Capitolo 3

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Vengo completamente accecata dalla luce del sole.

Non riesco ad aprire gli occhi, e come se non bastasse, nelle mie orecchie continua a susseguirsi un suono inascoltabile.

Solo dopo un po' mi rendo conto che questo rumore in realtà è la suoneria del mio cellulare.

In qualche modo riesco ad alzarmi dal letto, e prendo il telefono per rispondere alla chiamata.

"Pronto" rispondo senza neanche vedere chi è colui che mi ha chiamato.

"Non ci posso credere Melice, stai ancora dormendo?" sento la voce di mia madre urlare dall'altra parte del telefono.

Apro a scatti le palpebre, e quando finalmente riesco ad aprire completamente gli occhi, mi chiedo come sia possibile che ieri non si poteva neanche vedere l'azzurro del cielo, mentre oggi il sole mi ha quasi accecata.

"Scusa mamma, ieri sono andata a letto un po' tardi"

"Ti conosco, e so che ti sarai di sicuro dimenticata che oggi, a mezzogiorno hai il colloquio con la preside della Columbia"

Un vago ricordo si instaura nella mia mente, e quando collego ciò che mia madre mi sta dicendo, salto dal letto in panico, e spero con tutta me stessa che io abbia almeno mezz'ora per rendermi presentabile a questo colloquio che sapevo avessi oggi, ma non sapevo che fosse a mezzogiorno.

Guardo velocemente l'ora sul cellulare, e mi rilasso subito quando vedo che sono le 10, e ho ancora tempo per prepararmi e riuscire a non arrivare in ritardo.

"Si lo so, la mia memoria fa schifo, per questo ci sei tu"

"Preparati ed esci, è incredibile che io dall'altra parte del mondo debba ricordarmi per i tuoi impegni" dice e la sento sbuffare.

Sorrido al pensiero di ciò che ha detto e dopo averla ringraziata e assicurata che non farò tardi chiudo la chiamata e vado a prepararmi.

Ci metto circa mezz'ora, e dopo aver di nuovo controllato l'ora sul telefono, ed essermi assicurata di avere almeno il tempo per una colazione decente, esco dalla camera e mi dirigo verso l'uscita dell'hotel.

Di solito la mia colazione consiste nel abituale  cappuccino, che a Parigi prendevo nel bar di fronte a casa mia, e al solo pensiero di quel piccolo posticino che era diventata la mia routine, la solita nostalgia si fa avanti in me, e non posso evitare di sorridere.

Mi dirigo verso il bar di ieri, perché in questa enorme città è l'unico posto oltre all'hotel che conosco, e vorrei evitare di perdermi proprio oggi che ho questo colloquio.

Entro e mi metto inaspettatamente a guardare oltre al bancone se c'è ancora il ragazzo di ieri.

"Stai cercando me per caso?" mi sento domandare e subito mi giro per incontrare di nuovo quel verde ammaliante.

Non so il motivo preciso per cui io mi sia messa a cercarlo tra i vari dipendenti, so solo che non era per evitarlo, cosa assolutamente anormale fatta da me, che di solito evito le persone invece che cercarle.

Trovo sempre le solite fossette accanto alla sua bocca, e non riesco a capire come una persona possa sorridere così abitualmente.

"Il tuo cappuccino è buono, e non vorrei trovarmi qualcuno che mi porti dell'acqua colorata al posto del caffè, così vado sul sicuro" rispondo facendo spallucce.

Fa una piccola risata, ed è un suono che ritengo molto contagioso, infatti mi mordo il labbro per non mettermi a sorridere insieme a lui.

"Come vuoi tu, ti preparo il tuo cappuccino" risponde andando verso il bancone.

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