They fell in love, didn't they?

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Erano ormai a casa, e la mano di Harry non fu lenta a rendersi conto che oltre al cellulare aveva dimenticato anche le chiavi, quando era uscito con Louis. Avrebbe dovuto citofonare.

Stava ansimando già da diversi minuti, e tutto quel suo improvviso affanno non era tanto dovuto alla corsa fatta appena uscito dall’auto, quanto alla presenza di Louis alle sue spalle. Non c’era stato modo di convincerlo a tornare a casa sua. L’aveva seguito e continuava a farlo, dietro di lui, come un angelo protettore di cui Harry non sapeva di avere bisogno. In parte il fatto che lo avesse abbracciato, in macchina, lo faceva sentire al settimo cielo, perché Louis sembrava aver accettato ciò che era, sembrava non avere alcun interesse nel picchiarlo o deriderlo. Dall’altra parte però lo faceva sentire indifeso, perché non sarebbe stata la prima volta che qualcuno fingeva di accettarlo per poi schernirlo senza nessun rimorso. Louis non gli sembrava affatto quel tipo di persona, ma stentava ancora a lasciarsi andare, anche se in ogni caso fino a quel momento era finito col fidarsi di lui lo stesso. Il ragazzo dagli occhi azzurri sorrideva, guardando Harry come era solito guardare le cose a cui teneva davvero. Harry era senza dubbio prezioso per lui, più di quanto lo fossero decine e decine di persone che aveva conosciuto per molto più di ciò che si definisce qualche anno.

Il riccio aspettò qualche istante dopo aver premuto il campanello, in completo silenzio, tremando leggermente a causa di un insieme di cose di cui facevano parte anche il freddo, la tensione, il dolore, la felicità, l’incertezza e… l’amore?

L’amore non fa tremare le mani.

Poi pensò a tutte le volte in cui guardando (Louis) le mani avevano preso a tremargli. Scacciò il pensiero arrossendo, con una smorfia troppo simile a un sorrisetto trasognato.

Comunque non quando si suona il campanello di casa propria.

«Chi è?» sentì dall’altra parte della porta. Aggrottò la fronte. Zayn doveva avere il raffreddore, perché la sua voce era del tutto differente da quella che aveva di solito.

Fece per rispondere ma la porta improvvisamente si aprì e venne sommerso da due paia di braccia. Due.

Due!?

«Zayn non sapevo che avessi seguito un corso per diventare un polipo. Sappi che ti sostengo in questa impresa, benché ti manchino ancora quattro braccia per raggiungere il tuo obiettivo, trascurando ovviamente il fatto che i polipi non hanno le braccia» sentì una risatina molto MOLTO effeminata alle sue spalle e rise, staccandosi dall’abbraccio.

Si ritrovò davanti la figura di un ragazzo estremamente familiare e inaspettatamente-

«Liam?!» lo guardò, incredulo, senza riuscire tuttavia a muovere un passo avanti e abbracciarlo di nuovo. Ovviamente Zayn NON AVEVA seguito un corso per diventare polipo e avere otto braccia. «Liam!» si sporse verso di lui e lo tastò come per provare che fosse davvero lui, lì, in persona, e che non si trattasse solo di un ologramma o qualcos’altro di ancora più  incorporeo, come un sogno, o una visione.

Liam rise, e per ‘rise’ si intende una grossa risata, sconcertata perché si aspettava una reazione un po’ meno apatica da parte del riccio, e felice perché sapeva, in fondo, che Harry non sarebbe mai stato in grado di ricadere nella banalità di ciò che facevano tutti. Harry Styles non era affatto uno come tutti. Harry Styles non abbracciava un amico dopo un’assenza di sei mesi. Harry Styles non faceva discorsi sensati e razionali. Harry Styles era… assurdo.

Gli passò una mano fra i ricci, arruffandoli affettuosamente, guadagnandosi di conseguenza uno sguardo truce da un certo ragazzo basso con gli occhi azzurri appoggiato allo stipite della porta dietro ad Harry. Gli sorrise.

I wish I was a punk rocker with flowers in my hair (Larry Stylinson AU)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora