9 -NICO

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Tutti ti stanno accanto,
nessuno ti sta vicino
-Fedez

Lo stronzo ha persino il coraggio di arrivare in ritardo.

Rido, divertito, quando guardo mia madre correre verso il citofono e rispondere tutta eccitata. Si gira anche verso lo specchio e si da una sistemata prima di guardare la croce con Gesù, appesa esattamente accanto, e bisbigliare una delle sue preghiere.

Accanto a me Pongo la guarda nello stesso modo annoiato prima di riappoggiare la testa sulle mie gambe. Continuo ad accarezzarlo prendendo il telecomando e alzando il volume della partita di basket che mi sto guardando assieme a Elena.

Lei dice che adora questi programmi perché grazie ai telecronisti può vedere la partita.

«É arrivato papà. Nico, spegni quell'aggeggio!»

«Quell'aggeggio si chiama televisione e non ho fame» dico continuando ad accarezzare Pongo. Solo sentirlo citofonare, sapendo che era lui, mi è passata la fame creata dal delizioso odorino dello stufato.

«Non mi interessa. Tu vieni a tavola e così anche tu, Elena. Vai a lavarti le mani»

Mia sorella allunga la mano poggiandola sul mio braccio. È così delicata e piccola in confronto alla mia.  «Registri la partita? Voglio sapere come va a finire»

«Certo» sospiro armeggiando velocemente col telecomando mentre lei si alza e va verso il bagno. Ormai non le serve nemmeno il bastone per muoversi dentro casa e Pongo, il suo cane guida, si rilassa sul divano.

Due colpi alla porta e mia madre si precipita ad aprire. «Emanuele, sono felice che tu sia riuscito a venire» dice con voce melliflua e da voltastomaco.

«Maria, sei più bella del solito. Hai fatto qualcosa ai capelli?»

Per poco non fingo un conato di vomito e decido di non voltarmi verso la persona contro cui la mia rabbia si sta focalizzando.

Perché mia madre non si decide a lasciarlo andare? Quello che gli ha fatto, che ci ha fatto, non è abbastanza per lei? Perché non lo vuole capire?

«In effetti sono andata dal parrucchiere un paio di giorni fa» ridacchia mia madre ricordandomi molto una delle ragazze con cui esco.

«Ho portato questa» annuncia e solo allora mi giro verso destra per vedere la bottiglia di vino che sta porgendo alla mamma.

Sbuffo. «Presa dal benzinaio mentre venivi?»

Mio padre, l'uomo che un tempo consideravo il mio eroe e il mio idolo, mi fissa con i suoi occhi marroni. Sono grato che sia io che mia sorella abbiamo preso quelli azzurri da mia madre, non sarei riuscito a guardarmi allo specchio, altrimenti.

«Nicolò, che bello vederti! É decisamente passato troppo tempo»

«Per me non vale lo stesso» replico a denti stretti e concentrandomi sui giocatori di basket esperti.

«Nico!» mi rimprovera mamma in un sibilo.

Io non faccio niente e cerco di calmare tutta quella rabbia che sento bruciare sottopelle e che chiede solo di essere liberata. Magari sul naso di quello stronzo di mio padre.

«Papà!» squittisce Elena entrando in salotto e procedendo a passo sicuro ma comunque lento.

«Cucciolotta! Come sei cresciuta, ma ti sei fatta ancora più bella!»

Stringo il telecomando rischiano di romperlo.

«Abbassati Emanuele» sussurra mamma. Riesco a sentirla benissimo anche sopra la voce del telecronista.

Solamente Noi -In PausaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora