandomelo via una seconda volta. "
" La gente di qui non meritava questo! E tu lo sai... "
" Sì che se lo meritava! " gridò lui arrabbiandosi, sbattendo il pugno sul tavolo e facendo tremare lo
schermo.
" Ci dovevo essere anch'io là dentro... "
" Certo, anche tu. Sono contento che sia riuscita a salvarti, sarai la testimone di un evento. " disse
riprendendo a digitare.
" Jan... tu... dico... mi piacevi molto, sai? " lui smise di pensare al computer e la osservò incredulo, " ecco,
l'ho detto. Ma ora, Jan... mi fai ribrezzo. Dico, non avrei dovuto innamorarmi di te. " sussurrò mentre una
lacrima le solcava il viso.
Jan, per tutto contro, sbottò in una gran risata.
La pioggia, intanto, continuava a cadere e a essa si erano aggiunti sporadici tuoni. Paperino se ne stava
muto, buono e paziente sotto la finestra, in attesa di rivedere la sua padroncina.
" Perché mi hai scritto quel biglietto, allora? "
" Quale biglietto? Io non ti ho scritto nulla, figurati! " rispose Jan al massimo del menefreghismo.
" Et voilà, ce l'ho fatta! Ecco a voi Living Gigabytes, il più grande videogame del mondo! " disse Jan
platealmente, dopo qualche minuto in cui entrambi erano rimasti silenziosi, l'uno con la mente immersa
nella realtà virtuale che aveva creato, l'altra che naufragava nei propri pensieri e sentimenti traditi.
" Stella, hai l'onore di assistere alla più grande scoperta del secolo: la trasformazione della vita, il processo
di mutamento del corpo umano, da organismo composto di milioni di cellule, ad avatar composto di milioni
di byte. Il passaggio da una vita che si muove in uno spazio chiamato mondo, a una vita che si muove in
uno schermo. O meglio, nella scheda madre del mio PC! " Jan era al settimo cielo, pareva un bimbo felice
in mezzo ai suoi giocattoli e guardava Stella come per avere la sua approvazione.
" Ma cosa… cosaaaaaaa! No, no, non posso... non posso credere che lì dentro... no. " Stella chiuse gli occhi
per negare l'evidenza, ma li riaprì per la curiosità. Sullo schermo c'era un prato, qualche albero, alcune case,
il sole splendeva nel cielo azzurro; pareva uno di quei videogiochi, dove il compito del giocatore è di
costruire e portare avanti una civiltà.
Una civiltà di persone... reali.
Si muovevano senza sapere cosa fare, né dove andare; erano come sperdute. Come se dovessero imparare a
vivere... in quel posto a loro sconosciuto. Come se vi fossero state catapultate da un altro mondo. Strizzò le
palpebre per vedere meglio e riconobbe...
" Quello è don Alderico e... quello lì è Denis, ricordo che presumeva ci fosse qualcosa di strano. Quella è la
lavandaia e, oddio! Vincenzo! " gridò poi, agitandosi violentemente sulla sedia.
Jan sorrideva seduto al suo fianco a braccia conserte e non si mosse nemmeno quando lei gli sputò sulla faccia una grandinata di saliva e insulti. Jan la spinse lontano da sé e, seriamente, con il viso infangato dalla
sua rabbia, si espresse a modo suo.
" Ho creato il paradiso! " disse fiero.
" Esiste già un paradiso. " rispose lei con le lacrime che le spuntavano dagli occhi.
" No. L'aldilà che la religione ci paventa, è un paradiso di sabbia costruito in riva al mare, con le mani della
speranza. "
" Dovresti avere fede Jan... "
" Ah. La fede è un castello inespugnabile costruito sul friabile terreno dell'illusione. "
" Povero sciocco... " concluse lei.
" Zitta. Allora, vediamo se ci sono tutti... " riprese lui iniziando a digitare altri comandi, mentre lei piangeva,
" dunque, t’informo che alla lista dei catturati mancano: Adelasia la perpetua, ovvio. Il figlio di Gervasio e...
porca boia! Tuo zio! Anche lui, bastardo... "
" Che gli è accaduto, Jan dimmelo... "
" Ah. O è morto... o è riuscito a fuggire, quel bastardo! "
" Scommetto che è fuggito, doveva partire col camion, per una spedizione importante. Oddio, fa' che sia
così... te l'ha fatta, brutto stronzo! " Jan non era più così sereno, ma continuò ad ammirare la sua creatura e
a spiegarne, a grandi linee, i contenuti.
" Ora vediamo quanti ne sono rimasti, spero tutti... "
" Di che cosa parli? Di quegli odiosi Barbapapà killer? "
" Ah, è così che li avete soprannominati? Buona questa... " disse lui scuotendo il capo, " uomini tunnel.
Questo non è il nome tecnico, ma così puoi capire più facilmente. Mi sono serviti per il passaggio da
questo mondo, all'altro. "
" Come fai a essere così tranquillo? Non capisci l'entità del crimine che hai commesso? "
" Neanche un po'. "
" Ti scopriranno! Dico! "
" Nessuno verrà a curiosare nel mio computer. "
" Ed io? Che progetti hai per me, per mio zio, per chi sa tutto? "
" Tuo zio non sa, o è morto. In quanto a te... mi spiace Stella, ma lo sarai presto. " concluse lui guardandola
di sbieco e rivolgendo subito l'attenzione allo schermo, " dunque: ne avete fatti fuori... vediamo... uno, due,
tre... quattro. Complimenti! "
" Io ne ho uccisi due. Uno si è sacrificato... "
" Hai scoperto il punto debole, eh? "
" Acqua, dico! Anch'io so pensare. "
" Ah, lo credo bene. Beh, purtroppo non ho potuto crearli perfetti. Un punto debole dovevano pure
averlo... "
" Hai interrotto anche le comunicazioni telefoniche? "
" Brava. Internet e telefonia. Solo per i confini del paese, s'intende. Ho anche posto un limite ai loro
movimenti. Una specie di membrana invisibile. Non volevo che si sparpagliassero in giro, nessuno al di
fuori di Colleborghino deve sapere. Ah, come certo avrai imparato durante la giornata, gli uomini tunnel
sono sordi, non ingoiano animali e nemmeno persone che non abitano qui. Speriamo di non aver avuto
forestieri di passaggio; d'altronde, era un rischio da correre. E poi questo paese non si trova sulla via
principale. Bisogna proprio volerci venire apposta. " concluse.
Jan non sapeva che due forestieri erano passati, ma il vecchio che andava alle terme di Porretta e che aveva
visto un killer, si era dimenticato tutto; e l'uomo che aveva preso il caffè al bar Angelo, non si era accorto di
nulla.
" Oddio... come può essere? " Jan apparve turbato per la prima volta.
" Che c'è.? " Stella sperava che un altro compaesano mancasse all'appello e si fosse salvato. O magari lo
zio... o Vincenzo. Aveva come la remota speranza di vederlo resuscitare. Con la forza dei sentimenti e lo
spirito di sacrificio che aveva dimostrato quando l'aveva salvata, magari sarebbe potuto uscire dallo
schermo e materializzarsi tra di loro... Stella scosse la testa e disse.
" No, non è possibile... "
" Sì che è possibile, porca boia! " la risposta affermativa di Jan non riguardava Vincenzo, ma tutt'altra cosa.
Ed era una cosa terribile.
" Un uomo tunnel... manca un uomo tunnel. Porca miseria! Li ho contati. Quattro quelli uccisi,
quarantacinque quelli che sono tornati nel videogioco. Ne manca uno... " Jan guardò fuori della finestra, la
pioggia cadeva fitta, i lampi illuminavano il cielo scuro.
" Beh, con tutta quell'acqua... " disse Stella dalla sedia in un angolo della stanza; legata, esausta e rassegnata.
" Non è morto. Altrimenti il software me lo direbbe. No, dev'essere là, da qualche parte. In una casa,
magari. Al riparo. Eppure alle ore diciassette in punto avevo messo il coprifuoco... tutti sarebbero dovuti
rientrare nel software. Tutti! "
Fu Stella a notarlo per prima, inviando uno sguardo disilluso alla finestra, sperando di trovare uno spiraglio
di luce in quella buia e per lei tragica situazione.
" Jan ma quello... quello là fuori. Non può essere... " anche Jan si voltò da quella parte. Appena fuori, ad un
passo dalla finestra, sotto la fitta pioggia di un temporale estivo, c'era l'ennesimo killer di quella giornata
maledetta.
L'uomo tunnel che mancava all'appello.
" E' successo un imprevisto... devo risolvere; e in fretta anche! " Jan si mise a picchiettare sulla tastiera ad
una velocità incredibile, le sue dita non si distinguevano più l'una dall'altra.
" Che cos'è, Jan... perché quel mostro non è rientrato? Perché la pioggia non lo fa scomparire? Dimmelo! "
chiese lei tornando a essere terrorizzata.
" Un baco, Stella. Un virus. O un errore di sistema. Devo risolverlo. E in fretta. "

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⏰ Ultimo aggiornamento: Dec 31, 2017 ⏰

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