Capitolo 2

192 20 2
                                    

Quando stavo organizzando tutto il viaggio insieme a mia madre, a entrambe è quasi venuto un infarto nel vedere i colossali prezzi degli hotel qui a New York.

Così abbiamo passato troppo tempo nel cercare qualcosa che sia abitabile ma che non mi faccia spendere un capitale, e dopo tante ricerche, finalmente abbiamo trovato qualcosa.

Subito all'entrata si notano le pareti di color avorio che non danno all'ingresso un aria troppo spenta.

Mi dirigo verso la reception e dopo che il signore ha fatto tutti i controlli necessari, prendo le chiavi della mia stanza e mi dirigo verso l'ascensore.

La mia memoria per i numeri è una cosa praticamente inesistente, così durante il tragitto mi porto a ripetere nella testa il numero "219" fino a che non mi è ben impresso.

Prendo l'ascensore e premo il tasto che indica il piano 4, e aspetto finché questo non si fermi.

Per oggi penso che l'opzione di uscire e visitare la città sia da scartare, visto che non vedo l'ora di sistemarmi in camera e riposarmi un po'.

Appena l'ascensore si ferma al mio piano, esco e vado verso la stanza, il cui numero mi si susseguiva in testa di continuo.

Tiro fuori le chiavi e nel momento in cui raggiungo la porta, le inserisco per aprirla.

Accendo la luce e osservo bene la stanza davanti ai miei occhi.

È molto luminosa, e subito all'entrata, si trova la camera con un letto matrimoniale, circondato da candide pareti bianche.

Un comodino con sopra una tv è posizionato davanti al letto, e girando a sinistra, immagino ci sia il bagno.

Mi sono sempre piaciuti gli spazi piccoli ma accoglienti, come questa stanza, e penso che trascorrere quel poco tempo qui non sarà per niente un problema.

Necessito di una doccia, quindi sistemo lo zaino e la valigia, prendo prima il necessario per lavarmi e il cambio e mi dirigo verso il bagno.

Anch'esso è molto accogliente, è anche pulito per fortuna.

Mi osservo per un po' di tempo allo specchio, e noto la mia aria stanca, quasi deprimente, uno stato fisico che non coincide per niente con il mio stato d'umore, dato che mi sento abbastanza bene, e spero che il mio viso riprenda colore dopo la doccia visto che è troppo pallido.

Entrata sotto lo getto d'acqua, mi lascio trasportare dai pensieri, che volano lontani, fino in Francia, fino alla mia vecchia casa, dove immagino me stessa sdraiata sul letto di camera mia, intenta a leggere uno dei miei soliti romanzi.

Mi immagino orgoglio e pregiudizio tra le mie mani, con le dita che scorrono tra le morbide pagine del libro, e con la mente che cerca di immedesimarsi al meglio nei personaggi, che mi fanno innamorare ogni volta.

Adoro quel romanzo, un po' complicato da seguire, ma incredibilmente appassionante da leggere e vivere.

Ho sempre avuto come una dipendenza dai libri, da ogni genere; amo leggere, e soprattutto amo rinchiudermi nel mondo che solo i libri possono creare.

Dopo un tempo anche troppo lungo sotto l'acqua calda, finalmente esco e mi avvolgo nell'asciugamano.

Riporto me stessa davanti allo specchio, ormai troppo appannato, e con una mano cerco di rendermi di nuovo specchiabile in esso.

Come avevo previsto, l'aria quasi da barbona che avevo quando sono entrata, mi ha lasciata completamente, e il mio viso ha ripreso il solito colorito, un po' arrossato alle gote come sempre.

Indosso i pantaloni neri di una tuta, e una grande felpa del medesimo colore.

Dopo essermi sdraiata sul letto, mi ricordo di dover chiamare mia madre, così faccio un'ultimo sforzo, e mi alzo per prendere il cellulare, che scopro essere al dieci per cento.

Maledico me stessa per non averlo messo a caricare mentre ero in doccia, e corro per prendere il caricabatterie nello zaino.

Compongo il numero di mia madre, e al terzo squillo, il suono della sua voce mi delizia di nuovo le orecchie.

"Ciao mamma" dico quasi in un sussurro.

"Melice, allora? Sei in hotel vero?" un sorriso mi si stampa sulle labbra nel vederla subito così agitata.

"Si mamma, in questo momento sono sul letto della stanza"

"Bene, allora, racconta, com'è questa New York"

"Lo sai che in qualsiasi posto io mi trovi, non sarà mai bello e prezioso quanto lo è il posto dove ti trovi tu adesso" pronuncio quelle parole come una preghiera, perché sono parole vere, parole colme di nostalgia che solo mia madre può capire quanto siano importanti per me.

"Lo so Melice, ma lo sai che questa è la cosa più giusta; se tu fossi rimasta qui, lui ti avrebbe trovata, e pur di non renderlo possibile, farei di tutto, anche allontanarti da me"

Dopo ciò, ci fu un attimo di silenzio, io cui io assimilavo tutta la verità che si celava dietro quanto mia madre ha detto, e ripetevo a me stessa che le cose stanno così, e io vorrei, con tutta me stessa cambiarle, ma è qualcosa di impossibile.

"Hai ragione" dico infine.

Dopo aver parlato ancora per un po', ci salutammo, e io le promisi di chiamarla anche domani.

Il resto della serata fu molto calmo, e rilassante, visto che mi guardai tutte le commedie più divertenti che andavano in onda, e fui avvolta nella morbidezza del letto.

Mi ricordai che oltre a visitare un po' il posto domani, dovevo andare a finire l'iscrizione per la Columbia, ovvero firmare gli ultimi moduli per i corsi e cose così.

Quando notai che era quasi mezzanotte mi decisi a spegnare la tv, e dopo aver spento anche la luce, iniziai a cercare di pensare il meno possibile, così da potermi addormentare, e entrare in quel mondo, costituito dal surreale, il quale era per me un posto sicuro, lontano dal male che si trovava attorno a me.

Deep LoveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora