...accettate.

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-Holland che succede?!-
Sentì mia madre urlare con tono preoccupato ma la ignorai completamente.
Arrivai nella mia stanza, mi tolsi prima le scarpe, poi la divisa fino a rimanere quasi nuda, mi infilai sotto le coperte coprendomi fino alla testa e gridai, gridai così forte che chiunque mi sentì.
Mi addormentai subito ripensando a tutto quello che era successo. Pensai a tutti i casini, a tutti i problemi e in mente avevo un'unica soluzione.
Ci dormì sopra fino al giorno dopo.
Erano le 7.30 quando decisi di lasciare il mio dolce e comodo letto. Scesi nel salone con indosso già la divisa, decisi di andare a scuola e dimenticare il giorno precedente, sperando che anche gli altri lo facessero.
-Buongiorno mamma-
-Holland cara, che ti è successo, sembri uscita da un manicomio, non ti sarai mica ubriacata vero?!-
-Mamma, tranquilla, ho solo dormito poco e sono troppo stressata, ho bisogno solo di stare ripassata un po'-
-Potresti non andare a scuola e dedicarti un po' a te-
-Forse hai ragione-
-Puoi rimanere nel salone se vuoi, io avviso l'autista e vado a lavoro-
-Grazie-
Era la prima volta che io e mia madre parlavamo senza litigare, quasi sembrava essere tornata la donna prima dell'inciedente, ma quel suo sguardo severo e duro rendeva tutto difficile.
Tolsi la divisa, mandai un messaggio a Crystal per dirle che non sarei andata e andai nella mia stanza.
Il cielo era nuvoloso e grigio, rispecchiva perfettamente la mia anima quasi fossimo in sintonia. Chiusi la finestra ma spalancai le tende per illuminare la stanza con quella poca luce che rimaneva. Indossai semplicemente i miei pantaloncini rosa poiché in casa faceva molto caldo e sopra solo un top.
Sprofondai nel letto con le cuffie alle orecchie e iniziai a cantare a squarcia gola per permettere alla mia voce di superare i miei stupidi e pesanti pensieri.
Mi addormentai di nuovo fino a quando non fui svegliata dal rumore della pioggia che batteva sulla mia finestra.
Mi stiracchiai e andai in cucina per prendermi qualcosa da mangiare.
Aprì la mensola e cercai qualcosa di dolce quando fui interrotta dal suono del campanello. Rimasi perplessa e  lo ignorai. Continuai a frugare nella cucina ma il campanello non smetteva di suonare e la mia tranquillità era quasi svanita. Decisi di aprire ma me ne pentì subito. Chiusi la porta velocemente e rimasi lì ferma e immobile.
-Su apri non fare la bambina, devo parlarti-
Rimasi muta e ferma sperando che se ne sarebbe andato.
-Fa freddo, su apri, non vorrai mica che mi prenda la bronchite, su ammettilo che ci tieni. Smetti di giocare, perfavore-
Ero sul punto di andarmene e lasciarlo fuori ma le sue ultime parole mi lanciarono sorpresa.
-Holland, per favore apri, ho bisogno di chiederti scusa e parlarti e stavolta non lo faccio per me-
Aprì la porta e diedi le spalle al ragazzo.
-Finalmente-
Sospirò e si fermò sull'entrata.
-Non entrare oppure mia madre si arrabbierà-
-E da quando ti preoccupi di tua madre- Disse con tono beffardo e si appoggiò alla porta spalancata.
-Ti prendo degli abiti puliti e asciutti aspetta lì.-
Andai nella stanza di mia madre presi alcuni abiti che appartenevano a mio padre, sapevo che c'erano, mia madre aveva cercato milioni di volte di sbarazzarsene ma diceva che forse io non l'avrei presa bene. In realtà era lei quella legata ancora a lui,  sapevo che amava ancora mio padre e questa mi rendeva ancora più difficile capirla. Ritornai all'entrata e diedi gli abiti a Dylan che senza preoccuparsi di chi aveva attorno si spogliò rimanendo in boxer e indossò la tuta grigia di mio padre.
-Ora posso entrare?!-
Non risposi, andai direttamente al piano di sopra nella mia stanza dove avremmo potuto parlare. Dylan mi seguì senza parlare. Ero nervosa e dei brividi percorrevano la mia schiena. Si sedette sul letto mentre io rimasi vicino alla finestra con lo sguardo sulla città.
-Parla-
Dissi con tormo secco e rigido.
Dylan non rispose, sia alzò dal letto e si posizionò al mio fianco.
-Bello vero- dissi guardando fuori.
Abbassai lo sguardo e successivamente lo puntai su di lui.
Dylan fece lo stesso ma il suo sguardo era fisso sul livido sul mio braccio, cercai di coprirlo con le mani ma la tolse subito,afferrò il mio braccio e iniziò a massaggire sulla ferita.
-Ti fa male vero?!-
Disse con tono basso e stavolta decisi di rispondere.
-Abbastanza-
Abbassai lo sguardo mentre si avvicinava sempre più.
Si accostò al mio orecchio e parlò dolcemente.
-Perdonami-
Una lacrima scese sulla guancia e d'istinto mi gettai tra le braccia di Dylan.
Inizialmente rimase spiazzato, rigido ma subito si rilassò e mi strinse a se. Eravamo solo noi due, nella stesso posto dove mi aveva distrutto ora mi sentivo al sicuro. Rimanemmo lì senza dire nulla accompagnati dal dolce suono della pioggia e dalla poca luce.

"You deserve to be happy"💘/StydiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora